mercoledì 12 maggio 2010
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La bontà di Dio «è sempre l’ultima parola nella storia». Là dove c’è il male, infatti, anche quando questo «attacca dall’interno», noi sappiamo che «sempre anche le forze del bene sono presenti e che finalmente il Signore è più forte del male, e la Madonna è per noi la garanzia». Così, oggi che «in modo terrificante» vediamo come «gli attacchi al Papa e alla Chiesa» vengono «non solo da fuori» ma «proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa», ciò che occorre capire è come «la Chiesa ha profondo bisogno di reimparare la penitenza, accettare la purificazione, imparare il perdono ma anche la necessità della giustizia».In volo da Roma a Lisbona, Benedetto XVI dimostra, una volta di più, di non aver paura di chiamare le cose con il loro nome, di ribadire che «la più grande persecuzione alla Chiesa non viene dai nemici di fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa». E nella ormai consueta conversazione coi giornalisti al seguito del suo quindicesimo viaggio internazionale inquadra in quei termini lo scandalo degli abusi sessuali sui minori da parte di preti e religiosi, che sta attraversando dolorosamente diversi Paesi e riguardo al quale, in più riprese, egli stesso ha invitato alla purificazione e al rinnovamento. Legando tutto questo, a dieci anni dalla decisione di papa Wojtyla di renderla pubblica, alla terza parte del «segreto» di Fatima, perché proprio la scoperta che le «sofferenze» possono venire anche dall’interno della Chiesa «è la novità che oggi possiamo scoprire in questo messaggio».Infatti, ha spiegato facendo esplicito riferimento alla presentazione del cosiddetto «terzo segreto» da egli stesso fatta nel 2000, «oltre questa grande visione della sofferenza del Papa, che possiamo in sostanza riferire a Giovanni Paolo II sono indicate realtà del futuro della Chiesa che a mano a mano si sviluppano e si mostrano». Cioè, ha aggiunto, «è vero che oltre il momento indicato nella visione, si parla, si vede la necessità di una passione della Chiesa, che naturalmente si riflette nella persona del Papa, ma il Papa sta nella Chiesa e quindi sono sofferenze della Chiesa che si annunciano. Il Signore ci ha detto che la Chiesa sarà per sempre sofferente, in modi diversi fino alla fine de mondo. L’importante è che il messaggio, la risposta di Fatima, sostanzialmente non va a situazioni particolari, ma è la risposta fondamentale, cioè conversione permanente, penitenza, preghiera, e le virtù cardinali, fede, speranza carità».Detto della sua «gioia» di recarsi a Fatima, «che per me è un segno della presenza della fede, che proprio dai piccoli nasce una nuova forza della fede che non si riduce ai piccoli ma che ha un messaggio per tutto il mondo, in tutta la storia», nella sua conversazione coi giornalisti il Papa, parlando della situazione della Chiesa in Portogallo, è tornato a insistere sull’esigenza di «integrare fede e razionalità moderna in un’unica visione antropologica». Se infatti, ha detto, «la presenza del secolarismo è una cosa normale», la «separazione» o, meglio, la «contrapposizione tra fede e secolarismo è anomala. La grande sfida di questo momento è che i due si incontrano, così che trovino la loro vera identità. È una missione d’Europa e la necessità umana in questa nostra storia».Benedetto XVI si è poi soffermato sulla crisi economica che rischia di minare la stabilità stessa dell’Europa comunitaria. E, prendendo spunto dalla Dottrina sociale della Chiesa che invita il positivismo economico a entrare in dialogo con una visione etica dell’economia, il Papa ha anche ammesso come «spesso» la fede cattolica abbia lasciato, in passato, le questioni economiche al mondo pensando solo «alla salvezza individuale». «Tutta la tradizione della Dottrina sociale della Chiesa», ha spiegato il Pontefice, «nonostante la famosa nuvola su cui siamo», alludendo alle polveri del vulcano islandese, «va nel senso di allargare l’aspetto etico e della fede, oltre l’individuo, alla responsabilità del mondo, a una razionalità "performata"’ dall’etica». D’altra parte, ha concluso, «gli ultimi avvenimenti sul mercato in questi ultimi due-tre anni hanno dimostrato che la dimensione etica è interna e deve entrare nell’interno dell’agire economico. Solo così l’Europa realizza la sua missione».
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