Il terremoto? «Ha portato anche risvolti positivi: una riscoperta dei valori umani fondamentali e una maggiore sensibilità verso il recupero di quelle case di tutti che sono le chiese». Le parole del vescovo
Roberto Busti, ieri mattina, hanno dato un senso profondo a quanto di lì a poco sarebbe stato illustrato alla stampa: la multiforme risposta della diocesi («tutti gli uffici di curia hanno dovuto collaborare tra loro come non mai», dirà poco dopo il vicario episcopale per i Beni e gli enti ecclesiastici, monsignor
Claudio Giacobbi) alla calamità iniziata con la scossa del 20 maggio. «Il nostro intervento – ha spiegato Ilaria Bonizzi, della Caritas diocesana – si è dipanato in tre fasi distinte». Fino a luglio quella dell’emergenza («siamo stati presenza costante nei campi degli sfollati»), fino a novembre quella della provvisoria stabilità («abbiamo cercato di reperire alloggi per chi si trovava in difficoltà e tensostrutture da adibire a luoghi provvisori per il culto e la socializzazione, oltre a promuovere i gemellaggi con altre comunità cristiane lombarde»), e quella ancora in corso caratterizzata dal ripristino dei servizi («centri di ascolto delle povertà, oratori»). Tutto ciò, anche grazie ai contributi raccolti e destinati a questi progetti sociali: un milione e 640mila euro. Ma, contemporaneamente, la diocesi doveva fronteggiare l’emergenza relativa alle strutture. Centoventinove i complessi parrocchiali danneggiati, di oltre 7 milioni il danno stimato. «Prima di tutto abbiamo avviato le 45 opere provvisionali (messa in sicurezza degli stabili che costituivano un rischio per la pubblica incolumità, ndr) – ha spiegato
Alessandro Campera, dell’Ufficio tecnico di curia affiancato dall’economo diocesano Giovanni Rodelli – poi i 18 progetti di miglioramento sismico». Generosi ma oggettivamente insufficienti i contribuiti ricevuti, un totale di 2.640.729,97: il loro 23% è stato impiegato per le tensostrutture (chiese provvisorie), il rimanente ha sostenuto la ricostruzione. Oggi, da fare rimane ancora molto: sono 33 le chiese ancora inagibili, e tante altre necessitano di interventi. Il sisma continua a imporre anche il monitoraggio delle povertà, dalle scosse create o aggravate. «Ma il nostro Papa Francesco – questa la sottolineatura di Giordano Cavallari, direttore della Caritas diocesana – con le sue prime parole ci ha invitato a perseverare nella carità». Quindi il ringraziamento: «Alla Chiesa italiana nelle sue varie articolazioni, da cui sono giunti gli aiuti maggiori».