giovedì 17 febbraio 2011
Il segretario generale della Cei, in un intervento alla Commissione Presbiterale italiana, ha ribadito che ai «chierici» è vietato secondo il diritto canonico la partecipazione diretta all'esercizio del potere civile, ma certo non quella di edicare il laicato all'impegno sociale. Mentre la Chiesa deve però mantenere una «riserva critica» rispetto a ogni sistema politico, ovvero «da ciò che non può mai assumere valore assoluto, perché relativo e contingente».
COMMENTA E CONDIVIDI
"Ciò che la Chiesa cerca non è diventare una forza alternativa o una proposta organizzativa specifica della società rispetto ad altre, ma piuttosto contribuire al bene intero della persona e della società". Lo afferma il segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata, che ha ribadito oggi il "divieto ai chierici di assumere uffici pubblici, che comportano una partecipazione all'esercizio del potere civile" ricordando, in un intervento alla Commissione Presbiterale italiana, che il Codice di Diritto canonico prevede che i sacerdoti "non abbiano parte attiva nei partiti politici". "Non c'è dubbio - ha osservato Crociata - che si tratti di indicazioni negative e limitative, dalle quali il discorso apparirebbe chiuso ancor di prima divenire avviato", ma, ha aggiunto, può esservi un rapporto fecondo "tra il ministero presbiterale e l'impegno civico" soprattutto per quanto riguarda la formazione dei laici all'impegno sociale e politico. Da parte sua, ha concluso Crociata, la Chiesa deve però mantenere "una riserva critica che non è opposizione all'uno o all'altro sistema, bensì distanza sistematica da ciò che non può mai assumere valore assoluto, perché relativo e contingente nella ricerca umana di una soluzione sempre migliore circa il modo di organizzare lavita dell'uomo nel mondo".
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: