L’anno prossimo ricorreranno i 75 anni dall’allacciamento dei rapporti diplomatici tra Giappone e Santa Sede. In vista di questo anniversario il premier Shinzo Abe ha inviato a Roma come ambasciatore presso il Vaticano Yoshio Matthew Nakamura, già vicepresidente del Keidanren (la Confindustria nipponica) e consigliere speciale nel suo Gabinetto.
Nakamura è il primo cattolico a ricoprire questo incarico. Così come è cattolica la sua consorte Reiko, docente di letteratura inglese all’Università del Sacro Cuore di Tokyo. Da sei mesi a Roma, pensando di fare qualcosa per rendere ancora più profondi i rapporti tra la Santa Sede e il proprio Paese, la moglie di Nakamura, insieme ad una decina di altre consorti di rappresentanti diplomatici accreditati in Vaticano, ha deciso di pubblicare un libro sul tema Il cibo nella Bibbia e sulla cucina che compare sulla tavola dei Pontefici. La prima edizione sarà in inglese, poi seguiranno le traduzioni nelle varie lingue delle consorti che hanno aderito all’iniziativa. Sulla scia di questa iniziativa Reiko Nakamura ha pensato di far meglio conoscere in Vaticano la cucina giapponese, resa famosa non solo da tanti ristoranti ma anche dalle riflessioni formulate da Roland Barthes nel suo L’impero dei segni dedicato alla civiltà del Sol Levante.
È noto – lo ha rivelato lui stesso – che papa Francesco da giovane gesuita avrebbe voluto recarsi missionario nel Giappone evangelizzato da san Francesco Saverio. Così Reiko, coltivando il sogno che anche il Pontefice possa «gustare» la cultura culinaria nipponica, ha cominciato a diffonderla all’interno delle Mura Leonine. Lo ha fatto cominciando con le Guardie Svizzere che un paio di anni fa hanno mandato alle stampe un fortunato libro ( Buon appetito! è il titolo della versione italiana) con le ricette tipiche delle loro terre, nonché dei piatti più amati dagli ultimi Pontefici. Si è trattato di un’iniziativa senza precedenti.
Così ieri cinque di loro, accompagnati da Patrizia Giraldi, segretaria del comandante Christoph Graf, hanno varcato la soglia della residenza dell’ambasciata giapponese per prendere lezioni da Maiko Kato, cuoca con esperienza negli Stati Uniti, Francia, Germania e Indonesia. Le Guardie Svizzere hanno così imparato come si prepara il sushi, il brodo “dashi” e quello di “miso”. E hanno appreso come si fanno la pastella e l’intingolo per le “tempura”, i tipici fritti di pesce e verdura. E nell’occasione sono venuti a sapere che la parola “tempura” avrebbe lontane radici cristiane.
A quando i primi missionari portoghesi si trovarono dinanzi alla necessità di consumare pasti di magro nei giorni di astinenza delle “Quattro tempora” e quindi insegnarono agli indigeni a preparare verdure e pesci impastellati e fritti nell’olio. Così questa pietanza delle Tempora divenne il “tempura” diffondendosi per tutto l’arcipelago nipponico.