C'è una sapienza secondo Dio e una sapienza secondo gli uomini. Una sapienza della croce e una della carne. E solo la prima è vera. L'altra è solo «orgoglio umano», dunque «veleno» e «falsa sapienza» che provoca «fazioni e discordie nella Chiesa e, analogamente, nella società». Così il Papa, citando san Paolo, si è rivolto ieri ai rettori, ai docenti e agli studenti delle Università pontificie, al termine della Messa per l'inaugurazione dell'Anno Accademico dei Pontifici Atenei Romani, presieduta nella Basilica Vaticana dal cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l'Educazione cattolica. Sceso in Basilica dopo la fine della celebrazione eucaristica, Benedetto XVI ha rivolto ai presenti (diverse migliaia) un discorso di saluto. «In questo anno, nel quale celebriamo il giubileo bimillenario della nascita dell'apostolo Paolo " ha spiegato sin dall'inizio il Pontefice " vorrei soffermarmi brevemente insieme con voi su un aspetto del suo messaggio che mi sembra particolarmente adatto per voi, studiosi e studenti, e sul quale mi sono intrattenuto anche mercoledì nella catechesi durante l'Udienza generale. Intendo cioè riferirmi " ha aggiunto " a quanto san Paolo scrive sulla sapienza cristiana, in particolare nella sua prima Lettera ai Corinzi, comunità nella quale erano scoppiate rivalità tra i discepoli». In queste discordie, infatti, l'Apostolo vede «il segno della falsa sapienza, cioè di una mentalità ancora immatura, perché carnale e non spirituale». Per san Paolo, invece, la vera sapienza è quella della croce, ha ricordato il Papa, e perciò davvero sapienti sono solo «i piccoli», gli «stolti» secondo la sapienza di questo mondo, «i deboli, ignobili e disprezzati». «Questo non è un atteggiamento anti-intellettuale, non è opposizione alla recta ratio», ha proseguito Benedetto XVI. Al contrario, «Paolo " seguendo Gesù " si oppone ad un tipo di superbia intellettuale, in cui l'uomo, pur sapendo molto, perde la sensibilità per la verità e la disponibilità ad aprirsi alla novità dell'agire divino». Perciò di fronte ai teologi e agli studenti delle Università Pontificie, il Papa ha rimarcato il vero significato di «questa riflessione paolina». Essa, ha detto, «non vuole affatto condurre a sottovalutare l'impegno umano necessario per la conoscenza, ma si pone su un altro piano: a Paolo interessa sottolineare (e lo fa senza mezzi termini) " ha sottolineato il Pontefice " che cosa vale realmente per la salvezza e che cosa invece può recare divisione e rovina. L'Apostolo cioè denuncia il veleno della falsa sapienza, che è l'orgoglio umano. Non è infatti la conoscenza in sé che può far male, ma la presunzione, il "vantarsi" di ciò che si è arrivati " o si presume di essere arrivati " a conoscere. Proprio da qui derivano poi le fazioni e le discordie nella Chiesa e, analogamente, nella società». Si tratta dunque, ha ricordato Benedetto XVI, «di coltivare la sapienza non secondo la carne, bensì secondo lo Spirito. Sappiamo bene che san Paolo con le parole "carne, carnale" non si riferisce al corpo, ma ad un modo di vivere solo per se stessi e secondo i criteri del mondo. Perciò, secondo Paolo, è sempre necessario purificare il proprio cuore dal veleno dell'orgoglio, presente in ognuno di noi. Anche noi dobbiamo dunque elevare con san Paolo il grido: "Chi ci libererà?". E pure noi possiamo ricevere con lui la risposta: la grazia di Gesù Cristo, che il Padre ci ha donato mediante lo Spirito Santo». Perciò chi ci purifica dalla falsa sapienza è «il "pensiero di Cristo", che per grazia abbiamo ricevuto». E questo "pensiero", ha fatto notare il Papa, «lo accogliamo attraverso la Chiesa e nella Chiesa, lasciandoci portare dal fiume della sua viva tradizione. Lo esprime molto bene l'iconografia che raffigura Gesù-Sapienza in grembo alla Madre Maria, simbolo della Chiesa: In gremio Matris sedet Sapientia Patris, "in grembo alla Madre siede la Sapienza del Padre", cioè Cristo. Rimanendo fedeli a quel Gesù che Maria ci offre, al Cristo che la Chiesa ci presenta, possiamo impegnarci intensamente nel lavoro intellettuale, interiormente liberi dalla tentazione dell'orgoglio e vantandoci sempre e solo nel Signore». Questo, ha concluso il Pontefice, «è l'augurio che vi faccio all'inizio del nuovo anno accademico».