martedì 30 luglio 2013
​Il cardinale Dziwis racconta l'eredità del Papa beato, di cui fu segretario particolare. «La Gmg del 2016 nella città che ricorda Giovanni Paolo II, grande guida per i ragazzi».
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Una Giornata nel segno di tre Papi. Ispirata da Giovanni Paolo II, promossa da Benedetto XVI, confermata da Francesco. La decisione, annunciata domenica scorsa da Bergoglio, che la prossima Gmg sarà nel 2016 a Cracovia, in Polonia, ha in realtà radici più lontane. «L’idea – spiega il cardinale Stanislaw Dziwisz – è nata dalla sollecitazione di tanti gruppi, di moltissimi giovani, desiderosi di portare la Giornata nella città che ricorda Wojtyla, la loro grande guida spirituale. A Madrid – prosegue l’arcivescovo di Cracovia – abbiamo presentato la richiesta a Benedetto XVI che l’ha accettata, adesso Francesco l’ha fatta propria». Appena la notizia si è diffusa è scattata la festa. «Ho accolto con grandissima gioia la notizia – queste le prime parole del porporato –. Fra le molte iniziative pastorali di Giovanni Paolo II, le Giornate mondiali della gioventù sono tra le più riuscite, più ricche di conseguenze, più fruttuose. Il beato Papa fin dall’inizio aveva visto nei giovani “le sentinelle del mattino che vigilano all’alba del terzo millennio”». Nel 2016 verranno celebrati anche i 1050 anni del Battesimo della Polonia. L’altro rimando immediato è alla Gmg di Czestochowa, nel 1991. «Fu un evento – sottolinea l’ex segretario particolare di Wojtyla – capace di unire le gioventù dell’Occidente e dell’Oriente. L’augurio è che le Giornate abbiano sempre di più questo respiro universale, siano l’occasione per uno scambio di esperienze tra i ragazzi dell’Est e dell’Ovest, per un arricchimento reciproco». Rispetto ad allora probabilmente c’è meno differenza tra i giovani occidentali e orientali. «La globalizzazione si fa sentire anche da noi, i ragazzi polacchi sono uguali agli altri – prosegue l’arcivescovo di Cracovia –. Noi pastori cerchiamo di aiutarli ad approfondire meglio la figura e la grande eredità spirituale del futuro santo, così come gli insegnamenti e le testimonianze con cui Benedetto XVI e Francesco hanno arricchito e arricchiscono la Chiesa e la società». Oggi essere cristiano, cercare di vivere con coerenza la propria fede non è semplice. «Guardando a Francesco probabilmente per i giovani è un po’ più facile accettare la Chiesa e i suoi insegnamenti in capo morale e sociale – riflette Dziwisz –. È un Papa vicino alla gente, a cominciare da quella semplice e povera. Il suo programma, spiegato dalla scelta di chiamarsi come il santo di Assisi, è un invito a mostrare, a testimoniare la grande bellezza della Chiesa». «Andate senza paura, per servire», è l’invito rivolto domenica da Bergoglio alla gioventù riunita a Copacabana. Significa avere il coraggio di andare controcorrente. Francesco, come Wojtyla, chiede molto ai ragazzi. «Giovanni Paolo II ha sempre cercato di stare con i giovani, di conoscerli, soprattutto li amava e sperava in loro. Per questo era esigente – ricorda Dziwisz – e gli indicava ideali grandi. I ragazzi lo seguivano, perché sapevano di essere nel suo cuore». Un Papa giovane con i giovani, quindi. «Ascoltava le loro domande, vedeva la loro ricerca, li guardava con grande speranza. E cercava di indicargli la strada giusta, la via per una vita bella, riuscita, nel senso più profondo della parola». Un atteggiamento che adesso si ritrova in Francesco. «Assieme alla grande preparazione teologica e pastorale – prosegue l’arcivescovo di Cracovia – , il Papa sin dall’inizio del suo pontificato ha mostrato grande attenzione ai giovani, ha conquistato la loro fiducia. I ragazzi e le ragazze accolgono con gioia i suoi gesti e le sue parole. Grazie a Francesco sentono la Chiesa ancora più vicina». Ieri il Papa ha annunciato che spera di dichiarare santo Giovanni Paolo II nella Domenica della Divina Misericordia, la prima dopo Pasqua. Nel giorno che ricorda la grande devozione di Wojtyla. «Ho vissuto tanti anni accanto a Giovanni Paolo II e posso testimoniare che dentro di lui si sentiva un grande ardore spirituale, che poi si traduceva in una fede semplice e profonda – ricorda il porporato –. Si vedeva che viveva ogni giorno, ogni momento della sua vita in comunione con Dio che gli dava forza e pace. E alle esigenze di questa comunione ha sottomesso, ha dedicato tutta la vita». Com’era Giovanni Paolo II nel quotidiano?. «Un uomo molto normale – conclude il cardinale Dziwisz –, che cercava in ogni momento di servire Cristo che l’aveva chiamato a essere pastore della Chiesa universale. Gli piaceva stare con la gente, essere nella gioia con loro. E anche cantare, scherzare, praticare sport. Però chi l’ha conosciuto da vicino vedeva che dentro di lui c’era qualcosa di più profondo. Giovanni Paolo II ha sempre cercato la santità. Per questo invitava i giovani a "non aver paura di essere santi". Perché i santi fanno la storia».​
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