Invece che l’orizzonte della pianura guarda le montagne dell’Appennino. Quello spartiacque che lo separa dal Mar ligure. Perché Martino Canessa, vescovo di Tortona, provincia di Alessandria, è il vice presidente della Conferenza episcopale ligure - che è presieduta dall’arcivescovo di Genova, il cardinale Angelo Bagnasco -. La Liguria terra aspra, stretta tra mare e montagna, conta 7 diocesi ed una, Tortona appunto, in Piemonte per la geografia politica. «Ma Tortona – sottolinea Canessa – guarda da sempre alla Liguria, per motivi economici ma anche culturali, come i giovani che frequentano le università genovesi». Oggi i vescovi liguri saranno dal Papa, a pochi giorni di distanza dall’annuncio della sua rinuncia. E non sarà un momento di routine. Non lo sarebbe stato di per sè e dopo le parole di Benedetto XVI di lunedì i presuli guardano all’incontro con maggiore apprensione. «È come quando in una famiglia manca il papà – spiega –. Per questa ragione è una visita velata di tristezza perché siamo molto affezionati al nostro Papa». «Andiamo a rendere conto del nostro lavoro ma gli porteremo – sottolinea il vescovo di Tortona – una particolare espressione di affetto e riconoscenza con le parole del nostro cardinale (Bagnasco,
ndr). Siamo davvero affezionati e molto riconoscenti al Pontefice e gli mostreremo il nostro rincrescimento, perché siamo il primo gruppo che incontra il Papa dimissionario». La visita ad limina cade nell’Anno della fede. Per le Chiese liguri afferma Canessa è l’occasione «per fare un profondo esame di coscienza personale, nessuno escluso vescovi, sacerdoti e laici, su quello che è la nostra fede perché è un momento in cui se non abbiamo una fede almeno sufficiente ci scoraggiamo, mentre le difficoltà devono essere occasione di recupero di fiducia, di affetto e desiderio di lavorare con la massima onestà per la Chiesa. Soprattutto noi vescovi dobbiamo cercare di avere una fede viva così come un papà è chiamato a trasmettere la fede ai suoi figli perché quando vacilla ce ne è ancor più bisogno». Ma qual è l’identikit del fedele ligure, in una terra storicamente non facile, per le ideologie politiche, ricca di forti contraddizioni, orfana dei grandi siti industriali, alla ricerca di un nuovo boom portuale e alle prese con una riconversione turistica che fatica a concretizzarsi? «Anche la posizione politica, in un certo qual modo, dimostra qual è il rapporto con la Chiesa. Ma se un sacerdote lavora con impegno, è di fede e ha il cuore aperto al prossimo direi che nasce una stima, una stima che magari non porterà in chiesa ma fa giudicare bene la chiese. Questo lo avvertii nel passato ma anche nel presente. Ci vogliono tanti anni perché quando uno si allontana dalla Chiesa si allontana anche dalle fonti per mantenere la fede e farla crescere. Ci vuole sempre una testimonianza del sacerdote e dei laici che sono importanti nelle comunità cristiane».In una terra che ha vissuto gravi emergenze come le alluvioni però la gente ha dato un forte esempio di impegno sociale, una bella immagine di solidarietà e volontariato: «Sono segni che il cristianesimo è permeato nel cuore della gente – sottolinea Canessa –. La Chiesa è stata molto presente, come sempre». Ma esiste una priorità? «La maggiore è quella della gioventù. Ci accorgiamo che stanno perdendo certi valori a prescindere dal dato religioso. Valori come il rispetto, la serietà per acquisire quelle competenze per affrontare la vita. Queste sono emergenze vere. Noi Chiesa avremmo il desiderio che il giovane accettasse la proposta cristiana perché siamo convinti che può aiutare il giovane ad impostare la vita . Non possiamo obbligare, ma noto che dove ci sono sacerdoti e laici capaci di stare in mezzo ai giovani ci sono alcuni posti dove la gioventù è presente». Anche se i punti di aggregazione, in Liguria, latitano. «Certe strutture sono presenti. Grazie ai Salesiani con gli esempi di Sampierdarena e Varazze c’è un’offerta notevolissima. Le parrocchie sono un po’ più in difficoltà per la ristrettezza degli spazi che ha impedito la costruzione di strutture per i ragazzi». Ma su quali forze si può contare? «Sui preti innanzi tutto. Siamo chiamati ad avere fede, a praticarla, a viverla, solo allora si lasciano buone impressioni che possono, alla fine, portare frutto perché la vita è lunga. Siamo chiamati in causa noi preti e ci rincresce che siamo in costante diminuzioni. Poi abbiamo bisogno di laici, che sono presenti anche se non numerosi. Gente che può essere "missionaria" nei contesti dove vive e lavora, un terreno fertile di nuova evangelizzazione». «Siccome al timone c’è il Signore – conclude Canessa – vivo di speranza. In questi duemila anni quanti momenti di difficoltà sono stati attraversati. Eppure andiamo avanti fiduciosi.