mercoledì 3 maggio 2023
Nella festa del santo, nella Piccola Casa della Divina Provvidenza, l'arcivescovo Repole ha inaugurato un nuovo itinerario di visita nei luoghi abitati dal fondatore
Padre Arice (a sinistra) in dialogo con l’arcivescovo Repole

Padre Arice (a sinistra) in dialogo con l’arcivescovo Repole

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Una doppia festa il 30 aprile alla Piccola Casa della Divina Provvidenza di Torino, culla della cura – del corpo e dello spirito - dei malati, dei poveri e degli esclusi.

La memoria liturgica del santo fondatore Giuseppe Benedetto Cottolengo è stata infatti solennizzata dalla presenza dell’arcivescovo della diocesi subalpina e vescovo di Susa, Roberto Repole, che ha celebrato la Messa e al termine ha inaugurato il nuovo percorso storico nelle stanze abitate dal santo e dai suoi primi collaboratori. Si tratta del primo nucleo della Piccola Casa della Divina Provvidenza che il Cottolengo aprì nel quartiere Borgo Dora, dove sorge oggi, nell’aprile 1832, dopo che fu costretto a chiudere, a causa del colera che dilagava a Torino, l’«Ospedaletto della Volta Rossa», che aveva aperto in una altra zona della città 4 anni prima. Un primo nucleo di un’opera di accoglienza e cura dei poveri che ai tempi non godevano di alcun diritto all’assistenza, che oggi copre una superficie di 112 mila metri quadrati ed è il frutto di un carisma che, nella sequela del motto paolino “Charitas Christi urget nos”, ha generato sacerdoti, religiose, fratelli consacrati, volontari laici che operano in tutto il mondo.

Gli oggetti del santo, quegli spazi che lo videro impegnato a pensare e progettare accoglienza e cura affidandosi all’opera della Divina Provvidenza, diventano così ora visitabili per chi varca le soglie della Piccola Casa per approfondire il carisma cottolenghino. « Fare memoria di una persona come san Giuseppe Benedetto Cottolengo, un prete di Torino – ha sottolineato l’arcivescovo Repole visitando le stanze – è radicarsi nel modo in cui ha letto il Vangelo, lo ha interpretato, l’ha vissuto e l’ha consegnato a noi». «Un nuovo percorso dunque », sottolinea il superiore generale dei cottolenghini padre Carmine Arice, «che ci aiuta ad andare alle radici per una rinnovata fedeltà al carisma cottolenghino: non intendiamo, infatti, fare archeologia, ma ritrovare motivazione, a partire dalle origini, per vivere nel presente la mission dell’opera fondata dal Cottolengo». Il percorso storico si sviluppa su sei camere al primo piano che sono state arricchite con numerosi ricordi del fondatore e dei suoi primi collaboratori. Nel medesimo piano si trova anche la stanza dove è vissuto e morto il beato Francesco Paleari, sacerdote cottolenghino. Il progetto prevede in futuro anche il recupero della farmacia storica della Piccola Casa al pian terreno. Nei ricordi esposti si trovano oggetti che aiutano a comprendere l’attenzione che il santo aveva verso i poveri: «ci sono poi gli oggetti », prosegue padre Arice, «che il santo utilizzava per l’Unzione degli Infermi: significativo, in quanto il Cottolengo aveva riservato a sé l’accompagnamento dei morenti nella Piccola Casa».

Una cura ancor oggi profetica. « Il Cottolengo», ha sottolineato Repole, « non ha avuto paura di guardare alle infermità e ai dolori degli uomini perchè era collocato nella vita, nella vita in abbondanza, e non a caso ha invitato tutti a fidarsi della Provvidenza di Dio, cioè il Dio vivo che non lascia cadere nella morte nessuno. Nella sua compagnia, nella sua testimonianza continuiamo allora a collocarci nell’unica nostra Casa, il Padre, che dà vita e dà vita in abbondanza».

Per prenotare le visite si può scrivere alla mail: veniteevedetecottolengo@gmail.com



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