Il vescovo di Piazza Armerina, Rosario Gisana
Papa Francesco torna in Sicilia per ricordare la memoria di un santo prete, ucciso dalla mafia. Ma prima di recarsi nella Palermo di padre Pino Puglisi, farà una breve tappa a Piazza Armerina, nel cuore dell’isola. Una piccola ma significativa ouverture, dal «forte significato » simbolico, come spiega ad Avvenire il vescovo Rosario Gisana, 59 anni, dal 2014 alla guida della diocesi. «Quella di Piazza Armerina – spiega – non è una Chiesa più importante e rinomata rispetto alle altre. Siamo nel centro geografico della Sicilia e allo stesso tempo ne siamo un po’ la periferia. E riassumiamo quindi tutte le caratteristiche di una terra ricca di potenzialità che attende dal successore di Pietro una parola di speranza. Una parola che ci scuota da un torpore atavico a cui non è estraneo l’influenza di un sistema mafioso tuttora influente». Una terra comunque ricca di storia civile ed ecclesiale. «Basti pensare – ricorda il vescovo – a due figure di grandi gesuiti originari di queste contrade». E cioè «il beato Girolamo De Angelis, nato a Castrogiovanni (l’odierna Enna) e martirizzato in Giappone nel 1623, e Prospero Intorcetta, originario proprio di Piazza Armerina, grande missionario in Cina, dove morì nel 1696, a cui Civiltà Cattolica ha dedicato recentemente un ampio saggio».
Eccellenza, che cosa ha spinto il Papa a iniziare la sua visita in Sicilia dalla sua diocesi?
Le ragioni credo si trovino negli orientamenti basilari del Santo Padre. Fin dall'inizio del suo pontificato ha sottolineato che la Chiesa oltre ad essere “in uscita”, e quindi missionaria, deve mirare la sua attenzione al servizio dei poveri, degli emarginati, delle periferie fisiche ed esistenziali. Ora, il territorio della nostra diocesi, secondo le stime ufficiali, risulta essere tra i più poveri d’Italia. Eppure possiede delle risorse eccezionali, sia dal punto di vista turistico - penso agli importanti siti archeologici di Villa del Casale a Piazza Armerina e della Morgantina ad Aidone per non parlare del rinomato Museo di Gela -, sia dal punto di vista agroalimentare con un territorio fertilissimo e vigneti che, ad esempio, hanno attratto anche investimenti da parte di importanti imprenditori del Nord.
Le risorse e le potenzialità non mancano, quindi. Perché allora questo scarso sviluppo?
La popolazione è aperta e generosa. Ma è frenata da una certa rassegnazione, frutto forse di una mentalità atavica e di un sistema mafioso non più eclatante come nel passato ma sornione, che soffoca la società, la rende sospettosa e impaurita e quindi incapace di saper reagire. Tutto questo, in qualche modo, è stato comunicato al Pa- pa. Di qui, immagino, la sua decisione di iniziare proprio nella nostra diocesi la sua visita siciliana. Dal centro dell’isola che però oggi è un po’ la sua periferia. Quasi per sollecitare e scuotere gli animi delle nostre popolazioni.
Annunciando a maggio la visita, lei ha detto che non c’è stato un vostro invito diretto al Papa.
In effetti l’invito ufficiale è venuto da Palermo. È stata una felice sorpresa sapere che il Pontefice ha accettato questa proposta.
Come vi siete preparati a questo evento storico, la prima volta di un Papa a Piazza Armerina?
Nonostante il periodo estivo abbiamo avuto dei momenti importanti e significativi di riflessione e preghiera. Questo percorso di attesa culminerà domani sera con una veglia animata dai giovani che continuerà fino all’arrivo del Papa sabato mattina.
Che clima si respira tra la popolazione?
Entusiasmo, desiderio, speranza. Entusiasmo per il dono di ricevere il Papa che viene a confermarci nella fede nel solco di Pietro. Desiderio di una parola che possa davvero scuotere le coscienze, in particolare di coloro che poi sono chiamati a reggere le sorti di questo territorio. Speranza che questa sua “semina” porti frutto, e in abbondanza.
Papa Francesco viene in Sicilia per ricordare la figura di don Puglisi, ucciso dalla mafia. Qual è l’impegno della vostra comunità ecclesiale su questo fronte?
Non ci sono iniziative eclatanti. Anche perché, come accennavo, il sistema mafioso ora agisce in maniera sorniona, non opera in modo tale da scuotere l’opinione pubblica e provocare delle reazioni. Il nostro impegno per superare questo sistema e questa mentalità è comunque costante da anni, non parte da oggi. Soprattutto in campo educativo. Ispirandosi in modo particolare a quanto ci ha insegnato la testimonianza di padre Pino Puglisi nel suo quartiere Brancaccio. Agire cioè sui ragazzi, educarli, e aiutare in modo particolare i poveri a risollevarsi dalla loro situazione di indigenza. A questo proposito abbiamo riorganizzato la Caritas impegnandovi a fondo i nostri diaconi. Sono convinto che questo impegno servirà a contrastare, anche se in forma indiretta, le maglie sempre più intrecciate della mafia.
La prima visita del Papa in Sicilia è stata quella a Lampedusa con le sue parole forti sul fenomeno dei migranti. Qual è l’impegno della diocesi in questo campo?
Abbiamo subito accolto l’invito del Papa ad aprire le nostre strutture a questi nostri fratelli. La diocesi ha messo gratuitamente a disposizione i locali di una canonica a Pietraperzia che adesso ospita una quindicina di immigrati provenienti dal Senegal e da altri Paesi.
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