Un incontro di catechesi nella parrocchia di Pontenure (Piacenza) - Sito della parrocchia
C sarà anche una consultazione “dal basso” nella Chiesa italiana per declinare nel concreto il ministero di catechista. Se il Motu proprio di papa Francesco che istituisce in maniera ufficiale questo “ministero laicale” affida alle Conferenze episcopali nazionali il compito di definire i criteri e l’iter formativo, la Cei ha già previsto di lanciare un percorso che tenga conto delle «buone pratiche, già presenti nelle Chiese locali, testimonianza diretta della ricchezza del nostro vissuto ecclesiale», spiega monsignor Valentino Bulgarelli, direttore dell’Ufficio catechistico nazionale e sottosegretario della Cei. «In realtà – aggiunge – possiamo dire che il cammino è già iniziato grazie al Motu proprio dello scorso gennaio che estende alle donne i ministeri del lettorato e dell’accolitato. L’ultimo e più recente documento del Pontefice accresce ulteriormente la riflessione sulla Chiesa ministeriale».
Monsignor Valentino Bulgarelli, direttore dell’Ufficio catechistico nazionale e sottosegretario della Cei - Sir
Monsignor Bulgarelli, sulla “questione catechisti” che cosa attenderci nel nostro Paese?
La Conferenza episcopale dovrà delineare le modalità di applicazione del Motu proprio, come indicato dallo stesso testo, coinvolgendo i vari organi ma anche promuovendo un’ampia consultazione fra le diocesi. Servirà un tempo congruo per giungere a decisioni che siano il più possibile condivise, ragionate, pregate e che quindi permettano un autentico discernimento su questa figura. Del resto, l’Italia può contare su migliaia di catechisti che svolgono il loro servizio in maniera generosa e gratuita e che sono lo specchio della vivacità delle nostre comunità.
Come leggere il documento che istituisce il ministero del catechista?
È senz’altro un’opportunità per rimettere al centro in questo tempo difficile segnato dalla pandemia una delle dimensioni più “colpite” dall’emergenza sanitaria: l’atto catechistico. Le restrizioni hanno impedito o comunque limitato la catechesi in presenza, benché la perseveranza e la creatività delle parrocchie e delle associazioni abbiano consentito di proseguire nell’impegno formativo. Perché non va dimenticato che la catechesi è un’azione essenziale della comunità cristiana. Inoltre il Motu proprio intende valorizzare ancora di più la “missione” dei laici battezzati che annunciano il Vangelo fra le pieghe della storia.
Il Papa rimarca che si tratta di un ministero prettamente laicale.
Come più volte Francesco ha evidenziato parlando dei catechisti e richiamando il Concilio, siamo di fronte a un esercizio di testimonianza. Non spetta solo ai sacerdoti o ai religiosi evangelizzare. In forza del battesimo, è vocazione di ciascuno portare la Parola nel quotidiano.
Il Pontefice traccia una sorta di identikit del catechista. Anzitutto, chiede che siano persone di «profonda fede e maturità umana».
Avere una fede matura significa essere credenti che sappiano contagiare la vita con la loro adesione a Cristo e affrontare alla luce del Vangelo le sfide che, passo dopo passo, si presentano.
Poi occorre essere in grado di praticare l’accoglienza e la fraternità.
È uno stile che viene spesso richiamato dal Papa. Non dobbiamo mai dimenticare che ogni ministero è finalizzato all’edificazione della comunità. Ecco perché il catechista deve essere il volto di una comunità che sa accoglie e abbracciare tutti.
Non manca un riferimento alla buona comunicazione anche con strumenti creativi.
Dal momento che il catechista è chiamato a far emergere quanto vive, il suo linguaggio non può essere artificiale o concettuale, ma deve essere attento a raccontare e a vivere la bellezza del fatto cristiano che passa dalle scelte compiute ogni giorno.
Poi c’è il tema forte della formazione dei catechisti. Come procedere?
In Italia sono già state avviate da tempo proposte formative che coinvolgono diocesi e parrocchie. Certamente, occorre verificare i vari percorsi. Come scritto nel Motu proprio, bisogna fare un attento discernimento.
Quindi chi può fare il catechista?
Ogni battezzato è un catechista. La fede vissuta si accresce quando viene raccontata e condivisa. D’altro canto, l’intera comunità è catechista e, quindi, accompagna non solo i giovani ma ogni donna e uomo in tutti i passaggi della vita perché maturino la propria esperienza d’incontro con il Risorto. Nel caso specifico, esiste una prassi consolidata di catechisti che animano le parrocchie. E con l’istituzione del nuovo ministero si tratterà di compiere valutazioni precise perché siano utili alle comunità cristiane.
Nella Chiesa che è in Italia c’è preoccupazione per il post-pandemia?
I timori non sono solo nella comunità cristiana ma in tutta la società. Il coronavirus ha generato una crisi. Tuttavia le crisi possono anche trasformarsi in opportunità e in monito per tornare all’essenziale. Nelle nostre diocesi si possono percepire alcune fatiche legate all’emergenza Covid ma si scorgono pure moltissimi germogli che vanno aiutati a crescere e che nel futuro potranno produrre frutti rigogliosi.