Guido Miccinesi - .
«La pastorale della salute è integrata all’interno del sistema di cura e ne segue le regole, anche quando sono dolorose ». Guido Miccinesi, incaricato della pastorale sanitaria della Conferenza episcopale toscana, lavora come medico all’istituto per lo studio, la prevenzione e la rete oncologica della Toscana; come diacono invece svolge da anni servizio di assistenza spirituale ai malati, e collabora con religiosi e volontari che normalmente portano avanti le varie cappellanie ospedaliere nel Policlinico di Careggi, a Firenze. «Il cappellano ospedaliero – spiega – fa parte dell’organizzazione e purtroppo in questi giorni deve attenersi alle norme restrittive, evitando tutti quei comportamenti che potrebbero contribuire, involontariamente, a diffondere il contagio girando tra i reparti». Una limitazione non facile da buttar giù, proprio quando una parola di conforto o una benedizione sarebbero importanti.
«Capisco che per qualcuno non è facile accettare l’idea di non poter far visita ai malati: il fatto è che girare negli ospedali in questi giorni richiede una serie di attenzioni che per il personale sanitario sono ovvie, mentre preti, religiosi o volontari potrebbero non avere la necessaria preparazione». Il cappellano quindi interviene quando viene chiamato, per portare la Comunione o per l’estrema unzione: anche in questi casi, con una serie di accorgimenti non semplici da attuare. «Bisogna capire – spiega Miccinesi – che tutelare se stessi è necessario per tutelare anche gli altri: atti di eroismo, come visitare persone infette senza le dovute protezioni, diventerebbero pericolosi non solo per chi li compie, ma per tutte le persone con cui si entra in contatto».
È importante la presenza nelle cappelle ospedaliere, come segno: «Far vedere che lì c’è una luce accesa, una persona che prega». Poi ci sono le forme di apostolato a distanza: i volontari che frequentano la cappella del pronto soccorso di Careggi ad esempio si sono riuniti via internet per recitare insieme il Rosario; altri dicono insieme l’Angelus ogni giorno alle 12. Allo stesso modo, continuano i contatti con i malati. «Una persona che dovevo vedere come accompagna-mento spirituale ho potuto incontrarla con una videochiamata su WhatsApp. È stata una lunga chiacchierata, quasi tre ore, perché per la sua patologia di quando in quando si addormentava e io aspettavo che riprendesse. Ma è stato possibile e soddisfacente per entrambi».