Un sottile velo di asfalto copre via Santo Estanislao. «La via del miracolo, l’abbiamo ribattezzata – afferma Virginia –. L’hanno fatta la settimana scorsa. Giusto in tempo per il Papa». La pavimentazione è chirurgica: solo il tratto fino alla cappella di San Giovanni Battista – dove domenica si è recato Francesco – è stato sistemato. Il resto è fango. Chilometri e chilometri di fango rosso e pozzanghere che si fanno più profonde nei pressi delle lagune Pitã e Caracará. «Il Santo Padre, però, conosce la nostra situazione. Lo sentiamo vicino», aggiunge l’insegnante, in prima linea nell’organizzazione della visita di papa Francesco al Bañado Norte, la baraccopoli dei più poveri. In lingua guaraní la parola “Paraguay” – secondo una delle tante versioni – vuol dire “popolo del fiume”. Gli abitanti dei Bañados – Norte e Sur – di Asunción sono, dunque, gli autentici paraguayani. In 2mila ettari a ridosso del fiume Paraguay abitano 23mila famiglie, circa 120mila persone, un sesto della popolazione della capitale. Le casupole più antiche – quelle della Chacarita – lambiscono il retro del palazzo del Parlamento, in pieno centro. Eppure, fino al 2000, la zona non compariva nelle mappe ufficiali. Non si tratta di una svista. I Bañados formalmente non esistono. Lo Stato non ci ha mai messo piede: i servizi – dall’acqua corrente alle scuole – sono il risultato dell’arte di arrangiarsi degli abitanti e dell’aiuto di religiosi e sacerdoti. Quasi nessuno dei residenti ha un titolo di proprietà, nemmeno coloro che vi risiedono dagli anni Trenta, quando l’urbanizzazione di Asunción e la pressione del latifondo spinsero poveri e braccianti in questo frammento di terra libera.
«La mia famiglia è stata tra le prime ad arrivare», racconta Asunción, 78 anni, trasfigurata dalla gioia perché Francesco «è passato a salutarla» nella sua veranda con il tetto di lamiera. «Quando mi hanno detto che ero stata scelta, non ci ho creduto. Poi ho pianto», aggiunge l’anziana. «Io non ci credo nemmeno adesso», afferma Carmen, l’altra vicina che ha ricevuto la visita del Papa. Negli ultimi due decenni sono le multinazionali della soia a cacciare i contadini dalle campagne: ogni anno – dicono i dati ufficiali – in 75mila si rifugiano nella capitale e dintorni. Tanti finiscono nei Bañados. Il “popolo del fiume” così cresce. A dispetto di «acqua e politici», come dicono da queste parti. Le inondazioni periodiche, nella stagione delle piogge, costringono la gente ad abbandonare le casupole e a fuggire nelle parti alte dove resta accampata per mesi. «Nel luglio scorso, quando il livello dell’acqua ha sfiorato gli otto metri, in 18mila hanno dovuto lasciare i Bañados per sei mesi», dice Freddy, marito di Virginia. «In questo momento è in corso quella che chiamiamo una “piccola inondazione”», spiega padre Pedro Velasco, domenicano spagnolo da 39 anni nel Bañado Tacumbú, la parte più bassa del Bañado Sur . «Il livello è salito ma non troppo – prosegue –. Solo le baracche più vicine sono state colpite: il che a Tacumbú vuol dire la metà delle 1.900 famiglie».Più della pioggia, ora, però, gli abitanti temono le manovre dell’amministrazione municipale che da qualche anno ha messo gli occhi sui Bañados: vorrebbe sfruttare la loro posizione strategica per costruire una “Manhattan del Sud”, con appartamenti esclusivi e hotel. «E noi siamo di troppo», dice María García, dell’associazione comunitaria
Cobañados, che, domenica, insieme con Angélica Viveros, ha raccontato a Francesco le sofferenze dei 120mila
bañadenses. La “rivoluzione del lungofiume” è cominciata con la strada costiera, inaugurata nel 2013. «Allora hanno convinto 120 famiglie di Chacarita a farsi ricollocare, allettandole con la promessa della proprietà di una casa. Le hanno spedite a Itaguá, fuori Asunción. Non c’era niente nei paraggi: né lavoro, né centro medico, né scuola. Dovevano camminare otto chilometri per trovare il primo bus – racconta María –. Adesso vogliono fare lo stesso con tutti noi. Noi, però, non ci arrendiamo».
Aquí pero no así (qui ma non così) è la bandiera del “popolo del fiume”. «I residenti chiedono di essere parte della riqualificazione dei Bañados», afferma Cleto Pérez, informatico 29enne che ha deciso di restare nel Bañado Sur per «cambiare le cose». O meglio le persone. «È colpa dei gesuiti: ho studiato grazie a fede e allegria, il loro programma di scuole popolari. E là mi hanno trasmesso l’idea della responsabilità nei confronti degli altri. Ora cerco di creare consapevolezza. È un lavoro da formica. Nei Bañados un voto costa tra i 10 e i 20 dollari», aggiunge. Una cifra allettante per quanti – circa il 70 per cento dei residenti – sopravvive con un dollaro al giorno. «Quasi nessuno ha un impiego regolare. Per questo non possono andarsene dai Bañados: devono stare vicino alla città dove trovano i lavoretti con cui sbarcano la giornata: pulizie, muratore, raccoglitore di rifiuti». Oltretutto «studi indipendenti hanno dimostrato che una riqualificazione ambientale sufficiente a impedire le inondazioni costerebbe molto meno della “Manhattan del Sud”», spiega Ángel Domínguez, di Serpaj Paraguay. E chiarisce: «Ci sono molte alternative. Basta avere la volontà politica. Gli abitanti dei Bañados chiedono solo di poter esistere». Sul muro della “via del miracolo”, spicca un enorme
Ore Ru, “Padre nostro” in guaraní. «Già, è Padre anche nostro – conclude Virginia –. Francesco lo ha ricordato con la sua presenza. Speriamo che i politici non se lo dimentichino troppo in fretta».