
Nella Bibbia c'è un patrimonio immenso di fede e di cultura che è risorsa preziosa per l'elaborazione di memoria storica, di prospettive per il presente, di visioni per il futuro, come scrive Marinella Perroni, vicepresidente dell'associazione Bet.PoloBiblico - foto Siciliani
Nata da poco più di un anno, l’associazione Bet.PoloBiblico si propone di «valorizzare la conoscenza critica dei rapporti che intercorrono tra testo biblico, società e cultura». Siamo infatti convinti che «grande è l’eredità biblica di cui ha goduto la cultura europea in tutte le sue diverse articolazioni: religiosa, artistica, scientifica, musicale, letteraria, politica» e che «oggi anche in Italia cresce il riconoscimento dell’importanza di questo immenso patrimonio veicolato dal testo biblico per l’elaborazione di memoria storica, prospettive per il presente e visioni di futuro» (dalla Carta di intenti: www.betpolobiblico.it). Senza nulla togliere alle analisi che ci dicono che il nostro mondo occidentale è stretto nella tenaglia tra, da una parte, cinismo e apatia, e dall’altra accecamenti ideologici e traviamenti religiosi, è pur vero che la Bibbia continua a rappresentare un fuoco sotto la cenere, una cenere fertilizzante, che contribuisce alla rigenerazione della vita.
Anche se il Concilio Vaticano II l’ha finalmente richiamata dall’esilio per metterla di nuovo al centro della vita ecclesiale, la Bibbia continua però a essere un libro assente dall’orizzonte culturale del nostro Paese e delle regioni dove l’italiano è la lingua più parlata. I motivi sono diversi, tra i quali antichi retaggi di un mai sopito anticlericalismo, ma anche una sorta di atavica ignoranza difficile da superare. E, nonostante incursioni di intellettuali di varia provenienza oppure alcuni tentativi da parte dei grandi mezzi di comunicazione, resta il grande problema di una formazione di studenti e professori dalla quale il testo biblico è stato spesso quasi del tutto estromesso. Un vulnus preoccupante per la nostra cultura
Una breccia è stata aperta già da tempo da Biblia, associazione laica di cultura biblica che ha chiamato a raccolta le migliori intelligenze del Paese perché si adoperassero a sensibilizzare politici e amministratori affinché la scuola italiana facesse finalmente i conti con “il libro assente”. Umberto Eco se lo era chiesto in una delle sue memorabili “La bustina di Minerva”: «Perché i ragazzi debbono sapere tutto degli dei di Omero e pochissimo di Mosè?» (L’Espresso 10 settembre 1989). Dopo un primo Protocollo di intesa (2001) firmato dall’allora ministro della Pubblica Istruzione Tullio De Mauro – che è stato uno dei più convinti sostenitori dell’importanza dell’inserimento della Bibbia nella programmazione scolastica – e dopo la presentazione di un appello corredato da diecimila firme di esponenti di rilievo della cultura italiana appartenenti al mondo ebraico e a quello delle diverse confessioni cristiane, finalmente, nel 2010, ecco la firma di un secondo Protocollo di intesa tra il Ministero e Biblia con la costituzione di un comitato paritetico tra i due contraenti per la realizzazione di «interventi formativi finalizzati ad offrire chiavi di lettura e interpretazione interdisciplinare della Bibbia in riferimento agli ambiti storico, artistico, filosofico, etico, giuridico e letterario». Un’eredità, questa, di grande importanza anche per Bet.PoloBiblico, che nasce proprio per stabilire legami e mettere in campo sinergie con altre associazioni culturali del nostro Paese che hanno interesse alla trama dei rapporti tra Bibbia, società e cultura.
Non c’è dubbio che il nostro mondo occidentale continua, spesso silenziosamente, ad attingere al lascito di sapiente realismo e di slancio visionario che la Bibbia ebraica e cristiana ha depositato e continua a depositare nelle pieghe della storia dell’umanità. Una collezione di scritti che, per quanto saldamente connessi a specifiche tradizioni religiose, non sono però possesso esclusivo di istituzioni confessionali o di sistemi di credenze. Essi conducono l’umano individuale e collettivo dentro sé stesso e oltre sé stesso, sono un “grande codice” che ci aiuta a scoprire la grammatica del nostro stare al mondo.
Da questa convinzione ha avuto origine il progetto di questa rassegna di idee che Bet.PoloBiblico propone ai lettori di Avvenire, un’operazione culturale che intende mettere la Bibbia al centro – non al lato – della trama culturale nella quale si svolgono quotidianamente le nostre vite. Un ventaglio di nove ambiti vitali – cultura, politica, etica comunicazione, scuola, arte, letteratura, musica, scienza – dentro i quali una Bibbia, intesa come patrimonio delle diverse culture e non esclusivamente delle Chiese, contribuisce a una conoscenza stratificata della realtà e a una consapevolezza critica delle ricadute che la sua interpretazione ha avuto e continua ad avere sulla nostra storia e sulle nostre storie.
* Vicepresidente di Bet.PoloBiblico