venerdì 28 aprile 2023
Intervista all'arcivescovo di Esztergom-Budapest: «L’accoglienza dei profughi ucraini, grande sfida per la nostra Chiesa»
Il cardinale Erdö

Il cardinale Erdö - Siciliani

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Alla vigilia del viaggio di papa Francesco in Ungheria Avvenire ha rivolto alcune domande al cardinale Péter Erdö, arcivescovo di Esztergom-Budapest. Il porporato, 70 anni, è pastore della capitale magiara dal 2002, dopo esserne stato ausiliare dal 2000. San Giovanni Paolo II gli ha imposto la berretta nel Concistoro del 21 ottobre 2003. Dal 2006 al 2016 è stato presidente del Consiglio delle conferenze dei vescovi d’Europa (Ccee).

Eminenza, papa Francesco sta arrivando a visitare il vostro Paese. Con quale spirito l’Ungheria e la Chiesa ungherese accoglierà il Successore di Pietro?

Aspettiamo il Santo Padre con grande gioia. La sua visita è un segno del suo affetto e della sua attenzione verso la Chiesa ed il popolo ungherese. Gli siamo molti grati per questa sua decisione.

Cosa si aspetta dal Papa l’Ungheria e quali sono le attese della Chiesa magiara?

Per i cattolici ungheresi, come abbiamo visto anche alla messa di conclusione del 52° Congresso eucaristico internazionale, il 12 settembre 2021, la presenza del Papa è stato un grande segno, un’occasione di incontrare Cristo anche mediante il suo vicario. Soprattutto la Santa Messa conclusiva è stata un’esperienza spirituale, ma anche fisica, della Chiesa universale. Cristo come capo che è presente nell’Eucaristia, il successore di Pietro che preside la celebrazione, vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, fedeli laici provenienti da tutto il mondo che formavano un’unità aperta al mondo, quasi un regalo del Signore all’umanità. Questa volta il Santo Padre fa una visita pastorale da noi, dove incontra le autorità pubbliche e i rappresentanti di tutte le categorie dei fedeli. Trasmette il senso che non siamo soli, ma apparteniamo alla grande famiglia di Cristo.

Come Chiesa, in che modo vi siete preparati?

Il tempo per la preparazione è stato piuttosto ridotto, circa due mesi nei quali si sono svolte anche le celebrazioni della Settimana Santa e della Pasqua. La Conferenza episcopale ha comunque approntato il testo di una preghiera, in cui si chiede che la visita di papa Francesco sia una fonte di grazia per la nostra Chiesa e per il nostro popolo. In preparazione della visita tale preghiera è stata recitata alla fine di ogni santa Messa in tutta la nazione. Abbiamo organizzato incontri preparatori con gruppi di poveri, di migranti, di giovani, e anche di universitari e uomini di scienza. Anche attraverso i mass media abbiamo pubblicato molti testi sulla vita e sul pontificato di papa Francesco anche sui luoghi dove incontrerà gli ungheresi. Inoltre sono anche state trasmesse serie televisive sulla vita e sulla testimonianza dei martiri ungheresi.

Per questo viaggio in che modo siete stati sostenuti dalle autorità civili? E più in generale come sono i rapporti con il governo, governo che per le sue iniziative politiche – ad esempio in ambito giudiziario e sulla questione gender – spesso viene criticato in ambito Europeo?

In tutte le questioni organizzative e di sicurezza siamo stati in stretta collaborazione con le autorità civili che sono state molto di aiuto. In questioni come l’apprezzamento della vita umana, della famiglia esiste un consenso notevole nella società. Negli ultimi decenni sono state restituite o trasmesse alle chiese numerose scuole, i costi di funzionamento delle quali sono completamente assicurate dallo Stato. Anche nel settore sociale esiste una notevole collaborazione. Per il finanziamento delle chiese esiste la possibilità di offrire l’uno per cento dell’Irpef, soluzione ispirata dal modello italiano.

Il Papa al Regina Coeli di domenica scorsa ha parlato del viaggio sottolineando che sarà una visita nel cuore dell’Europa, segnata dai venti gelidi della guerra e dalle urgenti questioni umanitarie sollevate dal fenomeno migratorio. Qual è l’atteggiamento della Chiesa e della società ungherese nei confronti dei problemi generati dalla guerra in Ucraina?

Dall’inizio della guerra in Ucraina, sono arrivati in Ungheria più di 1.500.000 di profughi. Il nostro paese ha meno di dieci milioni di abitanti. La sfida è grande anche se molti hanno continuato il loro viaggio verso l’Occidente, non pochi però sono rimasti in Ungheria. La nostra Chiesa attraverso la Caritas, l’Ordine di Malta, le organizzazioni diocesane e parrocchiali ha fatto il suo meglio per accogliere i rifugiati già al confine, assicurando loro vitto e alloggio, lavoro, istruzione per i bambini in diverse lingue. Inoltre i singoli fedeli e la Chiesa cattolica a livello nazionale hanno raccolto molte donazioni - soprattutto in alimenti e medicine - che sono stati mandati in Ucraina stessa.

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