La colomba della pace - Ansa
È davvero uno sguardo che si allarga al mondo la Giornata per la carità del Papa che si celebra domenica 26 giugno e che servirà a raccogliere le offerte per l’Obolo di San Pietro. Un appuntamento tradizionale, che quest’anno però, come ha scritto in un messaggio la presidenza della Cei, si colloca in un «contesto imprevedibile», dato dalla drammatica commistione tra i colpi di coda di una pandemia che non accenna a finire e la tragedia della guerra in Ucraina.
Perciò «abbracciare gli altri attraverso le mani del Papa è un gesto che realizza la pace – si legge nel Messaggio dei vescovi italiani pubblicato lo scorso 7 giugno – perché sostenendo la premura del Santo Padre per le innumerevoli situazioni di indigenza e di “scarto” mostriamo di aver capito di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme».
Le offerte che verranno raccolte in tutte le chiese italiane (al pari di quelle che in vari modi giungeranno dall’estero) serviranno ad alimentare il fondo dell’Obolo, che ha una duplice finalità. Da una parte il sostegno della missione universale del Successore di San Pietro il quale, come è noto, per questo scopo si avvale di un complesso di organismi che prendono il nome di Curia Romana e di oltre cento rappresentanze pontificie sparse in tutto il mondo, le nunziature apostoliche. Dall’altra il sostegno alle opere di carità del Papa a favore dei più bisognosi.
Basta dare un’occhiata al sito ufficiale www.obolodisanpietro.va per rendersi conto della vastità degli interventi effettuati in questi anni con l’impiego delle offerte, per quanto riguarda la finalità caritativa diretta. Due ambulanze per i bambini feriti dalla guerra in Ucraina, insieme con l’invio di materiale sanitario nel Paese martoriato dall’invasione russa. Sostegno ai migranti bloccati alla frontiera tra la Bielorussia e la Lituania, aiuti alle Filippine colpite da un ciclone e al Sud Sudan in seguito alle inondazioni. E ancora, pacchi di farmaci ai bambini del Foyer Nazareth, orfanotrofio alla periferia di Brazzaville, capitale della Repubblica del Congo. Sostegno alla popolazione di Haiti piagata da forti scosse di terremoto, o i cinquemila euro donati per la realizzazione di un pozzo ad Apeitolim, nella diocesi di Moroto, in Uganda.
In alcuni casi poi gli interventi hanno finanziato non singoli progetti o Stati ma organizzazioni internazionali. Come ad esempio i 25mila dollari stanziati a favore dell’Ifad, l’agenzia delle Nazioni Unite che lavora a fianco dei più poveri e combatte la fame e in tutto il mondo. L’elenco potrebbe continuare e comprende anche gli aiuti elargiti alle popolazioni dei cinque continenti nelle fasi più acute della pandemia.
Lo scorso 16 giugno la Santa Sede ha reso noti gli ultimi dati circa la raccolta dell’Obolo di San Pietro. Una colletta mondiale che nel 2021 ha sfiorato complessivamente i 47 milioni di euro (46,9 per l’esattezza). Per un raffronto, nel 2020 la raccolta aveva superato di poco i 44 milioni (44,1), dopo che dal 2015 al 2020, aveva ricordato in quell’occasione Juan Antonio Guerrero Alves, prefetto della Segreteria per l’Economia, l’Obolo aveva visto una diminuzione del 23 per cento. A contribuire nel 2021 sono stati per la maggior parte gli Usa (29,3%), seguiti da Italia (11,3%), Germania (5,2%), Corea (3,2%) e Francia (2,7%). La raccolta per Paesi ha coperto il 75% del totale, la quota restante proviene invece da fondazioni e istituti religiosi.
Sempre nel 2021, però, il fabbisogno per le due finalità dell’Obolo è stato pari a pari a 65,3 milioni di euro. Per cui i 18,4 milioni in eccedenza sono stati finanziati attingendo al patrimonio dell’Obolo stesso.