Pellegrinaggio di fiducia sulla terra è il nome che frère Roger, il fondatore della comunità ecumenica di Taizé, ha dato nel 1984 ai grandi raduni di giovani che da allora si susseguono annualmente in varie città europee e – con periodicità diverse – in altri continenti.
Il prossimo Pellegrinaggio si terrà fra pochi giorni (dal 31 agosto al 4 settembre) in Africa, a Cotonou, capitale del Benin. Vi si incontreranno circa novemila persone, più che nelle precedenti tappe africane. Il senso dell’iniziativa è fare in modo che i giovani che aderiscono alla spiritualità della comunità siano incoraggiati a pregare e a impegnarsi per gli altri là dove vivono. Perché se è vero che Taizé (il villaggio della Borgogna che da decenni ospita il cuore pulsante della comunità) continua ad attrarre giovani da tutto il mondo, anche a distanza di anni dalla morte del fondatore, è altrettanto vero che la progressiva diffusione nel mondo della spiritualità di Taizé imponeva, nei fatti, un decentramento delle iniziative che la esprimono. L’incontro di Cotonou si svolgerà mixando gli ingredienti consueti degli eventi di Taizé: grandi momenti di preghiera comune, collaborazione e corresponsabilità di tutti i partecipanti nei servizi per la realizzazione dell’iniziativa e visite a luoghi e persone di speranza della città che ospita, nonché laboratori per gruppi linguistici su temi concordati, all’interno dei quali si condividono esperienze più che discutere teoricamente. Il tutto in quel clima di amicizia cosmopolita e curiosità per l’altro che contraddistingue l’esperienza di Taizé. A prima vista, esiste uno scarto tra la sensibilità africana – così incline alla danza, a una preghiera molto gestuale – e lo stile di Taizé, esperienza nata a radicata in Europa, le cui liturgie sono segnate da icone ortodosse, canoni che ricordano il gregoriano, la parola di Dio annunciata con ampi spazi di silenzio. Come si spiega, allora, l’accoglienza positiva che il continente nero ha riservato alla Comunità? Lo spiega bene frère Luc, francese, responsabile della fraternità di Nairobi, sull’ultimo numero della rivista
Africa, legata ai Padri Bianchi: «Noi stessi siamo rimasti sorpresi dalla facilità con cui i giovani sono “entrati” nella preghiera comune. La nostra è una preghiera contraddistinta da un carattere meditativo, da canti ripetitivi, dal silenzio. Pur avendo incorporato nelle nostre liturgie anche canti e ritmi locali, essa è ben lontana dalla rumorosa forma praise and worship che ha preso piede un po’ dappertutto nel continente, per l’influenza del movimento carismatico. Ciò significa che, nel profondo, c’è un’attesa di ciò che proponiamo».
I fratelli di Taizé africani sono tre: Frank, tanzaniano, Kombo, della Repubblica democratica del Congo e il togolese Parfait. Fraternità della Comunità sono presenti, oltre che in Kenya anche in Costa d’Avorio, Niger, Ruanda, Senegal. L’avvio del rapporto tra Taizé e il continente nero risale al lontano 1953 quando due
freres si unirono ai Piccoli fratelli di Gesù di de Foucauld in Algeria. Tre anni dopo il fondatore, frère Schutz, va ad Algeri e lì sfuggirà miracolosamente a un attentato. Nel 1959 due fratelli di Taizè inaugurano una fraternità ad Abidjan, dando il via alla presenza della Comunità nell’Africa subsahariana. Una storia che, nel tempo, ha lasciato una traccia profonda.