Il colpo d’occhio è impressionante: nella tabella che elenca i 13 Paesi del mondo più intolleranti le frecce nere sono quasi tutte all’ingiù. Vuol dire che i cristiani oggi soffrono più che in passato. Che la fede che professano costa loro crescenti discriminazioni (come in Pakistan), lavori forzati (in Corea del Nord), violenze (in India), confische (in Turchia), persecuzioni (in Sudan)… Crimini che Avvenire documenta quotidianamente nelle sue cronache, ma che non trovano altrettanta eco nelle preoccupazioni dei governi occidentali.
È la denuncia contenuta nel rapporto “Perseguitati e Dimenticati”, presentato a Milano dalla onlus Aiuto alla Chiesa che soffre e riferito al triennio 2015-1017. E risuonano ancora le parole di papa Francesco, nell’omelia di giovedì a Santa Maria Maggiore a proposito dei cristiani delle Chiese orientali, che sperimentano la diaspora e il dramma delle persecuzioni: «Nessuno può chiudere gli occhi».
Lo studio di Acs li fa aprire eccome, gli occhi, con le storie crude di chiese saccheggiate in Siria, di Dorkas Zakka, assassinata nella sua casa in Nigeria la notte di Pasqua insieme ad altri 11 fedeli, del giovane Akash Bashir ucciso a Lahore, in Pakistan, mentre cercava di sventare un attentato suicida nella chiesa di Saint John. Di Elias, legato mani e piedi a una croce dai miliziani del Daesh a Raqqa, in Siria, perché non aveva pagato la tassa islamica imposta ai cristiani, e salvo solo per puro caso.
E in alcuni casi le violenze diventano tentativo di distruggere la presenza di una intera comunità. È nota la vicenda di Aleppo, in Siria, dove il numero di fedeli è precipitato da 150mila ad appena 35mila: a causa della guerra, certo, ma anche di una precisa strategia dei gruppi estremisti di sradicamento della presenza dei cristiani dall’area mediorientale, così come in alcune zone dell’Egitto, dell’Eritrea e della Nigeria.
I Paesi presi in esame da Acs sono 13 (Cina, India, Iraq, Pakistan, Siria, Sudan, Turchia, Egitto, Eritrea, Iran, Nigeria, Arabia Saudita e Corea del Nord); in alcuni le persecuzioni contro i cristiani arrivano dallo Stato, in altri da gruppi terroristici. Il rapporto non presenta dati statistici, ma numerosi episodi documentati di violenza a ragione della fede, significativi di un clima di intolleranza e odio in crescita che porta l’Associazione a concludere che «la persecuzione contro i cristiani è più grave oggi che in qualsiasi altro periodo storico».
In 11 dei 13 Paesi esaminati la situazione è peggiorata. In Cina, ad esempio, il livello di intolleranza nei confronti dei cattolici e del clero fedele a Roma è aumentato. Anche l’India è passata di livello, con 316 «incidenti» tra gennaio e fine maggio 2017 che hanno visto i cristiani come vittime: stupri, incendi di villaggi, un pastore ridotto in coma dopo un pestaggio. La vittoria del partito conservatore Bjp nelle elezioni del marzo 2017 ha dato nuovo fiato all’odio: «In questi mesi sempre più villaggi cristiani si sono visti negare l’accesso al riso, al grano, allo zucchero e altri beni alimentari offerti come sussidi in base alla Legge nazionale per la sicurezza alimentare del 2013».
E dunque «il tempo di salvare i cristiani dalla persecuzione è ora o mai più». L’Occidente finge di non vedere che la pluralità in alcune aree del mondo – ad esempio in Medio Oriente, nel subcontinente indiano, in Africa – sta lasciando il posto alle monoculture e che la stessa presenza di cristiani è a rischio. Una prospettiva che non deve preoccupare solo i cristiani, ma «tutti coloro che hanno a cuore la diversità e la tolleranza». E i Paesi occidentali sono chiamati a non sacrificare i diritti delle minoranze sull’altare delle alleanze economiche.