«Una delle ricchezza del nostro Paese è la grande varietà dei prodotti della terra cui corrisponde un cibo di qualità». Lo scrive la Commissione episcopale Cei per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace nel Messaggio per la 68ª Giornata nazionale del ringraziamento. Una riflessione che mette al centro la varietà delle specie a partire dal Libro delle Genesi, denunciando che la perdita delle biodiversità delle colture e della diversità genetica delle piante mette a rischio la sicurezza alimentare in particolare dei poveri impegnati nella lotta alla fame. Da qui il richiamo alla necessità di un sistema economico capace di rinsaldare il legame con il territorio e la valorizzazione del modello agricolo italiano in cui giocano un ruolo fondamentale l’associazionismo, la compartecipazione e la condivisione. Quella del ringraziamento è una giornata avviata in Italia nel 1951 per iniziativa della Coldiretti. Nel 1973, con la Nota pastorale “La Chiesa e il mondo rurale italiano”, i vescovi italiani l’hanno assunta come occasione di riflessione ed evangelizzazione. Nel 2005 poi la Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace ha pubblicato l’aggiornamento: “Frutto della terra e del lavoro dell’uomo. Mondo Rurale che cambia e Chiesa in Italia”. (Red.Cath.)
Pubblichiamo il Messaggio preparato dalla Commissione episcopale Cei per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, per la 68ª Giornata nazionale del ringraziamento. Il titolo del Messaggio, ispirato al Libro della Genesi, è «“...secondo la propria specie...” (Gen. 1,12): per la diversità, contro la disuguaglianza». La Giornata sarà celebrata in Italia il prossimo 11 novembre.
Quando la Scrittura parla del creato, lo fa sempre con un tono di ammirato stupore per la varietà delle creature che vivono in essa. Fin dalla prima pagina essa sottolinea come Dio benedica la bontà di questa vita plurale e differenziata: «E la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie, e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona» ( Gen. 1,12). E dello stesso stupore risuona il Cantico delle Creature di Francesco d’Assisi: “ Laudato sì, mi Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba”. La varietà della vita è dunque un dono prezioso, un valore intrinseco, che va tutelato. Lo sottolinea Papa Francesco: riprendendo S. Tommaso d’Aquino, egli ricorda che essa riflette quel mistero divino che non potrebbe essere espresso da un singolo vivente: 'L’insieme dell’universo, con le sue molteplici relazioni, mostra al meglio la ricchezza inesauribile di Dio' (Lettera enciclica Laudato Si’, n.86).
UN’AGRICOLTURA PER LA DIVERSITÀ Nel contesto della globalizzazione commerciale la varietà delle specie è stata pesantemente ridotta con la coltivazione su grandi estensioni di poche varietà colturali che meglio soddisfacevano le esigenze di una produzione alimentare industriale di massa; in particolare nei cereali. Si è progressivamente cercato di privatizzare la biodiversità agricola tramandataci dalla tradizione contadina. La Fao, ci ricorda che nel 20° secolo nell’indifferenza generale è stato perso il 75% della biodiversità delle colture e come la perdita della diversità genetica delle piante, dei 'parenti selvatici' di quelle che coltiviamo, sia una grave minaccia per la sicurezza alimentare; in particolare, per i più poveri impegnati nella lotta alla fame. Siamo chiamati a riscoprire lo stupore della Scrittura quando parla della diversità e varietà del creato, immagine tangibile della generosità del Padre Nostro. La biodiversità non può essere sottomessa all’interesse prevalente di pochi, ma non può neanche essere limitata ad un pacchetto di risorse a nostra disposizione, perché nella bontà di quella vita plurale che Dio stesso benedice c’è il codice, l’impronta della generatività del Suo amore. Una delle ricchezze del nostro Paese è la grande varietà di prodotti della terra, cui corrisponde un cibo di qualità (il 2018 è l’Anno del cibo italiano). L’Italia dei mille borghi e dei mille campanili, con il mondo agricolo ha già reagito all’omologazione dell’agroalimentare globale, impegnandosi per la rigenerazione di un’agricoltura che vuole declinarsi in forme creative, valorizzando la ricca varietà di specie vegetali presenti e contribuendo così alla cura del creato nella sua diversità. Così facendo, infatti, essa promuove quella complessa relazione tra terra, territorio e comunità, tra biologia e cultura, che costituisce una componente essenziale della realtà del Paese.
UN’AGRICOLTURA CONTRO LA DISEGUAGLIANZA I processi di omologazione globale dei mercati agroalimentari hanno mortificato quel contributo delle diversità culturali che, se ben indirizzato e nel rispetto dei diversi patrimoni, avrebbe contribuito a determinare una inclusione partecipata, sussidiaria e solidale dei popoli nell’unica famiglia umana. Il modello di industrializzazione imposto dal pensiero neoliberista e mercantilista, evidente nel sistema economico-finanziario globale attuale, è basato sull’idea che tutto possa ridursi in merce attraverso il denaro. Le conseguenze non possono lasciare stupiti, ma neppure indifferenti: il declino inarrestabile del livello culturale, l’indifferenza per gli altri, gli effetti della disoccupazione, la decisione sulla distribuzione delle risorse naturali, l’impatto della recessione sulla qualità della vita. L’associazionismo, la compartecipazione e la condivisione che caratterizzano il modello agricolo italiano, costituiscono gli agganci necessari per rendere salda e robusta la persona, la famiglia, la comunità che vive e opera in armonia nel contesto di un’economia di mercato inclusiva che valorizza e promuove le distintività locali. Un sistema economico capace di rinsaldare il legame degli agricoltori con il territorio e di restituire fiducia al consumatore nella ricerca di maggiore tracciabilità e sicurezza degli alimenti e nella domanda di conoscenza del cibo, della sua provenienza e delle sue tradizioni, è anche capace di vivere e contemplare la biodiversità come ricchezza naturale e genetica su cui investire al fine di garantire forme differenziate di accesso al mercato. Un’economia civile che si oppone all’economia dello scarto è un’economia che sa difendere il lavoro riconoscendo ad ogni individuo il proprio valore nel contributo personale che rende alla cura e allo sviluppo del Creato non solo per ciò che produce ma per i servizi che mette a disposizione della collettività, per il cibo - ma non per la merce che offre e che riceve come dono. L’agricoltura oggi più che mai è percepita come un bene collettivo, un mezzo di coesione sociale, dove l’accoglienza, l’ospitalità e la solidarietà sono punti di forza per l’abbattimento delle disuguaglianze di ogni genere. In questo contesto l’offerta multifunzionale dell’impresa agricola assume un ruolo strategico per le molteplici possibilità occupazionali che offre alle persone. Papa Francesco ci invita a valorizzare i preziosi beni della terra: 'Dio ha creato il cielo e la terra per tutti; sono gli uomini, purtroppo, che hanno innalzato i confini, mura e recinti, tradendo il dono originario destinato all’umanità senza alcuna esclusione'. Ecco, allora, l’impegno costante a 'programmare un’agricoltura sostenibile e diversificata' (Lettera enciclica Laudato si’, n. 164) capace di conciliare, nella sua dimensione morale, il pieno rispetto della persona umana con l’attenzione per il mondo naturale, avendo cura 'della natura di ciascun essere e della sua mutua connessione in un sistema ordinato' ma non uniforme, perché l’uniformità rende la natura fragile, rigida, poco adattativa e poco incline alla sopravvivenza (Lettera Enciclica Laudato si’, n. 5). Ci guidi lo stupore della Scrittura e la benedizione di Dio che vide che quella molteplicità era 'cosa buona', come messaggio che, nel suo amore, c’è posto per tutti e tutto, perché solo l’insieme dell’universo con le sue molteplici relazioni, mostra al meglio la ricchezza inesauribile di Dio che cerchiamo di accogliere e da cui siamo rinnovati.
La Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace