Caro direttore, la campagna di disinformazione sull’Ici per gli enti ecclesiastici prosegue con sempre maggiore virulenza, sorda a qualunque tentativo di spiegare, dati e cifre alla mano, come stanno realmente le cose. Ho avuto modo di seguirla, caro direttore, nel programma "Coffee break" su La7, di cui lei è stato ospite lunedì mattina. Le faccio i complimenti per aver saputo argomentare con chiarezza, verità e fermezza, senza smarrire la serenità. Le avevano preparato una trappola, mettendola a discutere con interlocutori non solo avversi, ma anche maliziosi e aggressivi, consapevoli che in televisione funziona meglio una frase a effetto, buttata lì magari subito prima della pubblicità, piuttosto che un ragionamento pacato e approfondito. Non parliamo poi della conduzione del programma, tendenziosa e squilibrata, il tutto intervallato dalla messa in onda di "vignette satiriche" al limite del blasfemo. La ringrazio per essere stato un punto fermo di verità in mezzo a tanta disonestà. Grazie anche per l’opera quotidiana di informazione che consente anche a me di argomentare con colleghi, parenti e amici, in un contesto di "informazione" televisiva urlata e interessata che purtroppo non contribuisce a fare chiarezza ma si riduce a essere solo cassa di risonanza per una certa parte politica, radicale e laicista, minoritaria, grazie a Dio, nel Paese, ma che gode di buona stampa e di potenti appoggi nel circuito informativo televisivo. Cordiali saluti.
Ugo Apruzzese, Milano
Caro direttore,bravo don Vittorio Montagna, parroco di Lonigo, per la lettera in tema di "Ici e Chiesa" inviata ad Avvenire. E bravo anche lei per il giusto il risalto datole ieri, 14 dicembre. Condivido tutto, ma aggiungerei una cosetta che, almeno noi cattolici, dovremmo finalmente fare: non comprare più i giornali "bugiardi" e girare al largo dai programmi televisivi... affini. Un significativo calo delle vendite, o dell’audience, avrebbe sicuramente effetti molto più "virtuosi" di ogni altra iniziativa diretta ad affermare la verità. Cordiali saluti e Buon Natale.
Egidio Zanella, Padova
Lunedì scorso ero stato invitato, caro signor Apruzzese, a un “Coffee break” e mi sono ritrovato al centro di un “Fiele break”: un quattro contro uno super-organizzato e metodicamente condotto in studio e in regia. Anche a colpi di vignette feroci che accompagnavano le mie parole senza che io neanche le vedessi. Come si è visto, sono sopravvissuto alla manganellatura (ovviamente mediatica). E spero che sia sopravvissuta anche un po’ di verità su “Chiesa e Ici”. Mi dispiace per La7, tv in bella ascesa e con ottimi e correttissimi colleghi giornalisti. Ma l’ombra che simili “imprese” lasciano è pesante. Appena un po’ meglio è andata ieri, mercoledì, a Umberto Folena ad “Agorà” su Rai3 (chi vuole può trovare il link a entrambe le trasmissioni all’interno del Dossier “Chiesa e Ici”, accessibile dalla Home Page di www.avvenire.it). Non ci perdiamo d’animo, ovviamente. La verità è tenace e alla fine i fatti contano più delle distorsioni e delle menzogne. Devo però dire, caro signor Zanella, che poche volte ho assistito a una campagna di queste proporzioni e con tante entusiastiche adesioni in una categoria, quella di noi cronisti, che evidentemente sa davvero poco delle attività senza fini di lucro... Cominciare a dare qualche “lezione”, snobbando – come lei consiglia – la stampa e la tv «bugiarda» potrebbe essere utile. Ma mi preme dire che c’è anche della buona e buonissima stampa e televisione nel nostro Paese e io rinnovo l’appello ai colleghi che ci lavorano: aprite gli occhi su ciò che la legge dice e che la realtà dimostra su quella straordinaria ricchezza dell’Italia che è rappresentata dalle opere sociali della Chiesa cattolica e dell’intero mondo del non profit religioso e laico. Possibile che non incuriosisca e allarmi la libera stampa il fatto che, proprio in questi tempi di crisi e di ristrutturazione persino brutale del nostro sistema di stato sociale, un certo mondo – quello dell’individualismo politico ed economico radical-liberista – muova una guerra così sistematica all’«altra economia» e alla più vasta rete di solidarietà italiana?
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