Dice «fratelli cardinali», non «signori» come si usa. Anzi, si usava. E da fratelli li tratta: con loro scherza, a loro ricorda un altro «fratello» che in quel momento sta in ospedale, insieme a loro posa per le foto ricordo che qualcuno insiste a scattare. Non vuole che si inchinino davanti a lui, e chi accenna a farlo lo rialza subito. Li abbraccia e bacia. Ridono insieme. E, quando parla loro, usa il noi: «Non cediamo al pessimismo», «noi, anziani, doniamo ai giovani la sapienza della vita».Papa Francesco che, due ore dopo la sua elezione, ha salutato la folla di piazza San Pietro – quella folla che tanto lo ha «emozionato» – con un semplicissimo «buonasera», in due giorni ha già lasciato il segno. Con il suo stile. E anche quello che, fino a ieri, era un incontro protocollare – il saluto del nuovo Pontefice al Collegio dei cardinali, è diventato una semplice, cordiale, festa di famiglia. Tra fratelli, appunto. Lui, il vescovo di Roma, vestito di bianco – sempre con la croce di ferro sul petto, e sempre senza mozzetta – e lì, davanti a lui, i cardinali; quelli, dice, che «qualcuno definisce "i preti del Santo Padre"».Il discorso di papa Francesco, che quando scende a salutare il cardinale Sodano, che gli ha appena porto il saluto a nome dei presenti, inciampa su un gradino e quasi cade – ma si riprende subito, da solo – questa volta è scritto. Ma a più riprese lo interrompe e aggiunge a braccio. Ricordando il gesto «coraggioso e umile» di Benedetto XVI, citando in tedesco il poeta Hölderlin; e altre aggiunte – anche a queste ci si dovrà abituare – sono i gesti, molto latini, che accompagnano le parole. Notati già al suo primo apparire sulla Loggia delle benedizioni, con quel «buonasera» accompagnalo dalla mano che si allarga, e ancora mercoledì durante l’omelia nella Sistina, indimenticabili quelle dita che descrivono lo sgretolarsi dei castelli di sabbia. Fino agli infiniti di ieri, prima nel discorso con le due affascinanti riflessioni sullo Spirito Santo e sulla vecchiaia, e quando parla del cardinale Mejia ricoverato «alla Pio XI», con la mano che spiega "sì, quella qui vicino", fino alle pacche sulle spalle dei "fratelli" porporati, al pugno chiuso che dice "forza!" al cardinale Caffarra, e, e, e...Un Papa da ascoltare con attenzione, ma anche da vedere, insomma. Le mani che fanno anche loro catechesi, e in un argentino di origini italiane non possono che essere molto espressive. Lo sono nel ricordare che «il Paraclito fa tutte le differenze nelle Chiese, e sembra che sia un apostolo di Babele. Ma dall’altra parte, è quello che fa l’unità di queste differenze non nella ugualità, ma nell’armonia». Nell’invitare a non cedere «mai al pessimismo, a quell’amarezza che il diavolo ci offre ogni giorno», perché «abbiamo la ferma certezza che lo Spirito Santo dona alla Chiesa, con il suo soffio possente, il coraggio di perseverare e anche di cercare nuovi metodi di evangelizzazione, per portare il Vangelo fino agli estremi confini della terra». Nell’osservare che, sì, la metà dei cardinali è ora nell’età della vecchiaia, ma questa «è la sede della sapienza della vita», e gli anziani «possono donare tanto anche ai giovani». E nel saluto finale, quando sente il bisogno di precisare che «con questi sentimenti - sono veri, eh? - con questi sentimenti, vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica».Quindi, in piedi, ha salutato uno per uno i cardinali, sfilati davanti a lui secondo l’ordine protocollare. Sodano, Bertone, Etchegaray e Tauran per primi, e via via tutti gli altri. Con la voglia di scambiare una parola con tutti, senza fretta, facendosi incontro a Ivan Dias, che si alza a stento dalla sedia a rotelle su cui è costretto a muoversi, scoppiando in vere e proprie risate con Dolan e Taigle (chissà che cosa si dicevano), facendo un cenno chiarissimo –
scrivimi – a Sherer che si sta allontanando, non dando il tempo a Bagnasco e Harvey di inchinarsi. Posando per le foto ricordo che non pochi gli chiedono, ringraziando Napier che gli regala un braccialetto realizzato da un sacerdote suafricano per i suoi giovani per l’Anno della fede. Nessun limite di tempo, nessuna pressione. Non è così, d’altra parte, che si fa tra fratelli?