"I cristiani non devono mai cadere alla tentazione di diventare lupi tra i lupi", perché "non è con il potere, con la forza, con la violenza che il regno di pace di Cristo si estende, ma con il dono di sè, con l'amore portato all'estremo, anche verso i nemici". È il messaggio che Benedetto XVI ha voluto lanciare alla vigilia della Giornata interreligiosa per la pace che ha convocato per domani ad Assisi a 25 anni dallo storico incontro voluto da Giovanni Paolo II."Gesù non vince il mondo con la forza delle armi, ma con la forza della Croce, che è la vera garanzia della vittoria", ha detto nell'omelia della celebrazione della Parola che ha presieduto stamane nell'Aula Paolo VI, in Vaticano, e che ha sostituito la consueta udienza del mercoledì in preparazione dell'incontro di domani nella città di San Francesco, in cui si unirà a 300 delegati di tutte le religioni mondiali per riflettere e dialogare sulla necessità che popoli, culture, tradizioni religiose diverse convivano pacificamente nel mondo."Ho voluto dare a questa giornata - ha detto il Papa - il titolo 'Pellegrini della verità, pellegrini della pace' per significare l'impegno che vogliamo solennemente rinnovare, insieme con i membri di diverse religioni, e anche con uomini non credenti ma sinceramente in ricerca della verità, nella promozione del vero bene dell'umanità e nella costruzione della pace". Secondo Benedetto XVI, "chi costruisce pace non può non avvicinarsi a Dio", e per spiegare anche la necessità dell'odierna liturgia della parola nell'Aula Paolo VI (doveva svolgersi il Piazza San Pietro ma poi il maltempo ha consigliato altrimenti) ha sottolineato che "come cristiani siamo convinti che il contributo più prezioso che possiamo dare alla causa della pace è quello della preghiera": "il Signore può illuminare la nostra mente e i nostri cuori, e guidarci ad essere costruttori di giustizia e di riconciliazione nelle nostre realtà quotidiane e nel mondo".Il Papa ha incentrato il suo discorso sul rifiuto, connaturato nel cristianesimo, di strumenti gli strumenti di sopraffazione e di violenza. Ha descritto Gesù come "re dei miti", "un re mansueto e pacifico", "il re di coloro che hanno il cuore libero dalla volontà di ricerca del potere materiale". I seguaci di Cristo devono andare nel mondo e diffondere il suo messaggio, "ma non con la potenza della guerra o col forza del potere". "Se diventeremo lupi saremo sconfitti", ha detto citando San Giovanni Crisostomo, e la convinzione espressa dal Papa è anche che "se vogliamo esser portatori del regno di pace dobbiamo essere disposti a pagare di persona, a soffrire in prima persona l'incomprensione, il rifiuto, la persecuzione", perchè "non è la spada delconquistatore che costruisce la pace, ma la spada del sofferente, di chi sa donare la propria vita".Il Pontefice ha concluso con una speciale preghiera: "Come cristiani vogliamo invocare da Dio il dono della pace, vogliamo pregarlo che ci renda strumenti della sua pace in un mondo ancora lacerato da odio, da divisioni, da egoismi, da guerre". "Vogliamo chiedergli - ha aggiunto - che l'incontro di domani ad Assisi favorisca il dialogo tra persone di diversa appartenenza religiosa e porti un raggio di luce capace di illuminare la mente e il cuore di tutti gli uomini, perché il rancore ceda il posto al perdono, la divisione alla riconciliazione, l'odio all'amore, la violenza alla mitezza, e nel mondo regni la pace".All'inizio della liturgia, a nome della diocesi di Roma, il cardinale vicario Agostino Vallini gli aveva rivolto un saluto, sottolineando che "in questo momento critico della storia dei popoli, conoscere la verità su Dio è ndispensabile perché il suo nome non venga mai più strumentalizzato per giustificare le guerre e le violenze, ma al contrario sia la sorgente che favorisce il reciproco riconoscimento e il rispetto fra i popoli e le nazioni, nella ricerca del fondamento comune in nome della ragione e della giustizia".