lunedì 4 febbraio 2013
COMMENTA E CONDIVIDI
​Un primo risultato la Gmg di Rio de Janeiro l’ha già ottenuto. Cambiare la toponomastica della città e migliorare i trasporti dell’area metropolitana. Ma l’arcivescovo della diocesi del Corcovado, monsignor Orani Joao Tempesta, si augura naturalmente che al di là del maquillage, l’evento porti con sé anche effetti sostanziali. Rilanciare la pastorale della Chiesa, riallacciare i rapporti con la cultura e la classe dirigente del Paese, approfondire la fede della gente (e dei giovani in particolare). Una fede, dice il presule che ha ascendenti italiani (suo padre partì dalla Penisola quando aveva cinque anni), «sicuramente generosa, ma poco approfondita». E quindi esposta alle insidie del secolarismo e anche all’erosione delle sette. Il presule nei giorni scorsi è venuto a Roma, alla guida di una folta delegazione di suoi collaboratori, per mettere a punto – con il Pontificio Consiglio per i Laici e gli altri dicasteri della Curia Romana – i particolari organizzativi del grande evento in programma dal 23 al 28 luglio. E in questa intervista ad Avvenire presenta il biglietto da visita della Chiesa che accoglierà il Papa e i giovani fra poco più di cinque mesi e fa il punto della situazione circa i preparativi.Come si presenta la Chiesa brasiliana al traguardo della Gmg?Come una Chiesa grande e unita, capillarmente presente a livello popolare e attenta ai bisogni dei poveri. Ma naturalmente con diverse caratteristiche a seconda delle regioni del nostro Paese. La Chiesa dell’Amazzonia è diversa da quella del sud dove vivono italiani, tedeschi e polacchi. Nel nord est c’è una più profonda religiosità  popolare, nel sud est, e in particolare in grandi città come San Paolo, la questione da affrontare è il secolarismo. In generale credo si possa dire che il nostro popolo è ancora profondamente religioso e che questa sua religiosità pervade la vita, il lavoro, la famiglia e dà luogo anche a una visione gioiosa dell’esistenza.Secolarismo, sincretismo, povertà. Qual è il problema che preoccupa di più l’episcopato brasiliano?C’è sicuramente, in cima alle nostre preoccupazioni, il problema della povertà, aggravato dalla grande disparità economica e sociale tra i ceti più abbienti e quelli più bisognosi. Ma oggi questa distanza tende a ridursi e lo sviluppo sta interessando fasce sempre più ampie della popolazione. Inoltre dobbiamo fare i conti con una religiosità cui manca una conoscenza approfondita della dottrina della Chiesa. In terzo luogo dobbiamo riconoscere che, negli ultimi decenni, la Chiesa in Brasile ha perso molti spazi nella vita culturale e nelle università. Forse non abbiamo dato a questo aspetto il peso che meritava. Ora è giunto il momento di tornare a dialogare in maniera più sistematica con la classe dirigente del Paese.La Gmg potrebbe essere un’occasione anche sotto questo profilo?Sono convinto di sì, anche se tutto dipenderà da come ogni parrocchia e ogni diocesi lavorerà sulla Gmg. Per questo abbiamo voluto dare all’evento un’intonazione missionaria. Il dialogo con il mondo della cultura fa parte di questa missione. E può essere utile anche per far sì che diminuisca ancora la distanza fra i poveri e i ricchi.Il fenomeno delle sette è un reale pericolo?Le sette attecchiscono dove la Chiesa non è vicina al popolo. In passato l’80 per cento della popolazione viveva nelle zone rurali ed era abituata a venire in Chiesa, anche percorrendo grandi distanze. Oggi la situazione si è ribaltata. Il secolarismo, l’urbanizzazione, la creazione di grandi periferie dove spesso manca tutto, comprese le chiese, hanno cambiato le usanze. Le sette sono andate dove c’era la gente, sfruttando anche la mancanza di un’approfondita conoscenza della dottrina cattolica da parte di molti. Quindi abbiamo il dovere di ripensare la nostra pastorale, di arrivare fino agli estremi confini delle nostre città per stare più vicini al popolo, e di fare catechesi. In altri termini, più che preoccuparci delle sette dobbiamo vedere che cosa possiamo fare noi per i nostri battezzati, al fine di renderli saldi nella fede.Nei prossimi anni, grazie alla Gmg, ai Mondiali di calcio e alle Olimpiadi, il Brasile sarà sotto gli occhi del mondo. Che cosa significa questo per il suo Paese e quali benefici potrà trarne?Io spero che dai grandi eventi scaturisca una maggiore responsabilizzazione della classe dirigente, al fine di promuovere il bene del popolo. Occorre fare in modo che nascano posti di lavoro, progresso e sviluppo. Abbiamo una grande occasione per dimostrare al mondo che il Brasile ha sì i suoi problemi, ma anche grandi risorse morali e spirituali. Non ci sono solo la samba e il calcio. E mi ha molto confortato vedere il risveglio della fede in seguito al pellegrinaggio della Croce delle Gmg nelle nostre diocesi o le manifestazioni di profonda religiosità che di recente ho toccato con mano durante la festa di San Sebastiano, patrono di Rio De Janeiro.E per l’America Latina nel suo complesso che cosa significherà la Gmg?Le Chiese del nostro continente sono diverse per storia e tradizioni, ma hanno il sostrato comune della cattolicità di matrice iberica. La Gmg sarà l’occasione di un incontro di popolo, dopo la bella esperienza della V Conferenza del Celam ad Aparecida. Lì erano i vescovi a riunirsi intorno al Papa, qui saranno i giovani. Inoltre l’incontro con i cattolici di tutto il mondo ci aiuterà a rafforzare l’identità cattolica latinoamericana. E 26 anni dopo la Gmg di Buenos Aires sarà anche l’occasione per verificare il cammino politico e teologico fatto dal Continente. Perché, se molte cose sono cambiate, molto ancora resta da fare.A proposito di cose da fare, a che punto siamo con la preparazione?A buon punto. Abbiamo stabilito che l’arrivo del Santo Padre e la Via crucis si svolgeranno a Copacabana e la Veglia e la Messa finale in un’area più periferica, perché vogliamo che ad essere coinvolta non sia solo la Rio da cartolina, ma anche quella meno conosciuta e attraente. Quest’area, che si trova a ovest, attualmente si chiama Guaratiba, ma l’abbiamo già ribattezzata con il nome di Campus Fidei, proprio per sottolineare che la Gmg sarà uno degli eventi principali dell’Anno della fede. Può contenere due milioni di persone per dormire e fino al doppio in piedi. Inoltre sono già all’opera 3500 volontari, dei 63mila che si sono iscritti. E anche le iscrizioni dei pellegrini procedono a buon ritmo: quasi 100mila giovani. Per tutti quelli che verranno abbiamo definito come saranno organizzati i pasti, gli spostamenti in città e la sicurezza. Adesso dobbiamo allestire i siti dei grandi eventi, finire di stampare i sussidi per i pellegrini e continuare a trovare posti letto per tutti. Scuole, palestre, parrocchie e anche molte famiglie si sono messe a disposizione.Quali saranno le novità della Gmg 2013?Rio de Janeiro sarà divisa in zone idiomatiche. Inglese, francese, tedesco, italiano e così via per favorire l’accoglienza e le catechesi. Inoltre stiamo lavorando a stretto contatto con le autorità per migliorare i collegamenti e favorire gli spostamenti dei giovani. Infine, sotto il profilo contenutistico, stiamo organizzando la Settimana missionaria, che si svolgerà dal 16 al 21 luglio e coinvolgerà tutte le diocesi e le parrocchie del Brasile.In che cosa consiste la Settimana missionaria?Organizzeremo una grande missione al popolo, e ai giovani in particolare, i cui protagonisti saranno gli stessi giovani brasiliani insieme ai loro coetanei che arriveranno da tutto il mondo. Una missione porta a porta, nelle case, nei luoghi di lavoro e della cultura, accanto ai poveri e agli emarginati. Una missione per annunciare Gesù Cristo e approfondire la fede, in risposta all’invito del Papa. La Gmg è un grande dono per cercare di cambiare il volto della nostra Chiesa e di renderlo più giovane e più missionario. Guai a non sfruttarla a pieno.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: