"Ricercate sempre la giustizia, la legalità, la riconciliazione e sforzatevi di non essere mai causa della sofferenza altrui". Lo ha detto il Papa, ricevendo in udienza una rappresentanza di circa 2000 zingari ha chiesto loro un impegno sulla strada di "quell'integrazione da cui trarrete beneficio voi e l'intera società, mentre "le istituzioni, da parte loro, si adoperino per accompagnare adeguatamente questo cammino". "La Chiesa - ha aggiunto il Papa - cammina con voi". Per il vostro popolo, ha continuato il Papa, "persistono problemi gravi e preoccupanti, come i rapporti spesso difficili con le società nelle quali vivete". È la prima volta che la popolazione zingara e rom viene ricevuta in udienza in Vaticano da un Papa.Durante l'udienza un gruppo di ragazze della comunità zingara ha danzato in costume tradizionale di fronte al Papa; le giovani, tra cui due bambine, indossavano variopinti vestiti zigani, così come zigana era la musica su cui hanno eseguito le loro danze. Dopo l'esibizione, una a una sono andate a porgere il loro saluto a Benedetto XVI."Ci sono rom che sbagliano ma la colpa è sempre personale. La colpa non è mai di un'etnia, di un popolo". Lo ha detto al Papa un giovane rom nato e cresciuto nei campi nomadi della Capitale. "Quando vedono nei documenti che vivi in un campo, nessuno più ti tende la mano", ha raccontato ricordando di aver studiato nelle scuole con gli altri e di avere gli stessi sogni e speranze dei suoi coetanei. Benedetto XVI lo ha ascoltato e poi abbracciato. Tra le testimonianze anche quella di Ceija Stojka, sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. "Quando sono nata in Austria la mia famiglia contava più di 200 persone. Solo sei di noi son sopravvissuti alla guerra e allo sterminio", ha raccontato ricordando di essere stata deportata a 9 anni "prima ad Auschwitz, poi a Ravensbruk e a Bergen-Belsen". "Ero bambina - ha confidato - e dovevo vedere morire altri bambini, anziani, donne, uomini; e vivevo fra i morti e i quasi morti nei campi. Mi chiedevo 'perchè? Che cosa abbiamo fatto di male? Sento gli strilli delle SS, vedo le donne bionde le 'Aufseherinnen' (sorveglianti) con i loro cani grandi che ci calpestavano, sento ancora l'odore dei corpi bruciati. Come posso vivere con questi ricordi? Come posso dimenticare quello che abbiamo vissuto?". Quel che è accaduto, ha affermato la donna, "non è possibile dimenticarlo. E l'Europa non deve dimenticarlo. Oggi Auschwitz e i campi di concentramento si sono addormentati, e non si dovranno mai più svegliare. Ho paura, però, che Auschwitz stia solo dormendo". "Per dire la verità - ha aggiunto - non vedo un futuro per i rom. L'antigitanesimo e le minacce in Ungheria, ma anche in Italia e in tanti altri posti mi preoccupano molto e mi rendono triste. Ma vorrei dire che i rom sono i fiori di questo mondo grigio. Hanno bisogno di spazio e di aria per respirare". "Se il mondo non cambia adesso - ha concluso - se il mondo non apre porte e finestre, se non costruisce la pace - la pace vera! - affinchè i miei pronipoti (il quarto nascerà fra alcuni mesi) abbiano una chance per vivere in questo mondo, allora non so spiegarmi il perchè sono sopravvissuta ad Auschwitz, Bergen-Belsen e Ravensbruk".
NEL RICORDO DI ZEFFIRINOUn incontro storico, l’udienza di papa Ratzinger ai circa duemila rom, sinti, «camminanti» e altre minoranze, giunti a Roma dall’Italia e da diversi Paesi d’Europa, che si svolge alla vigilia di Pentecoste, giorno in cui la Chiesa riscopre e celebra la sua vocazione universale. L’incontro fa «memoria» del primo gitano elevato agli onori degli altari, il beato Ceferino Gimenez Malla (1861-1936) – Zeffirino, in italiano – nel 150° della sua nascita, nel 75° del suo martirio – arrestato dagli anarchici durante la Guerra civile spagnola per aver difeso un prete, fucilato mentre stringeva nel pugno la corona del Rosario. È stato lo stesso Benedetto XVI a volere l’udienza, dopo aver «manifestato particolare preoccupazione per la minoranza zingara», ha detto a
Radio Vaticana l’arcivescovo Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti. L’udienza è «un segno da leggere come un dono dello Spirito», perché gli zingari siano riconosciuti «come fratelli e come cittadini», incalza monsignor Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes della Cei. «Un fatto altamente significativo da un punto di vista culturale e sociale, oltre che religioso. Ma anche un fatto storico», commenta Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio. Se non è la prima volta che un Pontefice incontra gli zingari – si pensi a Paolo VI che il 26 settembre 1965 si recò in visita alla tendopoli di Pomezia – è però «la prima volta che rom e sinti vengono ricevuti in udienza da un Papa in Vaticano».Pontificio Consiglio, Migrantes e Sant’Egidio – con la diocesi di Roma – sono gli organizzatori del «pellegrinaggio» degli zingari d’Europa che si apre con l’incontro di sabato con il Papa. Alle 18 Vegliò guida la celebrazione della Parola nella chiesa di San Bartolomeo all’Isola Tiberina, nel corso della quale una reliquia del beato Zeffirino – un suo rosario – verrà posta all’altare dei martiri di Spagna. Domenica alle 11 al Santuario del Divino Amore di Roma il vescovo di Avezzano, Pietro Santoro, presiederà la Messa alla «cappella a cielo aperto» dedicata a Zeffirino. L’Eucaristia, concelebrata da Vegliò, verrà trasmessa in diretta da Rai Uno.