martedì 8 dicembre 2015
Una porta aperta verso il mondo. Per invitare, come ha sottolineato ieri Francesco, ad abbandonare “ogni forma di paura e di timore”.
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La Porta, quella Porta è nuovamente aperta. Quindici anni dopo il Grande Giubileo del 2000. Dieci anni prima di quanto fino a nove mesi fa – cioè prima del sorprendente primo annuncio di questo Anno Santo Straordinario della Misericordia – ci si aspettava. L’ha aperta Francesco e l’ha varcata per primo, ma – a differenza di quanto è apparso a prima vista - non da solo. Insieme con lui, quasi a sostenere l’evidente sforzo con cui ha spinto i battenti del portale bronzeo, c’era (e non solo idealmente) tutta la Chiesa. Infatti l’immagine più plastica di questo accompagnamento, di questo corale percorso ecclesiale, è stato l’apparire, subito dopo il Pontefice, di un’altra bianca figura. Quella di Benedetto XVI, il papa emerito. Francesco si è fermato ad attenderlo, l’ha abbracciato davanti alle telecamere di tutto il mondo. Come a sottolineare che la Chiesa è unita, che si va avanti insieme, in comunione, verso l’unica meta. Anche quella Porta appena aperta parla di comunione e di comunicazione. Non solo all’interno del corpo ecclesiale, ma anche e soprattutto in uscita. Una porta aperta verso il mondo. Per invitare, come ha sottolineato ieri Francesco, ad abbandonare “ogni forma di paura e di timore”. Per promuovere “un vero incontro tra la Chiesa e gli uomini del nostro tempo”. Per “fare nostra la misericordia del buon samaritano”. E’ in sostanza un messaggio di grande speranza quello che viene da quella Porta. Laddove gli usci delle case e dei cuori si chiudono in preda all’odio, come scudo contro proiettili e violenze, o semplicemente perché a prevalere è l’egoismo di chi nel volto dell’altro non riconosce più un fratello, la Porta Santa del Giubileo straordinario della Misericoria, torna a parlare la lingua dell’amore, a insegnare la grammatica del perdono, a declinare la sintassi dell’incontro e dell’abbraccio. Non tutto è risolto. Non spariranno all’improvviso le minacce del Daesh, gli scompensi climatici, le povertà, le malattie e quella terza guerra mondiale a pezzi che tanto angustia il Papa e tutti gli uomini e delle donne che amano la pace. Insomma, Porta Santa non è sinonimo di bacchetta magica. E la forza che ha dovuto fare il Papa per aprirne i battenti è quasi un simbolo della fatica che ci attende. Ma dall’8 dicembre 2015 a Roma si è accesa una luce. E altre se ne accenderanno nelle diocesi, quando – come prescrive per la prima volta la Bolla di indizione dell’Anno Santo – anche le Chiese locali avranno le loro porte da varcare. Centinaia di luci, come una rete virtuosa che si stenderà sui cinque continenti e altrettante sorgenti di misericordia. La misericordia del buon samaritano che il mondo attende.
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