«Misericordia chiero y no sacrificios»,
misericordia io voglio e non sacrifici, sono le parole del Vangelo di Matteo scritte al mattino da
Papa Francesco sul libro d’onore, nella
cappella di santa Faustina Kowalska, la mistica «segretaria della misericordia» che ha spalancato le porte al venerazione di quello che è il centro del Vangelo.
Queste parole portano così al centro della visita del Papa alla collina del Santuario di Łagiewniki, dove Francesco, circondato dalle monache e dalle ragazze bisognose da loro assistite, si è raccolto in
preghiera davanti alla
tomba di santa Faustina. Ha poi celebrato la Messa nel santuario, confessando sette ragazzi e un sacerdote e terminando con un pranzo con dodici ragazzi di diverse nazionalità.
Oggi in questo luogo si tirano le fila di queste giornate perché è la giornata della misericordia che questa sera trova il suo apice nella veglia con i giovani proprio sul motivo: “Gesù, sorgente di misericordia”.
«Il Vangelo – ha detto
Francesco nell’omelia a Łagiewniki – è libro vivente della misericordia di Dio» e ai sacerdoti, religiosi, seminaristi polacchi nel
santuario di San Giovanni Paolo II ha voluto richiamare nuovamente la centralità della pratica «di prendersi misericordiosamente cura dei fratelli e delle sorelle che sono nel bisogno», senza la quale non possiamo dirci cristiani. «Chi ha scelto di conformare tutta l’esistenza a Gesù – ha detto Francesco – fugge le situazioni appaganti che lo metterebbero al centro, non si erge sui traballanti piedistalli dei poteri del mondo e non si adagia nelle comodità che infiacchiscono l’evangelizzazione». E ha aggiunto «non spreca tempo a progettare un futuro sicuro e ben retribuito, per non rischiare di diventare isolato e cupo, rinchiuso nelle pareti anguste di un egoismo senza speranza e senza gioia». Il
Papa ha spronato ancora a non «rimanere rinchiusi, per timore o per comodità», nei propri ambiti; ad attuare «un discernimento vigile e costante, sapendo che il cuore va educato ogni giorno, a partire dagli affetti, per fuggire ogni doppiezza negli atteggiamenti e nella vita»; e a prendersi misericordiosamente cura dei fratelli e delle sorelle che sono nel bisogno, «dei vicini come dei lontani, dell’ammalato come del migrante».
Da questo
santuario, come già i suoi predecessori, ha perciò di nuovo invitato a conformarsi ai sentimenti di Cristo, seguendo il Vangelo perché il Vangelo «è libro vivente della misericordia di Dio», che «va letto e riletto continuamente». Anzi, «ha ancora delle pagine bianche in fondo: rimane un libro aperto, che siamo chiamati a scrivere con lo stesso stile, compiendo cioè opere di misericordia», ha detto
Francesco. «Vi domando: le pagine del libro di ciascuno di voi, come sono? Sono scritte ogni giorno? Sono scritte un po’ sì e un po’ no? Sono in bianco?», ha domandato ancora, pregando che «la nostra Madre di misericordia ci insegni a prenderci cura concretamente delle piaghe di
Gesù nei nostri fratelli e sorelle che sono nel bisogno, dei vicini come dei lontani, dell’ammalato come del migrante, perché servendo chi soffre si onora la carne di
Cristo». Questa sera al Campus misericordiae ai giovani di ogni provenienza e cultura rinnoverà l’insegnamento di quella che è la vera sequela del Vangelo: quella di incontrare Cristo nell’affamato, nel nel malato come nel migrante.