Chi è Rosa Vassallo? Perché parlarne? E perché un Papa la ricorda citandola quasi fosse un padre della Chiesa? O meglio, con la stessa dignità, una madre della Chiesa? «Pensiamo a quegli uomini, a quelle donne, che conducono una vita difficile, lottano per portare avanti la famiglia, educare i figli: fanno tutto questo perché c’è lo spirito di fortezza che li aiuta. Quanti uomini e donne - noi non sappiamo i loro nomi...» ha detto il Papa in una recente udienza del mercoledì su 'I doni dello Spirito Santo'. Ma «questi nostri fratelli e sorelle sono santi, nel quotidiano, santi nascosti in mezzo a noi: hanno proprio il dono della fortezza per portare avanti il loro dovere di persone, di padri, di madri, di fratelli, di sorelle, di cittadini» ha proseguito il Papa.. È a questo fiume carsico di una moltitudine sommersa che la grande storia insabbia inesorabilmente appartiene anche Rosa Vassallo, appunto, nonna paterna di Jorge Mario Bergoglio. Pronunciando il suo nome dalla cattedra di Pietro è dunque la storia e la fede essenziale e sommessa di un popolo minuto ma vitale per la storia di ciascuno che il Papa ha voluto 'onorare'. Rosa non è stata la regina d’Inghilterra, non ha calcato i palcoscenici e non era neppure un dottore di teologia, ma la sua vita, senza tanti discorsi, è stata una testimonianza di Vangelo vissuto. «Nonna Rosa è quella che ha lasciato in me una forte impronta umana e religiosa» ha scritto in un biglietto il Papa al parroco di Piana in Liguria dove RosaVassallo era nata. Ed è dentro alla storia feriale e al tempo stesso intensa e avventurosa di questa donna che la giornalista di Avvenire, Lucia Capuzzi, con l’onestà e il rigore della ricercatrice, ha voluto portarci nel saggio
Rosa dei due mondi (Edizioni San Paolo, 160 pagine, 12 euro). Siamo così condotti sulle tracce di Rosa Vassallo attraverso i due mondi che l’hanno vista vivere, al di qua e al di là dell’Oceano a cavallo di due secoli. Attraverso carte d’archivio, lettere, documenti e racconti siamo condotti dall’autrice dalle colline della Liguria alla Torino d’inizio secolo fino al Mar de La Plata e ai
barriosdi Buenos Aires. Sullo sfondo si dispiega l’epopea vissuta da tanti nostri emigrati e puntuale è la ricostruzione delle vicissitudini attraversate dalla famiglia paterna di papa Bergoglio e in particolare degli anni astigiani di Rosa Vassallo che la vedono attiva nella Gioventù femminile dell’Azione cattolica. Anni in cui la giovane Rosa matura un’apertura alla vita sociale «e il condividere il dono della fede in una prospettiva evangelica di 'lievito per la comunità', per la quale la religione è ponte e mai trincea», come sottolinea Capuzzi. Rosa, alla fine di queste pagine, si rivela una
luchadora, una donna combattiva e coraggiosa, umile e forte, maturata dall’esperienza della sofferenza personale e collettiva. E l’autrice del libro ce ne restituisce con intensità il ritratto: «Una donna minuta, dai capelli castani e dagli occhi grandi che non ha mai perso la speranza e ha imparato a guardare il male dritto in faccia, con la consapevolezza che, per quanto potente e duraturo, alla fine non avrà l’ultima parola». Nella vita di Rosa si ricompongono e trovano unità due mondi lontani nei quali ha vissuto intensamente. Ma trovano unità e armonia anche altri due mondi: quello terreno e quello spirituale che si dispiegano nella serena pazienza e nella saggezza della sua lunga vecchiaia. Pazienza e saggezza che il futuro Papa ha potuto respirare da fanciullo sulle sue ginocchia. Rosa ha saputo lasciare in eredità il senso semplice e profondo di una vita cristiana. Quella che trapela dal breve testamento lasciato ai suoi nipoti e che il sacerdote Jorge Mario Bergoglio ha tenuto sempre nel suo breviario affinché «l’uomo mantenga ciò che il fanciullo promise», come ricordava lui stesso citando una poesia di Holderlin dedicata dal poeta alla sua avola. Le parole di Rosa sono solo il succo spremuto di una vita: «Che i miei nipoti a cui ho dato il meglio del mio cuore, abbiano una vita lunga e felice. Ma se un giorno il dolore, la malattia o la perdita di una persona cara dovessero riempirli di afflizione, ricordino sempre che un sospiro al Tabernacolo, dove è custodito il martire più grande e augusto, e uno sguardo a Maria ai piedi della croce possono far cadere una goccia di balsamo sulle ferite più profonde e dolorose». E come non ritrovare oggi in quella 'goccia di balsamo sulle ferite' ciò che ha fatto del successore di Pietro il testimone senza misura dell’amore e della pazienza di Dio?