mercoledì 18 gennaio 2012
​Da oggi fino al 25 gennaio la Settimana che ogni anno è il  cuore del cammino ecumenico. Parla don Battaglia, direttore dell’Ufficio Cei per il dialogo: dobbiamo lasciarci convertire, più ci avvicineremo a Gesù e più diminuiranno le distanze tra noi. (nella foto, celebrazione ecumenica in san Paolo fuori le Mura)
C'è solo la preghiera per ricomporre l'unità di Salvatore Mazza
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La settimana di preghiera per l’unità dei cristiani «non è un rito stanco». Anzi, anno dopo anno, la sua celebrazione «si estende a macchia d’olio sia in Italia che in altre nazioni». E questo fa ben sperare per il cammino futuro del movimento ecumenico. Don Gino Battaglia, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, inquadra così l’annuale appuntamento con l’ottavario di preghiera che inizia oggi e che quest’anno avrà come tema un versetto della I Lettera di San Paolo ai Corinzi: «Tutti saremo trasformati dalla vittoria di Gesù Cristo, nostro Signore».Don Battaglia, qual è l’importanza della Settimana di preghiera?Per tutti i cristiani penso sia l’importanza stessa della preghiera, che è fondamentale. In questi anni, accanto all’ecumenismo cosiddetto di vertice o teologico, si è affermato anche un ecumenismo spirituale, in cui la preghiera è centrale. Ecco, ritengo si possa dire che la Settimana che inizia oggi è il cuore di questo ecumenismo spirituale, ed è un cuore più che mai vivo e pulsante, che estende sempre più i suoi effetti benefici.Insomma, secondo lei, non c’è il rischio che diventi un rito stanco?Non solo non c’è questo rischio, ma anzi, pregare insieme per tanti anni ha contribuito a ridurre le distanze tra le diverse Chiese e i fedeli delle singole confessioni. La preghiera, infatti, trasforma, permette di fare memoria, crea sentimenti nuovi e produce amicizia. Ci sarebbe da chiedersi che cosa sarebbe stato l’ecumenismo senza questa Settimana. Mi viene in mente a questo proposito la metafora usata dal cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, in occasione del 50° anniversario di istituzione del Pontificio Consiglio per il dialogo.La può ricordare?È la metafora dell’aereo. Al suo decollo, tutti si accorgono della velocità e del movimento, poi, quando l’aereo raggiunge la quota di crociera, sembra quasi che sia fermo. L’ecumenismo, oggi, può dare questa impressione di stop, ma noi, fidando sulla parola di Gesù, sappiamo che prima o poi arriverà a destinazione.Quali sono stati i fatti importanti dell’annata ecumenica?Soprattutto la visita del Papa a Erfurt, «patria» di Martin Lutero, durante il suo viaggio in Germania. Un evento davvero storico che, personalmente, mi ha ricordato la visita di Giovanni Paolo II alla sinagoga di Roma. Sono sicuro che questa visita favorirà sviluppi altamente positivi tra cattolici e luterani, anche perché il Papa nel suo discorso ha riconosciuto la sincerità dei sentimenti di Lutero. Non è da sottovalutare anche l’accenno fatto dal Pontefice, durante il suo viaggio in Africa, ai nuovi movimenti che hanno basso profilo istituzionale e dogmatico, ma grande dinamismo. Realtà simili, tra l’altro difficilmente inquadrabili nel movimento ecumenico, se da un lato rischiano di portar via fedeli a tutte le Chiese storiche, dall’altro costituiscono una sfida anche per noi, a riscoprire un clima più caldo, una dimensione più popolare e una lettura più profonda della Parola nelle nostre comunità.Dato questo scenario, qual è lo specifico della Settimana di quest’anno?Lo specifico è il senso pasquale che si sprigiona dal tema. Tutti saremo trasformati dalla vittoria di Cristo, significa che tutti dobbiamo lasciarci convertire, perché è proprio in questa conversione il senso profondo della vittoria del Signore. Non si tratta di pensare l’ecumenismo secondo lo schema del ritorno a una unità in cui una Chiesa ingloba man mano tutte le altre, ma sforzarsi di procedere insieme verso il centro che è Cristo. Più ci avvicineremo a Gesù, più diminuiranno le distanze tra noi.Qual è il miglior modo di celebrare questa Settimana?Se posso dare un suggerimento, è quello di favorire i contatti a livello di base. L’ecumenismo non è mai solo un fatto "politico-diplomatico" o teologico, ma va calato nella vita concreta delle nostre comunità. Tra l’altro, in Italia, per effetto del fenomeno migratorio sta cambiando anche il volto del cristianesimo. Più delle metà degli immigrati sono cristiani e tantissimi appartengono ad altre Chiese. Se con loro non possiamo ancora godere della comunione dell’altare, almeno facciamo comunione intorno all’ambone, dividendo come fratelli la Parola che salva.
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