giovedì 14 marzo 2013
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Vivere questo momento come un periodo di gioia e di gratitudine per il futuro della Chiesa e del suo nuovo pastore Francesco come a un «tempo di purificazione nella nostra vita di cattolici».Non ha dubbi il grande esegeta della Bibbia, già rettore del Pontificio Istituto Biblico il gesuita belga Maurice Gilbert (oggi residente in una comunità della Compagnia di Gesù in Lussemburgo) e tra gli allievi più cari del cardinale Carlo Maria Maria Martini («il mio maestro di sempre») a intravedere anche nella scelta del nome Francesco di Jorge Mario Bergoglio «una scelta di tipo profetico» e letta come nel caso di «Giovanni XXIII come grande sorpresa»Il padre gesuita studioso dell’Antico Testamento ci confida di aver vissuto questo momento forte affidandosi a un modello a cui fare riferimento nei suoi momenti di preghiera : «Ho pensato spesso in queste ore a Maria al suo ruolo giocato prima della vita pubblica di Gesù perché aveva autorità su di lui quando era ragazzo fino alla sua vita pubblica. E penso che a questa figura presente negli affreschi di Michelangelo della Sistina hanno guardato i cardinali durante il momento della scelta del successore di Pietro e come hanno avvertito il senso del loro giuramento».Emozioni quelli di padre Gilbert vissute fino al momento della fumata bianca pensando al silenzio del profeta Isaia e all’elezione inaspettata di un gesuita argentino. «Credo che abbia contato lo Spirito è più forte di noi. Una sorpresa che mi ha colpito anche nella biografia di questo gesuita amico dei poveri e attento ai lontani». A colpire è sicuramente la novità la prima di un latino americano, di un gesuita e di un religioso dopo il camaldolese Gregorio XVI. «Certo mi è parso un segnale importante – racconta ancora padre Gilbert – perché indica al Papato un nuovo orizzonte fuori dall’Europa». Certamente di questo figlio di Sant’Ignazio salito sul soglio di Pietro padre Gilbert traccia un aspetto sicuramente inedito: «Credo che la pratica degli Esercizi Spirituali, una certa disciplina interiore tipica dei gesuiti – spiega l’esegeta belga – come l’attenzione agli ultimi sarà uno dei tratti caratteristici del nuovo Papa».Gilbert si sofferma anche sul contesto simbolico della Cappella Sistina sul giudizio universale di Michelangelo e sull’elezione del 265 successore di San Pietro: «Credo che quelle scene bibliche come la forza immaginifica del giudizio universale abbiano spinto i 115 elettori a scegliere l’uomo che lo Spirito Santo aveva già indicato». Un’elezione che sbaraglia i pronostici e soprattutto invita tutta la Chiesa a tenersi in guardia dagli schemi mondani. «Leggendo La Croix sembrava che fosse un’elezione tra il papabile e il non papabile e invece è arrivata la sorpresa che si aspettava la gente forse anche nelle sue più intime preghiere. Credo che il segreto di tutto il popolo credente è stato quello di attendere e di pregare il Signore». A colpire del nuovo Pontefice è lo stemma che riprende il monogramma della Compagnia di Gesù JHS (Jesu Salvator Hominum). Una notizia che ha suscitato stupore in America Latina ma anche nella Curia generale dei gesuiti a Roma, non distante dal colonnato di San Pietro, a Borgo Santo Spirito. Un avvenimento che sicuramente ha colpito i quasi ventimila gesuiti sparsi nel mondo con la loro rete di istituzioni caritative ed universitarie. «Mai avrei pensato ad un Papa Gesuita! – spiega il portavoce della Compagnia di Gesù, padre Giuseppe Bellucci – una notizia che cambia in un certo senso la storia della Chiesa ma non il nostro operare e il nostro stile di religiosi». Chi sicuramente avrà sorriso per questa nomina sarà stato ieri proprio nell’infermeria della Curia, il gesuita 90enne fratel Mura storico collaboratore negli anni Settanta e Ottanta in Argentina di padre Bergoglio. «Credo di sì pensando al suo leggendario provinciale» sorride padre Bellucci.
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