giovedì 20 maggio 2010
COMMENTA E CONDIVIDI
Carissimi,nello strazio vissuto ieri mattina all’aeroporto di Ciampino per l’arrivo di Massimiliano e Luigi, ascoltavo commosso le vostre parole, cara mamma Laura e mamma Maria, gentile signora Annamaria: un solo cuore lacerato e sanguinante con la medesima domanda: Signore, perché? Perché tanti innocenti uccisi? Anche noi ci chiediamo: la terra degli uomini sarà sempre infangata dalle violenze? Il cielo di Dio rimarrà sempre murato nel suo mutismo? I cuori si contraggono, la ribellione sembra impadronirsi di noi e la speranza spegnersi come la giovinezza luminosa di Massimiliano e Luigi.Un improvviso soffio di fede, care mamme, un senso di abbandono al mistero vi ha avvolte, e stringendo al petto la corona del Rosario avete sussurrato: ora sono in Dio.Ne siamo ancora più certi, dopo aver ascoltato dal Vangelo la preghiera di Gesù: «Prego per coloro che crederanno in me… Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anche essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria» (Gv 17,24).Il Signore si rivolge a voi, amate famiglie, e dice: «Essi sono nella pace». Il mondo di Dio è pace, pace per gli affaticati dalla vita, protezione per coloro che vissero senza nessuno che vigilasse su di loro, sollievo per i cuori tormentati e feriti, conforto per coloro che gemono nel dolore. La pace di Dio somiglia a voi madri quando con una carezza consolate i vostri figli. Luigi e Massimiliano sono tra le più tenere braccia, consolati dal Dio della tenerezza. Dove noi non vediamo altro che mancanza di speranza e il nulla, lì Cristo dice: «Ma essi sono nella pace». Il ma di Dio va contro il nostro modo di pensare; il ma di Dio non lascia morire i morti, li risuscita e li conduce a se.Nelle braccia del Signore c’è infinita tenerezza, perché Lui è Padre, infinitamente Padre. Non lo sapevamo prima, né potevamo saperlo; è stato necessario che ci inviasse il suo Figlio, che ha dato la vita per noi. Donare la vita per il fratello è l’apice dell’amore, ha insegnato Gesù (cfr. Gv 15,13); l’ha detto e l’ha fatto, comandandoci di amare come Lui (cfr. Gv 15,12). La vita come dono è la grande sfida, che rivela chi siamo e chi vogliamo essere. Chi ama non può non morire, come chi si dona non può farlo a metà. Da quando Cristo è morto per noi, l’idea della morte è entrata a far parte del concetto di amore, lo porta alle estreme conseguenze rendendolo generatore di vita. Luigi e Massimiliano hanno vissuto per gli altri e sono morti per gli altri: sono morti come hanno vissuto, offrendo la loro giovane vita per gli altri.Care famiglie, quando Luigi e Massimiliano hanno scelto la professione militare volendo partecipare in modo attivo e creativo alla pace, hanno scelto di donare tutto loro stessi per gli altri. Sapevano bene che la vera disgrazia sarebbe stata morire per niente e per nessuno. Ed è stata proprio la loro morte a rendere più evidente il vivere per gli altri. Hanno scelto di non vivere per se stessi, non hanno voluto un’esistenza tesa solo alla propria soddisfazione e alla propria gloria, senza alcuna prospettiva di amore. Al contrario, hanno preferito vivere per gli altri, sostituendo all’io il noi. La contraddizione più radicale non è tra il vivere e il morire, ma tra il vivere per se stessi e il vivere per gli altri. Colui che è abitato dall’amore vive totalmente spossessato di tutto e anche di se, tanto che la morte non ha presa su di lui: egli ha donato in anticipo tutto quello che essa poteva strappargli, compresa la sua vita. Carissimi, per i nostri giovani militari le missioni di pace sono una questione d’amore per  dare dignità e democrazia a chi piange e soffre nelle terre più dimenticate. Amore e pace sono inseparabili. La pace è un effetto dell’amore, deve essere fondata sul senso dell’intangibile dignità umana, sul riconoscimento d’una incancellabile e felice eguaglianza fra gli uomini, sul dogma basilare della fraternità umana. La società non è capace di futuro se si dissolve il principio di fraternità.Ricordiamo che il servizio reso dai nostri figli e dai militari di altre nazioni resta un evento scritto per sempre nella storia della pace, un patrimonio che deve irrobustire la coscienza nazionale unitaria degli italiani. Noi siamo un’unica grande famiglia, partecipi dello stesso bene fondamentale: la pace. Questo comporta il coraggio di passare dall’indifferenza all’interessamento per l’altro, dal rifiuto alla sua accoglienza: gli altri non sono concorrenti da cui difenderci, ma fratelli e sorelle con cui essere solidali; sono da amare per sé stessi; ci arricchiscono con la loro presenza. Il sacrificio dei nostri militari non è vano, non solo per l’Afghanistan, ma anche per l’Italia e il mondo intero. Le condizioni di insicurezza di altre nazioni, se non contenute e sradicate, possono ostacolare il progresso della famiglia umana. Ignorare il pericolo terrorista, infatti, non allontana la minaccia, ma la porta dritta al cuore delle nostre città. La rinuncia a pensare il mondo al di là del proprio interesse immediato, la sfiducia nell’azione umanitaria, la diffidenza verso ogni universalismo, tutto questo è la tomba dell’umanità.Signore dell’amore e della pace, ascolta questa preghiera  che sale a Te dal tumulto e dalla disperazione  di un mondo in cui Tu sei dimenticato e la Tua presenza è ignorata.Benedici la nostra volontà di aiutare ogni popolo a camminare in amicizia con noi lungo la strada della giustizia e della libertà.Concedici di trovare la pace.  Nella Tua volontà, o Dio, è la nostra pace.

 

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: