sabato 21 settembre 2013
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Monsignor Valter Danna è attualmente il vicario generale di Torino ma fino al febbraio 2012 ha seguito, su incarico del cardinale Severino Poletto che guidava l’arcidiocesi subalpina, un dialogo con alcuni gruppi di omosessuali credenti per riflettere sul tema di una pastorale adeguata alle persone con diverso orientamento sessuale. Frutto di questo dialogo è stato anche un piccolo vademecum, un sussidio per l’accoglienza e l’accompagnamento spirituale delle persone omosessuali nelle comunità cristiane. A monsignor Danna Avvenire ha chiesto di intervenire sulle parole offerte da Papa Francesco su questo delicato tema. «Le indicazioni del Pontefice sono molto importanti – dice monsignor Danna – anche perché purtroppo non pochi operatori pastorali, non pochi sacerdoti confessori, per diversi motivi, non sono granché preparati per affrontare questi casi».È necessario quindi conoscere bene la tematica?Certamente, così si evita di dare consigli affrettati. Di spaventarsi o di dire che va tutto bene, con la proposta di soluzioni o lassiste o rigoriste che, come dice il Papa, sono entrambe sbagliate.E poi?È necessario un serio accompagnamento spirituale. Tra chi si rivolge alle nostre comunità ci sono quelli che lo fanno per un semplice sfogo. Ma ci sono quelli che hanno un serio desiderio di ricerca di Dio. E comunque prima di essere omo o eterosessuali sono figli di Dio, sono persone che hanno una domanda di fede e in quanto tali vanno accolte. È questo che ci ricorda giustamente il Papa. In questo senso è sempre molto importante da subito stare attenti al linguaggio che si usa.In che senso?Bisogna evitare parole che possono ferire. Come parlare di omosessualità come malattia da curare. O come, forse, insistere troppo su una terminologia come quella di peccato contro natura.È importante anche stare attenti alle famiglie di queste persone omosessuali...Certamente. La prima cosa da fare è rassicurarli che loro non hanno nessuna colpa di cui sentirsi responsabili.Nel vademecum da lei curato si danno poi altre indicazioni pastorali.Innanzitutto si ricorda che siamo tutti, etero ed omosessuali, sotto la proposta di un cammino di salvezza e santità. Poi si sottolinea che bisogna accogliere, ascoltare e comprendere le storie e le situazioni che si incontrano. Ed è ovvio che se accolgo e comprendo non vuol dire che accetto tutto però mi pongo in un atteggiamento, come dice il Papa, di non giudizio. E in questo ambito è necessario ricordare sempre che la persona non si può definire semplicemente etero od omosessuale, il concetto di persona è più ampio. Laddove è possibile poi si può proporre un cammino di castità. Con un percorso per così dire a tappe e non chiedendo immediatamente quello che appare impossibile. Questo cammino poi comprende la proposta del sacramento della penitenza e l’inserimento vivo nelle attività parrocchiali.Questa prospettiva vale quindi per le persone omosessuali che hanno un desiderio di cammino spirituale...Proprio così. Come ci dice il Papa se un omosessuale si sente cristiano e vuole appartenere alla comunità cristiana nessuno di noi può e deve allontanarlo puntando il dito verso di lui o esigere da lui immediatamente quello che magari per nessuno di noi è possibile in altri campi. Ma deve impegnarsi per accoglierlo e accompagnarlo senza pregiudizi o giudizi affrettati.
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