Basta aprire il Vangelo di Luca per incontrare l’immagine di Cristo ospitale che accoglie e risana, tanto cara a san Giovanni di Dio, l’apostolo degli infermi che si ricorda l’8 marzo. Eppure, come ha sperimentato fra’ Gian Carlo Lapic, che del fondatore dell’ospedale moderno ha abbracciato il carisma facendosi frate nei Fatebenefratelli, le radici dell’ospitalità nella teologia morale sono molto meno scoperte di quel che si creda.
Questa è stata la prima sorpresa incontrata durante lo studio di dottorato concluso nei giorni scorsi presso la Pontificia Università Gregoriana su “Filoxenía/ hospitalitas nella prospettiva etico-teologica come dimensione costitutiva dell’agire morale cristiano”. «L’argomento è stato ripetutamente arato dai biblisti e dagli antropologi – spiega il religioso – ma molto meno dai mora-listi, e non solo perché l’ospitalità, intesa come ricerca del bene dell’altro e specificamente della sua incolumità, non è una realtà esclusivamente cristiana. Siamo di fronte a un fenomeno che preesiste nel vissuto degli uomini e che discende sempre da una relazione interumana: queste due dimensioni, il magistero che nasce dal vissuto quotidiano della fede e la relazione intersoggettiva sono molto valorizzate oggi, particolarmente con papa Francesco, ma per molto tempo l’ospitalità, come scrive Janzen, non ha avuto un ruolo di primo piano nel lessico teologico- etico tradizionale».
Per contro, l’argomento ha interessato molto i filosofi. Lo conferma il frate della provincia lombardo veneta dei Fatebenefratelli: «Secondo Emmanuel Lévinas, se non si postula l’accoglienza reciproca non si può parlare dell’umano e ogni chiusura all’altro si declina inevitabilmente in violenza verso il diverso».
Tuttavia la fede cristiana fa un passo in più. «La Sacra Scrittura trascrive cristianamente questo valore umano e lo trasforma in uno “stile ospitale” con cui la Chiesa è chiamata ad abitare il mondo. L’ospitalità diviene cura e custodia dell’umanità sofferente, come ha ben interpretato san Giovanni di Dio, e questa precisa responsabilità del cristiano discende dalla sua fede in Gesù». In base allo studio, che sarà prossimamente pubblicato dai Fatebenefratelli, il progressivo affermarsi del tema negli studi biblici li ha portati a individuare l’ospitalità come uno tra i principi fondamentali nell’ermeneutica complessiva dell’annuncio di Gesù, del pensiero e della prassi della Chiesa primitiva. Al tempo stesso, l’accoglienza ospitale oggi è percepita come un valore umano moralmente sempre più urgente. «Informare la coscienza credente sul valore dell’ospitalità è di primaria importanza tra i compiti ecclesiali: rientra in quel quadro che il Concilio Vaticano II definisce come discernimento dei “segni dei tempi”» sottolinea fra’ Lapic.
Se, argomenta il religioso, «l’esperienza dell’ospitalità dischiude la possibilità che il Signore possa essere incontrato e riconosciuto da chiunque, l’accoglienza ospitale biblica non si può ridurre a un gesto filantropico e solidale, ma diventa sempre un’offerta fatta a Dio come segno di comunione: il fratello accolto è sempre l’epifania di Cristo secondo le Scritture. Le due attese, quella del fratello che arriva e quella del Cristo veniente nella parusia, sono due eventi concomitanti che animano l’agire morale del credente.
La libertà dell’uomo è capace di aprirsi alla gratuità che Dio le dona, oppure chiudersi nella sua autosufficienza inospitale. Analogamente, il fondamento cristologico dell’ospitalità si articola come accoglienza incondizionata di Gesù di ogni esistenza umana e quello escatologico ci ricorda che tutti i credenti in Cristo sono pellegrini e stranieri, chiamati a partecipare al medesimo destino con compassione e solidarietà ».