martedì 4 luglio 2023
L’arcivescovo Fernández rivela che all’inizio aveva detto no all’incarico perché impreparato sul tema degli abusi. Ma il Papa lo ha rassicurato: se ne occupa molto bene una Commissione di specialisti
Papa Francesco con Víctor Manuel Fernández

Papa Francesco con Víctor Manuel Fernández - © Vatican Media/Ag.Siciliani

COMMENTA E CONDIVIDI

Il compito fondamentale «è custodire l’insegnamento che scaturisce dalla fede per dare ragione della nostra speranza, ma non come nemici che additano e condannano». Nella lettera al neo prefetto Víctor Manuel Fernández, sabato scorso il Papa spiegava qual è il perimetro del Dicastero di cui l’arcivescovo argentino assumerà la guida a metà settembre. E lo stile che deve caratterizzarlo in questa stagione “nuova”.

A sottolinearlo è lo stesso monsignor Fernández in un post su Facebook con cui saluta la diocesi di La Plata di cui era pastore dal giugno 2018.

«Il Dicastero per la dottrina della fede – scrive il presule, 61 anni il prossimo 18 luglio – un tempo si chiamava “Sant’Uffizio” ed era il terrore di molti, perché si dedicava a denunciare errori, a perseguire gli eretici, a controllare tutto, arrivando persino a torturare e uccidere».

Ovviamente non avveniva sempre e «non era tutto così – aggiunge Fernández – ma questa è parte della verità» mentre il Papa evidenzia che «il modo migliore per prendersi cura della dottrina della fede è farne crescere la comprensione» perché «una crescita armoniosa preserverà la dottrina cristiana più efficacemente di qualsiasi meccanismo di controllo. Soprattutto se sappiamo presentare un Dio che ama, che libera, che solleva, che promuove le persone».

Ma nel post di saluto il neo prefetto rivela anche di aver inizialmente detto no all’incarico. Il Dicastero, infatti, «ha una sezione dedicata agli abusi sui minori, tema che ci ferisce e ci fa vergognare, e io non mi sento qualificato né ho avuto una formazione per guidare una cosa del genere».

Giorni fa – aggiunge Fernández –, quando era ricoverato, me l’ha chiesto di nuovo. Come rispondere di no? Ma lui mi ha facilitato le cose perché mi ha detto che non è necessario che io diriga le questioni relative agli abusi di minori, perché c’è un gruppo di specialisti che lo fa molto bene e che può lavorare in modo abbastanza autonomo. E che quello di cui aveva bisogno è un prefetto che potesse dedicare più tempo a quello che dà il nome al Dicastero: “la dottrina della fede”. Ciò significa che si promuova il pensiero cristiano, l’approfondimento delle verità della fede, lo studio dei grandi temi in dialogo con il mondo e con le scienze. Per questo – continua il prefetto – alla fine ho detto di sì».

Circa la lotta agli abusi, Fernández fa riferimento alla Costituzione apostolica “Praedicate evangelium” con cui, all’articolo 78, si stabilisce che presso il Dicastero sia «istituita la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori il cui compito è fornire al Romano Pontefice consiglio e consulenza ed altresì proporre le più opportune iniziative per la salvaguardia dei minori e delle persone vulnerabili». Un servizio che prevede l’assistenza a vescovi, conferenze episcopali e superiori degli istituti religiosi «nello sviluppare strategie e procedure opportune, mediante Linee guida, per proteggere da abusi sessuali i minori e le persone vulnerabili e fornire una risposta adeguata a tali condotte da parte del clero e di membri degli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, secondo le norme canoniche e tenendo conto delle esigenze del Diritto civile».

A tal proposito novità arrivano dalla Svizzera dove i vescovi hanno stabilito che l’indagine scientifica sugli abusi sessuali nella Chiesa cattolica elvetica proseguirà per altri tre anni, dal 2024 al 2026. Il via era avvenuto alla fine del 2021, nell’ambito di un progetto pilota promosso insieme dalla Conferenza dei vescovi svizzeri, dalla Conferenza centrale cattolica romana e dalla Conferenza delle unioni degli ordini religiosi e delle altre comunità di vita consacrata.

Si tratta di una ricerca indipendente, guidata da Monika Domman e Marietta Meier entrambe docenti all’università di Zurigo, sulla storia dello sfruttamento sessuale nell’ambito della Chiesa cattolica elvetica dalla seconda metà del XX secolo. I risultati di questa prima tranche di studi saranno presentati il 12 settembre quando sarà formalizzato anche il proseguito dell’indagine. «Tema centrale della ricerca – spiega una nota – è l’analisi delle strutture che hanno permesso gli abusi e che ne hanno reso difficile la denuncia e la sanzione». Lo studio, aggiunge la nota, ha luogo solo adesso perché mentre in diversi Paesi prima sono state effettuate le indagini e poi adottate le misure di prevenzione, in Svizzera è avvenuto il contrario.

Nello specifico sin dal 2002 la commissione di esperti «Abusi sessuali in ambito ecclesiale» si è impegnata a elaborare interventi efficaci e sviluppare strutture di denuncia. Nel 2016 è stato inoltre istituito un fondo per risarcire vittime i cui casi siano caduti in prescrizione e per cui gli autori dei delitti non possono più essere perseguiti penalmente.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: