Trovare soluzioni eque e giuste per problemi a volte complessi; sapersi confrontare e dialogare; puntare sull’argomentazione; usare con attenzione e competenza la parola; pensare che il proprio lavoro può avere conseguenze sulla vita degli altri. Se queste sono le priorità professionali, si capisce perché un grande giurista come Paolo Grossi (giudice costituzionale dal 2009 al 2018, che ha guidato la Consulta dal 2016 a fine mandato) sottolinea come l’opinione pubblica guardi al Diritto soltanto «nella sua visione patologica», cioè il processo, mentre il Diritto è in primo luogo fissare principi in cui tutti si possano riconoscere.
Parole stampate a chiare lettere nella visione che guida i docenti della facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica. «È una battaglia culturale – sottolinea il preside della facoltà, Stefano Solimano – quella che dobbiamo affrontare per vincere stereotipi e pregiudizi ». Una battaglia che inizia dai banchi delle aule dell’ateneo di largo Gemelli a Milano. «Il processo dovrebbe essere l’ultimo dei passi per dirimere problemi, soprattutto nel campo civile » spiega il preside.
Al contrario il giurista, il professionista del diritto «è chiamato a trovare soluzioni a problemi complessi, sapendo muoversi tra le varie fonti di legge e sapendone fare un’opera di sintesi. Il giurista deve conciliare», non promuovere il ricorso al processo. E l’invito vale anche per chi nell’ambito di Giurisprudenza decide di scegliere la professione dell’avvocato. «Anche in questo caso si può ricorrere a consulenze, ad arbitrati, insomma a strumenti che portino a una conciliazione delle parti»'. Un impegno, quello messo in campo dalla facoltà dell’Università Cattolica, che potrebbe portare ad amministrare diversa- mente la giustizia in Italia. «Con l’arrivo dei fondi europei legati al Recovery plan – commenta Solimano – il governo si è impegnato a mettere in campo una riforma della giustizia, soprattutto sui tempi dei processi. Penso che sia un treno da non perdere». Da parte sua la facoltà - così come quelle di altre università italiane - è pronta a offrire contributi di idee e di progetti al ministro della Giustizia Cartabia.
Siamo dunque ben lontani dallo stereotipo dell’avvocato rampante e spregiudicato, che usa la legge piegandola all’interesse del proprio cliente, come a volte capita di vedere al cinema e in televisione. Un altro esempio di «patologia». «Il Diritto è una scienza pratica – aggiunge Antonio Albanese, direttore del Dipartimento di scienze giuridiche –. Il giurista offre soluzioni concrete ai problemi pratici delle persone. Agli scienziati del diritto in particolare compete elaborare teorie giuridiche, che saranno messe in atto dai pratici ». È quanto accade, ad esempio, prosegue Albanese, «con il nostro lavoro di ricerca universitaria, durante il quale ci confrontiamo su questioni generali, offrendo interpretazioni, commenti, osservazioni che saranno utilizzate da chi opera sul campo».
La ricerca e il metodo scientifico permettono ai docenti «di insegnare agli studenti come cercare le risposte ai nuovi problemi, non limitandosi a trasmettere un sapere sempre uguale a se stesso, incapace di adeguarsi a una realtà che è in continua evoluzione, ma andando oltre la prassi, che per definizione è ripetitiva». Da questa prospettiva «la principale qualità del giurista – sottolinea Albanese – non è quella di mandare a memoria le leggi o gli articoli dei codici, ma saper usare questi strumenti per trovare soluzioni e anche saperle comunicare».
1924
È l’anno nel quale venne conferito il riconoscimento giuridico da parte dello Stato italiano per la facoltà di Giurisprudenza Era il 2 ottobre 1924
2.993
Sono gli studenti attualmente iscritti al percorso di studi della facoltà di Giurisprudenza, che ha la propria collocazione nella sede milanese
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I centri di ricerca. Due della facoltà (Diritto del lavoro e relazioni industriali e Centro studi fiscali) e due con Scienze politiche e sociali (Psicologia giuridica e Diritti civili)
E sulle strade professionali legate al mondo giuridico il panorama risulta davvero ampio. Lo sa bene Matteo Corti coordinatore del corso triennale di Studi in servizi giuridici. «Un percorso che abbiamo deciso di attivare all’interno della facoltà che ha solo il ciclo unico di studi – spiega Corti –, capace di conferire agli studenti prospettive lavorative spendibili in breve tempo». Un percorso che prevede un biennio comune e un terzo anno più professionalizzante. Si scopre così che una buona preparazione giuridica è necessaria per chi vuole fare l’assistente legale, figura che aiuta l’avvocato nella sua attività, che è sempre più «un lavoro di squadra. Proprio su questa figura professionale, per esempio, il 27 settembre alle 11.45 terremo il seminario in cui offriamo l’incontro con le professioni» dice Corti. Sbocchi lavorativi anche per esperti in scienze giuridiche per la pubblica amministrazione. Persino il consulente del lavoro e delle relazioni sindacali è una delle possibili opzioni per gli studenti del percorso triennale. «Uno sbocco – precisa il coordinatore – che abbiamo creato partendo dal confronto con gli ordini professionali. E in questo caso dopo i tre anni abbiamo approntato un master della durata di un anno per aumentare la preparazione». Figure professionali consolidate, ma anche emergenti, come quella del responsabile della privacy, che «è stata creata nel 2018 con il regolamento che fissa regole e disposizioni per la tutela dei dati sensibili, sia nel settore pubblico sia in quello privato».
Da questo quadro si capisce perché il preside Solimano ribadisce che «il Diritto è scritto sulla pelle degli uomini, è fatto per la persona». E proprio il termine 'persona' è una delle tre parole che la facoltà ha scelto come pista di lavoro in occasione del centenario dell’ateneo. «Abbiamo indicato 'giustizia', 'ordinamento' e 'persona' – spiega il preside –, ma direi che la sintesi migliore è rappresentata proprio da quest’ultima parola, visto che la giustizia e l’ordinamento sono per la 'persona'». Lo si capisce anche dal fatto che la facoltà di Giurisprudenza in Italia «ha un profilo umanistico, che ritroviamo anche nei nostri progetti di ricerca». L’ultimo esempio in ordine di tempo è il lavoro condotto dalla facoltà sul tema dei migranti, «osservato sotto diverse sfaccettature e ambiti, proprio nell’ottica del Diritto di tentare di dare soluzioni a situazioni complesse».
Compito quanto mai affascinante quello di «trovare un equilibrio tra diritti e giustizia, in particolar modo in un regime democratico». Ecco allora la necessità di formare professionisti del Diritto che «sappiano
capire che ci sono problemi da risolvere, spesso non semplici, e che per affrontarli occorre tenere conto di ogni aspetto e per questo è necessario saper lavorare in équipe». E un po’ a sorpresa il preside sottolinea anche l’importanza di «avere grande rispetto nei confronti della parola, consapevoli che i termini usati oltre a dover essere chiari a tutti, devono essere rispettosi della persona». Insomma pesare le parole e usarle con correttezza. Ancora una volta la formazione umanistica fa capolino. «Lo ricordiamo all’interno di ogni nostro insegnamento» chiosa il professore Solimano. Basi per favorire, davvero, un Diritto dalla parte della persona.