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Non ci saranno le folle ad attendere la benedizione delle palme e degli ulivi, non ci saranno le processioni nell’aria frizzante d’inizio primavera in questa Domenica delle Palme. Nonostante le restrizioni, però, la Chiesa di tutto il mondo oggi volge lo sguardo in maniera particolare alle nuove generazioni, alle quali, come di consueto, è dedicata la solennità delle Palme. «Giovane, dico a te, alzati! (cfr Lc 7,14)» è il tema scelto da papa Francesco per la XXXV Giornata mondiale della gioventù, che molte diocesi hanno voluto celebrare ugualmente tra ieri e oggi anche attraverso eventi resi possibili dalle tecnologie digitali.
Quello che stiamo vivendo in questo tempo «ci chiama ad andare al cuore della questione cristiana – nota don Alberto Gastaldi, incaricato regionale di pastorale giovanile della Liguria –. La Settimana Santa, soprattutto quest’anno, ci pone di fronte al tema della sofferenza. Ecco perché oggi più che mai nasce forte la domanda su chi è Gesù, chi è Dio e chi siamo noi». D’altra parte nel suo messaggio per questa Gmg il Papa chiede ai giovani di non temere di affrontare il dolore e la sofferenza: parole che suonano profetiche.
Così come profetica appare la scelta di Giovanni Paolo II della croce come simbolo delle Giornate della gioventù. Ora, aggiunge don Gastaldi, dobbiamo «accompagnare i giovani nella scoperta di chi è Gesù per affidargli le nostre paure e le nostre ansie. Perché i ragazzi hanno bisogno di parlare dei propri timori e sappiamo che in famiglia non sempre è facile».
In queste settimane sta succedendo qualcosa di davvero inedito per la pastorale giovanile: «Le tecnologie digitali stanno dando la possibilità agli educatori e agli animatori di entrare nelle stanze dei loro giovani – racconta don Davide Abascià, incaricato regionale di pastorale giovanile della Puglia –. Si tratta di un’esperienza forte da un punto di vista educativo: mostrando le loro stanze, che spesso sono i loro rifugi sicuri, i ragazzi e i giovani mostrano un luogo che, simbolicamente, rappresenta la propria interiorità». Inoltre, aggiunge don Abascià, in questi giorni ci stiamo rendendo conto che «noi educatori abbiamo bisogno della presenza dei ragazzi: sta emergendo con evidenza, cioè, la reciprocità nell’aspetto educativo. E appare sempre più chiara tutta la nostra ansia dell’educazione assieme alla paura di “perdere” i ragazzi. Questo da un lato è sano, ma dall’altro rivela una fragilità, da cui partire per una crescita educativa e vocazionale: dobbiamo chiederci se crediamo che i ragazzi abbiano la fede oppure se siamo convinti che la fede gliela diamo noi solo quando organizziamo qualcosa per loro. Le tante iniziative cui hanno dato vita i giovani in queste settimane, soprattutto nel volontariato, ci dimostrano che non siamo noi a rendere protagonisti i ragazzi, noi dobbiamo solo saperci mettere al loro fianco e accompagnarli».
Intorno a noi, ma a volte anche dentro di noi, incontriamo realtà di morte: fisica, spirituale, emotiva, sociale. Ce ne accorgiamo o semplicemente ne subiamo le conseguenze? C’è qualcosa che possiamo fare per riportare vita? Penso a tante situazioni negative vissute da vostri coetanei. C’è chi, per esempio, si gioca tutto nell’oggi, mettendo in pericolo la propria vita con esperienze estreme. Altri giovani invece sono “morti” perché hanno perso la speranza. Quanti piangono senza che nessuno ascolti il grido della loro anima!
Papa Francesco Messaggio per la Gmg 2020
Don Paolo Sabatini, incaricato regionale per le Marche di pastorale giovanile, ricorda che «in questo momento stiamo raccogliendo la qualità delle relazioni che abbiamo coltivato finora. Perché spesso i rapporti che costruiamo sono resi labili dalla fretta degli impegni; in questo tempo “malevolo”, invece, abbiamo occasione per ridare valore alle piccole cose». Questa è una Gmg in cui «i giovani non si ritroveranno in massa – aggiunge don Sabatini – ma li raggiungiamo uno per uno, loro devono sapere che ne conosciamo il nome personalmente, che gli vogliamo bene, come Cristo. Per i giovani vivere in queste costrizioni è molto difficile e noi educatori abbiamo il compito di aiutarli a comprendere il senso del sacrificio».
Queste Palme vissute così, dice don Luca Ramello, incaricato regionale di pastorale giovanile di Piemonte e Valle d’Aosta, «stanno svelando quello che c’era già, che avevamo già coltivato, ma anche quello che siamo davvero in profondità. Anche come pastorali giovanili è un tempo di prova, che ci spinge ancora di più a metterci in rete, a scoprire nuovi linguaggi e a ravvivare la nostra creatività. Siamo oltre le abitudini, siamo su una strada nuova che mette in luce ciò che è davvero essenziale. La sfida più grande – aggiunge don Ramello – è quella di ripensare al futuro, a partire dalla vicina estate. Facciamo nostro l’invito del Papa ad “alzarci” e guardiamo avanti con coraggio».
Stesso invito viene da don Marcello Palazzi, incaricato regionale di pastorale giovanile dell’Emilia Romagna: «Non c’è solo da vivere nel migliore dei modi il tempo presente – sottolinea –, c’è un tempo futuro tutto da costruire, a partire dall’estate, da sempre periodo intenso per la pastorale giovanile. Dovremo lavorare di certo per trovare modalità alternative a quelle consuete. In Emilia Romagna ci siamo formati a lungo anche sull’uso delle nuove tecnologie, e tutto questo è stato utile. Ma poi bisognerà ripensare a ciò che questo tempo ci lascerà, rendendo omaggio anche a testimoni come don Paolo Camminati, sacerdote di Piacenza-Bobbio morto a causa del coronavirus: ha vissuto accanto ai giovani fino alla fine. A noi ora resta il compito di saperci “alzare” e costruire davvero una casa per il futuro con i giovani».