venerdì 21 maggio 2010
Testimoni di Cristo nella comunità politica il tema della tre giorni promossa dal dicastero vaticano «Troppo spesso alle urne i credenti mancano di coerenza con la  fede». Oggi l’udienza dal Papa.
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No alla fuga dei cattolici dalla politica. Anzi è necessario «operare da custodi e difensori della dimensione etica sia della democrazia, sia della stessa politica». Specialmente in considerazione della grande posta in gioco. E cioè da un lato gli «attacchi sfrenati» al «valore della persona umana, del matrimonio e della famiglia», dall’altro «le nuove questioni sollevate nell’ambito della bioetica». Tutto ciò, dunque, deve portare anche a «una fattiva presenza dei laici cattolici negli organismi legislativi». Il cardinale Stanislaw Rylko ha aperto così, ieri mattina, la plenaria del Pontificio Consiglio per i laici, dicastero che il porporato polacco presiede, e che fino a domani si occuperà del tema «Testimoni di Cristo nella comunità politica». Ieri i primi interventi, in attesa dell’incontro odierno con il Papa e anche le prime messe a punto di una questione sempre più cruciale nelle società del terzo millennio.Rylko, infatti, nel ricordare il «diritto-dovere» dei credenti «di partecipare attivamente e responsabilmente alla vita politica dei propri Paesi, senza complessi di inferiorità», ha messo anche in evidenza benefici e vulnerabilità del sistema democratico. «Se impostato correttamente – ha detto il cardinale – porta enormi vantaggi nella vita individuale e sociale, ma le derive totalitarie, provocate da agnosticismo e relativismo, sono reali». «Strana tolleranza – ha aggiunto Rylko – quella che non tollera voci che si chiamino fuori dal pensiero politicamente corretto».Ecco perché è necessario un rinnovato impegno dei cristiani nella vita pubblica. Eppure – ha fatto notare il porporato – anche tra i cristiani oggi si registra un sentimento di disaffezione per la politica, inquinata da corruzione, carrierismo, scandali morali». Inoltre, «alle urne troppo spesso i cattolici palesano mancanza di coerenza con la propria fede». La via d’uscita per il presidente del Pontificio Consiglio per i laici è la formazione, alla luce della Dottrina sociale della Chiesa – «bussola sicura in questo campo importante della testimonianza cristiana – di quanti da credenti intendono impegnarsi nella cosa pubblica.Una visione, questa condivisa anche da monsignor Rino Fisichella, rettore della Pontificia Università Lateranense, che non a caso ha richiamato l’importanza di non concepire in maniera individualistica l’impegno in politica degli uomini e delle donne che sono espressione della comunità ecclesiale. «Mi risulterebbe particolarmente difficile comprendere la vita di un cattolico impegnato in politica – ha detto il presule – senza il riferimento alla comunità cristiana». Il che non significa, come forse in maniera troppo semplicistica è stato riferito da alcune fonti di stampa, che i politici cattolici debbono prendere ordini dalla Chiesa e non dai partiti. La dinamica disegnata da monsignor Fisichella è al tempo stesso più profonda e più coerente con la visione dell’impegno politico che si trova proprio nella Dottrina sociale della Chiesa. «Il partito – ha fatto notare il rettore della Lateranense – non è la comunità cristiana e confondere i due spazi sarebbe fatale. L’adesione al partito non sostituisce (né mai potrebbe) l’appartenenza alla comunità cristiana nella quale si viene formati e dove l’impegno politico trova il suo vero riscontro come criterio di giudizio». Allo stesso modo «aver giurato sulla Costituzione non potrebbe mai impedire a un cristiano in politica di essere ugualmente fedele al Vangelo».Dunque «la comunità cristiana assicura al laico impegnato in politica il senso di appartenenza, senza della quale si dirada l’identità e l’impegno per il bene di tutti rischia di diventare solo un contributo per una lobby», ha spiegato Fisichella. E perciò, ha concluso, «quando la testimonianza personale diventa difficile e impervia, il riferimento alla comunità cristiana diventa per il credente in politica il punto di conforto e di sostegno. Egli sa che non sarà mai lasciato solo e comprende che la comunità ha bisogno del suo apporto per far giungere il Vangelo lì dove solo il laico può arrivare».
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