«Perché pubblicare dati che non rispondono al vero? Se ce li avessero chiesti, glieli avremmo dati. Anzi glieli abbiamo anche offerti, perché sono di pubblico dominio e non c’è niente da nascondere. Ma non li hanno voluti». Di fronte all’ennesimo articolo «pieno di gravi inesattezze» sull’ordinariato militare italiano, monsignor Angelo Frigerio, allarga le braccia. Sconfortato, più che arrabbiato. Nell’ufficio del vicario generale dell’ordinariato le immagini di Papa Francesco e di celebrazioni liturgiche si alternano ai simboli militari. Una simbiosi che rispecchia anche l’esperienza dei 158 cappellani attualmente in servizio. Ma che evidentemente a qualcuno non va giù. «Ormai ci abbiamo fatto l’abitudine – afferma il sacerdote, parlando anche a nome dell’ordinario, monsignor Santo Marcianò –. Sembra quasi che “sparare” sulla diocesi dei militari italiani sia diventato uno sport nazionale. Occorre fare chiarezza». Bene, e allora cominciamo dalla questione dei gradi. È proprio necessario per un sacerdote averli? Guardi, i gradi nel mondo militare sono una sorta di password. Tutti ce li hanno: i medici, gli amministrativi, gli ingegneri, gli avvocati, i cuochi. Chiunque ha una funzione, ha un grado. Ma tutti fanno il loro lavoro. Così anche i cappellani. Hanno i gradi, ma fanno solo ed esclusivamente i sacerdoti. Certo, se si trovasse un’alternativa, si potrebbero anche togliere. Ma l’esperienza di 100 anni ci dice che sono necessari. E comunque si tratta di gradi per assimilazione. I cappellani cioè non hanno funzioni prettamente mi-litari, ma i gradi sono un modo per dire: 'Tu non sei un estraneo, sei uno di noi'. Come avviene nella maggior parte dei Paesi Nato. I gradi comportano però anche un’equiparazione di tipo economico. È vero che l’ordinariato costa allo Stato 2 milioni all’anno e i cappellani altri 18? È una cifra largamente gonfiata. Le spese correnti per l’ordinariato non superano i 200mila euro all’anno, non certo due milioni come è stato scritto. Noi non amministriamo denaro pubblico, nemmeno un euro, perché siamo sottoposti a controllo e gestione amministrativa sotto la responsa- bilità dell’amministrazione militare, guidata da ufficiali dirigenti che operano autonomamente rispetto all’assistenza spirituale offerta alle Forze armate. Per quanto riguarda gli stipendi, innanzitutto bisogna dire che il numero dei cappellani è in costante diminuzione. Erano 177 nel 2012, oggi siamo 158, mentre l’organico stabilito dalla legge ne prevede 204. Dunque la cifra di 10 milioni di soli stipendi, sbandierata da un organo di stampa (ammesso che sia esatta) va almeno decurtata di un quinto. Infine va ricordato che anche nella riforma attualmente in itinere il numero dei cappellani si attesterà intorno alle 160 unità, con un risparmio consistente, dato che saranno 'tagliati' i gradi più alti. E per quanto riguarda le pensioni? Anche in questo caso di tratta di una polemica pretestuosa e anticlericale. Perché i cappellani militari sono sottoposti, come tutti i cittadini italiani, alla legge Fornero che prevede il passaggio da un sistema di calcolo retributivo a quello contributivo. Dunque nessun privilegio. Altre critiche riguardano le indennità e gli straordinari. Un cappellano prende lo straordinario anche se celebra una Messa fuori orario? Non c’è alcun esborso di denaro pubblico legato ad azioni di natura religiosa o liturgica. Ma se si celebra in un orario diverso da quello di ufficio, occorre prevedere una copertura assicurativa a tutela di tutti i dipendenti (cappellani o non cappellani) coinvolti. Altrimenti, se qualcuno dovesse farsi male, potrebbero esserci serie conseguenze per il comandante che non ha provveduto. E per le missioni all’estero? È stato scritto che ci va solo una ristretta cerchia. Non è vero. Esiste un criterio di scelta molto semplice: parte il cappellano del reparto che viene inviato in missione di pace. E se egli non può, si tiene conto delle altre disponibilità espresse. Chi accompagna i nostri militari nelle missioni di pace, ne condivide in tutto e per tutto la vita, i disagi, i pericoli. Dov’è lo scandalo se percepisce anche la stessa indennità? Infine vorrei dire che anche per quanto riguarda le visite di idoneità, esse ci sono eccome. Le prevedono gli articoli 1549 e 1564 del Codice dell’ordinamento militare, emanato con decreto legislativo del 15 marzo 2010 n. 66. E sono rigorose come per tutti gli altri militari. Lei accennava alla riforma dell’assistenza spirituale alle Forze armate. A che punto è il lavoro della Commissione paritetica a ciò preposta? Stiamo lavorando alacremente e in maniera armoniosa per conservare il concetto di assimilazione ai militari, conformemente agli altri Paesi Nato. E come ho già ricordato, si prevede la riduzione di un quinto del numero degli ecclesiastici. Auspichiamo che il lavoro si concluda entro la fine di quest’anno. Non certamente alle calende greche, come qualcuno vorrebbe far credere.
Frigerio: su di noi gravi inesattezze. Serve chiarezza: «non c’è nessun privilegio». Parla il vicario generale dell’ordinariato militare in Italia: polemiche pretestuose. Marcianò: dono agli ultimi gran parte dello stipendio
«Perché pubblicare dati che non rispondono al vero? Se ce li avessero chiesti, glieli avremmo dati. Anzi glieli abbiamo anche offerti, perché sono di pubblico dominio e non c’è niente da nascondere. Ma non li hanno voluti». Di fronte all’ennesimo articolo «pieno di gravi inesattezze» sull’ordinariato militare italiano, monsignor Angelo Frigerio, allarga le braccia. Sconfortato, più che arrabbiato. Nell’ufficio del vicario generale dell’ordinariato le immagini di Papa Francesco e di celebrazioni liturgiche si alternano ai simboli militari. Una simbiosi che rispecchia anche l’esperienza dei 158 cappellani attualmente in servizio. Ma che evidentemente a qualcuno non va giù. «Ormai ci abbiamo fatto l’abitudine – afferma il sacerdote, parlando anche a nome dell’ordinario, monsignor Santo Marcianò –. Sembra quasi che “sparare” sulla diocesi dei militari italiani sia diventato uno sport nazionale. Occorre fare chiarezza». Bene, e allora cominciamo dalla questione dei gradi. È proprio necessario per un sacerdote averli? Guardi, i gradi nel mondo militare sono una sorta di password. Tutti ce li hanno: i medici, gli amministrativi, gli ingegneri, gli avvocati, i cuochi. Chiunque ha una funzione, ha un grado. Ma tutti fanno il loro lavoro. Così anche i cappellani. Hanno i gradi, ma fanno solo ed esclusivamente i sacerdoti. Certo, se si trovasse un’alternativa, si potrebbero anche togliere. Ma l’esperienza di 100 anni ci dice che sono necessari. E comunque si tratta di gradi per assimilazione. I cappellani cioè non hanno funzioni prettamente mi-litari, ma i gradi sono un modo per dire: 'Tu non sei un estraneo, sei uno di noi'. Come avviene nella maggior parte dei Paesi Nato. I gradi comportano però anche un’equiparazione di tipo economico. È vero che l’ordinariato costa allo Stato 2 milioni all’anno e i cappellani altri 18? È una cifra largamente gonfiata. Le spese correnti per l’ordinariato non superano i 200mila euro all’anno, non certo due milioni come è stato scritto. Noi non amministriamo denaro pubblico, nemmeno un euro, perché siamo sottoposti a controllo e gestione amministrativa sotto la responsa- bilità dell’amministrazione militare, guidata da ufficiali dirigenti che operano autonomamente rispetto all’assistenza spirituale offerta alle Forze armate. Per quanto riguarda gli stipendi, innanzitutto bisogna dire che il numero dei cappellani è in costante diminuzione. Erano 177 nel 2012, oggi siamo 158, mentre l’organico stabilito dalla legge ne prevede 204. Dunque la cifra di 10 milioni di soli stipendi, sbandierata da un organo di stampa (ammesso che sia esatta) va almeno decurtata di un quinto. Infine va ricordato che anche nella riforma attualmente in itinere il numero dei cappellani si attesterà intorno alle 160 unità, con un risparmio consistente, dato che saranno 'tagliati' i gradi più alti. E per quanto riguarda le pensioni? Anche in questo caso di tratta di una polemica pretestuosa e anticlericale. Perché i cappellani militari sono sottoposti, come tutti i cittadini italiani, alla legge Fornero che prevede il passaggio da un sistema di calcolo retributivo a quello contributivo. Dunque nessun privilegio. Altre critiche riguardano le indennità e gli straordinari. Un cappellano prende lo straordinario anche se celebra una Messa fuori orario? Non c’è alcun esborso di denaro pubblico legato ad azioni di natura religiosa o liturgica. Ma se si celebra in un orario diverso da quello di ufficio, occorre prevedere una copertura assicurativa a tutela di tutti i dipendenti (cappellani o non cappellani) coinvolti. Altrimenti, se qualcuno dovesse farsi male, potrebbero esserci serie conseguenze per il comandante che non ha provveduto. E per le missioni all’estero? È stato scritto che ci va solo una ristretta cerchia. Non è vero. Esiste un criterio di scelta molto semplice: parte il cappellano del reparto che viene inviato in missione di pace. E se egli non può, si tiene conto delle altre disponibilità espresse. Chi accompagna i nostri militari nelle missioni di pace, ne condivide in tutto e per tutto la vita, i disagi, i pericoli. Dov’è lo scandalo se percepisce anche la stessa indennità? Infine vorrei dire che anche per quanto riguarda le visite di idoneità, esse ci sono eccome. Le prevedono gli articoli 1549 e 1564 del Codice dell’ordinamento militare, emanato con decreto legislativo del 15 marzo 2010 n. 66. E sono rigorose come per tutti gli altri militari. Lei accennava alla riforma dell’assistenza spirituale alle Forze armate. A che punto è il lavoro della Commissione paritetica a ciò preposta? Stiamo lavorando alacremente e in maniera armoniosa per conservare il concetto di assimilazione ai militari, conformemente agli altri Paesi Nato. E come ho già ricordato, si prevede la riduzione di un quinto del numero degli ecclesiastici. Auspichiamo che il lavoro si concluda entro la fine di quest’anno. Non certamente alle calende greche, come qualcuno vorrebbe far credere.
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