Antonella Sciarrone. - Università Cattolica Sacro Cuore
«Credo che ci troviamo davanti a una decisione in linea con il cammino che si sta compiendo verso il Sinodo di ottobre ». Non pare affatto stupita Antonella Sciarrone Alibrandi, sottosegretaria del Dicastero vaticano per la cultura e l’educazione, della decisione di permettere ai laici - e ai non vescovi - presenti al Sinodo anche di votare annunciata nei giorni scorsi. « Papa Francesco sottolinea con forza la centralità del popolo di Dio nelle dinamiche ecclesiali - aggiunge - e quindi questa decisione di ammettere al voto anche i non vescovi si incornicia in un percorso intrapreso da papa Francesco nel suo pontificato».
Dunque un atto atteso?
In parte me lo aspettavo, proprio per il fatto che al centro del Sinodo vi è la sinodalità, tema che per sua natura dovrebbe portare ad allargare lo sguardo all’intero popolo di Dio, che è fatto dai battezzati, uomini e donne, laici e laiche, consacrati e consacrate. E poi penso che una spinta verso questa decisione sia maturata non solo per volere del Papa, ma sia emersa anche nel corso dei lavori preparatori che hanno coinvolto la base della Chiesa, le parrocchie, le diocesi.
Realtà nelle quali la presenza femminile è già significativa.
Possiamo dire di sì. A volte mi sembra che le Chiese locali, sul coinvolgimento delle donne, siano un po’ più avanti della Chiesa “centrale”, se possiamo usare questo termine. Sono tante le donne presenti nei Consigli pastorali parrocchiali e diocesani. Io stessa faccio parte di quello diocesano a Milano e con me sono molte le donne presenti. Ma ribadisco che il tema della sinodalità, già di suo, deve far riflettere sulla dimensione globale del popolo di Dio.
Papa Francesco in questi anni ha nominato diverse donne in ruoli di gestione dentro la Curia Romana e negli organismi vaticani. Anche lei è stata nominata al Dicastero per la cultura e l’educazione. Mi pare stia crescendo la presenza di donne laiche.
È vero. Se all’inizio vi è stata una scelta che coinvolgeva donne consacrate, sempre di più il Pontefice sta scegliendo anche donne laiche. Ma va detto che lo stesso percorso è stato compiuto anche per la presenza maschile, dove i laici sono cresciuti solo negli ultimi anni e in almeno due casi sono laici i responsabili di Dicasteri importanti: quello della Comunicazione e la Segretaria per l’economia . Si può dire che il Papa sta rendendo visibile il fatto che la Chiesa non è soltanto una realtà in mano ai vescovi o, al massimo, ai consacrati. Al contrario ne siamo responsabili tutti noi che abbiamo ricevuto il Battesimo, uomini e donne.
Da laiche e da consacrate come vivete questo momento storico? Vi confrontate tra voi sull’impegno al quale siete state chiamate?
Ci stiamo conoscendo con il tempo. In alcuni casi la conoscenza era precedente ai nostri incarichi. Penso a suor Alessandra Smerilli. Più che creare rete tra noi, penso sia importante valorizzare il mix di figure che si stanno creando nei Dicasteri. Del resto io vengo dal mondo accademico e questo lavorare insieme - uomini e donne, con le proprie specificità e competenze - è sempre stato un metodo che ho perseguito.
Il maggior coinvolgimento dei laici - uomini e donne - nella vita della Chiesa appare non solo utile, ma persino indispensabile. Ma i laici sono preparati a questo coinvolgimento? Ad assumersi questi impegni?
Bella domanda. Penso che per un laico non sia facile assumere un ruolo dentro la struttura della Chiesa. Certo si portano competenze specifiche, un certo sguardo. Tutto questo è necessario, però non sufficiente. Mi spiego. Ci sono due rischi. Il primo è quello che spesso evoca lo stesso papa Francesco: scimmiottare con il proprio comportamento preti e suore perdendo la propria specificità di laici. Il secondo è quello di entrate in questa realtà senza tenere in conto la sua specificità, quasi una entrata in gamba tesa, verrebbe da dire.
Qual è il punto di equilibrio?
Sicuramente è quello di entrare in queste realtà imparando a guardarsi attorno, a conoscere i meccanismi, ad apprendere lo spirito che anima questi organismi. Direi imparare a conoscere lo stile della casa, perché non siamo all’interno di un’azienda o di una società. Ci sono priorità e attenzioni che dobbiamo rispettare anche come laici. Non vuol dire affatto adeguarsi alla situazione, ma di non dimenticare la specificità della struttura in cui operiamo, la Chiesa.
Forse servirebbe un percorso di formazione?
Basterebbe vivere in comunione, in sinodalità all’interno della propria comunità parrocchiale. Sarebbe una scuola importante, una formazione che permetterebbe ai laici e alle laiche di assumere compiti sempre più impegnativi nella Chiesa a tutti i livelli. Cammino lungo e complesso, ma di certo non impossibile.