martedì 6 settembre 2011
Educare la sfera affettiva al «per sempre», al farsi dono, alternativi alla mentalità d’oggi. Le relazioni del pedagogista Domenico Simeone e della teologa Ina Siviglia.
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Senza amore. Amore senza matrimonio. Matrimonio senza figli. Quella che viviamo oggi è la «cultura dei senza», un’epoca di «rapporti sessuali estemporanei fuori da ogni progetto di vita comune, convivenze, diminuzione del numero delle nascite, aumento delle relazioni tra omosessuali, pratica diffusa dell’aborto, separazioni, divorzi». Una «mentalità corrente» che avvolge la nostra società, e che, se da una parte «deve indurre ad analisi e riflessioni molto puntuali, evitando un moralismo esagerato», chiama la Chiesa a «una progettualità educativa che sappia accompagnare in maniera continuativa il bambino, il ragazzo, il giovane».Peccatori «trasformati» dal PaneÈ la fotografia del nostro «oggi affettivo» che Ina Siviglia, docente a Palermo alla Facoltà teologica dell’Italia meridionale, ha proposto ieri mattina al XXV Congresso eucaristico nazionale in corso ad Ancona, introducendo con Domenico Simeone, docente di Pedagogia all’Università Cattolica del Sacro Cuore, il tema della giornata. «Il fine – ha detto Siviglia ribadendo l’obiettivo dell’azione educatrice – è di condurre a una maturazione adeguata e responsabile della sfera affettiva», con un’attenzione specifica «ai numerosi adolescenti che vivono le prime esperienze sessuali, ai giovani che decidono di convivere piuttosto che celebrare il sacramento del matrimonio, alle giovani coppie alle prese con i problemi relativi alla morale coniugale, o a quanti fanno i conti con esperienze di tipo omosessuale, o ancora ai divorziati risposati». Tutti fenomeni «molto diffusi», rispetto ai quali, secondo la teologa, la tendenza nella Chiesa è «a pensare che l’Eucaristia sia per i "sani"», quando invece «le parole di Gesù dicono che non sono i sani che hanno bisogno del medico». E l’Eucaristia è proprio «il cibo dei viandanti, dei deboli, dei malati, dei peccatori che aspirano alla santità, cioè all’unione totale col Cristo morto e risorto», perché «il cibo eucaristico opera una vera e propria trasformazione, cambiando l’essere umano in tutte le sue componenti fisiche, psichiche e spirituali» e «conformando i credenti a Cristo».La difficoltà di scelte irreversibiliIl tema dell’affettività, che, subito dopo le lodi, era stato introdotto in apertura di giornata dalla lectio di don Gregorio Vivaldelli, è stato quindi sviluppato in chiave pedagogica da Simeone, secondo il quale è «l’incertezza esistenziale che qualifica la società contemporanea» ad aumentare «le difficoltà dei giovani a compiere scelte rilevanti e percepite dai soggetti come "irreversibili"». Così, se questi giovani sono «per certi aspetti determinati e autonomi», tale determinazione e autonomia, «che si manifesta quando si muovono sull’asse del presente, segna il passo allorché sono chiamati a sintonizzarsi sulla linea della continuità temporale». Simeone, che è anche presidente della Confederazione dei Consultori di ispirazione cristiana, ha poi osservato come «di fronte alla necessità di compiere scelte, l’autonomia cede il passo all’insicurezza», mentre «per far fronte alle esigenze di una prospettiva progettuale, i giovani hanno bisogno di orientamento, di qualcuno che insegni loro a mediare il desiderio». In questo senso, per il relatore, va riconsiderato il ruolo della famiglia perché, pur nelle «modifiche delle relazioni e dei vissuti al suo interno», il suo compito educativo «resta immutato», specie da parte dei genitori. Infatti «l’educazione è un dovere essenziale, perché connesso alla trasmissione della vita; originale e primario rispetto al compito educativo di altri soggetti; insostituibile e inalienabile, nel senso che non può essere delegato né surrogato». L’affettività, in questa prospettiva, rappresenta allora una «occasione» di sviluppo di un rapporto educativo, e ciò in quanto «l’esperienza dell’amore spinge i giovani ad uscire da sé per approdare al territorio dell’altro». Un «decentramento» che «permette di avvicinarsi all’altro, di conoscerlo, di comprenderlo e di amarlo», e che diviene «fecondo quando è aperto al dono e alla vita».
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