Un momento della Messa celebrata da monsignor Fisichella - Ansa
La speranza è davvero sempre possibile, anche quando tutto pare compromesso: la pace nel mondo, la salute personale, la famiglia, il lavoro, i rapporti con gli altri. C’è uno spiraglio di luce anche quando la disperazione e il dolore sembrano prendere il sopravvento sulla nostra povera umanità: è l’attesa consapevole del miracolo. Ciò che commuove ogni volta seguendo il cammino di preghiera da Macerata a Loreto, sono soprattutto le centinaia di intenzioni dei pellegrini. Alcune scritte a penna su un foglietto e portate in tasca o nello zainetto durante i 28 chilometri percorsi nella notte tra sabato e domenica scorsa tra le colline marchigiane, fino al sagrato della basilica lauretana dove, per tradizione, i foglietti vengono bruciati. Altre invocazioni alla Vergine sono lette invece tra un Rosario e l’altro durante la marcia dal vescovo emerito di Fabriano-Camerino, Giancarlo Vecerrica, il quale, nonostante gli 84 anni, mostra lo stesso entusiasmo di quando, giovane sacerdote e insegnante di religione, cominciò, insieme con uno sparuto gruppo di studenti del liceo maceratese, questa avventura di fede che si è dilatata in quasi mezzo secolo, riproponendo ai ragazzi lo stesso gesto di devozione mariana che facevano i contadini di queste parti durante il Medioevo.
E sono, allo stesso modo, pellegrini con una speranza nel cuore gli oltre sessantamila partiti ieri sera dal Centro fiere dopo la Messa celebrata dall’arcivescovo Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione e delegato di Francesco per il Giubileo del 2025. Prima dell’Eucaristia, il messaggio inviato da papa Francesco tramite il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin. Il Pontefice ha espresso ai partecipanti il suo «apprezzamento per l’impegno nella promozione dei valori universali della pace e della solidarietà». Ha auspicato inoltre che l’evento «susciti sempre più il desiderio di conoscere Cristo, specialmente attraverso l’incontro cuore a cuore nella preghiera, per testimoniarlo all’uomo contemporaneo».I pellegrini sono venuti da ogni parte d’Italia e d’Europa e c’è un gruppo persino dal Perù. Un centinaio tra disabili in carrozzina e loro accompagnatori (volontari dell’Unitalsi): mai così tanti in testa al lungo serpentone colorato che si è mosso al tramonto verso la collina della Santa Casa.
A tema, in questa 46ª edizione, la domanda di Maria dopo l’annuncio dell’Angelo proprio nella dimora di Nazareth custodita a Loreto: “Come è possibile tutto questo?”. Un interrogativo lancinante se pensiamo alle guerre che sconvolgono il mondo. Ma anche una domanda piena di gratitudine e stupore come quella risuonata nella notte nell’intenzione di preghiera di una signora milanese inaspettatamente guarita da un male che i medici avevano definito “incurabile”. A Dio tutto è possibile, anche di fronte all’egosimo dell’uomo. Appare evidente dal messaggio video inviato ai pellegrini dal patriarca di Gerusalemme dei Latini, cardinale Pierbattista Pizzaballa, testimone del massacro in Medio Oriente. «Odio, dolore, sfiducia, chiusure, vengono dalla nostra incapacità di riconoscere l’altro come fratello, come persona che ha la nostra stessa dignità, gli stessi diritti, vengono dalle ideologie dove la propria idea di terra, nazione, Paese, prevale sulle persone che hai di fronte. C’è un odore di morte che ci sta quasi soffocando – ha sottolineato il cardinale –, anche nelle relazioni personali, con divisioni e arroccamenti su di sé, quando invece la vita cristiana è un restituire a un “Tu” che è Gesù, che si è fatto nostro fratello. In questi mesi di guerra continuo a incontrare però persone, credenti, non credenti, ebrei, cristiani, musulmani, che hanno voglia di spendere la loro vita per dire che non vogliono rassegnarsi a queste ideologie che fomentano l’odio e la sofferenza. Sono giovani che hanno voglia di mettersi in gioco e che dicono “io non voglio vivere in un Paese così”, c’è anche un altro modo, una narrativa inclusiva, siamo qui perché il Signore ci ha messo qui e dobbiamo trovare il modo per una riconciliazione. Ci vorrà molto tempo ma c’è bisogno di qualcuno che la costruisca». L’umiltà della preghiera ci può portare a questo, come ha ricordato Davide Prosperi, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione nel suo messaggio di saluto: «Il vostro “sì” è l’affermazione di un giudizio nuovo e di una speranza possibile, insieme ai tanti testimoni, a partire da papa Francesco, che instancabilmente continuano a offrire all’umanità i tratti di questa speranza possibile». Un tema ripreso da Fisichella nell’omelia: «Noi siamo qui perché con il nostro cammino, il nostro essere capaci di stare insieme per raggiungere la meta, stiamo dicendo che non solo abbiamo raccolto la Sua chiamata ma possiamo essere familiari suoi e della sua casa, con la responsabilità di trasmettere alle generazioni future quello che è il nostro incontro con il Signore».