mercoledì 29 novembre 2023
Dopo la mancata approvazione della traduzione del principale libro liturgico, l’arcivescovo di Udine, Mazzocato, fa chiarezza sulla questione: «Solo un cavillo tecnico. L'iter proseguirà»
Il duomo di Venzone, simbolo della rinascita dopo il terremoto. Uno dei luoghi dove il friulano è usato nella liturgia

Il duomo di Venzone, simbolo della rinascita dopo il terremoto. Uno dei luoghi dove il friulano è usato nella liturgia - -

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Perché i friulani vogliono un Messale nella loro lingua? E perché la Conferenza episcopale italiana ha bocciato il testo? Fuori dai confini delle diocesi di Concordia-Pordenone, Udine e Gorizia il caso potrebbe sembrare solo una piccola “bega” territoriale, ma in realtà dietro alla vicenda del Messale friulano c’è un lungo e complesso cammino, che testimonia una Chiesa impegnata prima di tutto nell’inculturazione del Vangelo e nella composizione delle differenze come via per costruire la pace. A mettere un po’ di chiarezza sul tema è l’arcivescovo di Udine, Andrea Bruno Mazzocato, che legge la mancata approvazione del Messale in friulano nel corso dell’ultima Assemblea generale della Cei, come un intoppo inaspettato dovuto a motivazioni tecniche attorno al meccanismo della votazione, ma non uno stop definitivo su un lavoro portato avanti per molti anni con passione, dedizione e competenza.

L'arcivescovo di Udine, Andrea Bruno Mazzocato

L'arcivescovo di Udine, Andrea Bruno Mazzocato - -

Eccellenza ma perché per i friulani è così importante avere un Messale nella loro lingua?

Da un punto di vista liturgico si tratta del naturale completamento di un percorso che è partito 50 anni fa, nell’immediato post Concilio, e che ha portato prima alla traduzione friulana della Bibbia pubblicata nel 1997 e poi all’introduzione dei Lezionari domenicali e festivi nel 2001. Un cammino che si inserisce in una tradizione antica, che porta con sé preghiere e canti in friulano da sempre appartenenti al patrimonio popolare. Il riconoscimento del friulano come lingua di minoranza da parte dello Stato, poi, ha messo in evidenza tutto il valore della cultura friulana su un territorio, che ha fatto della pluralità, anche linguistica, una propria cifra distintiva. Ciò che forse da fuori si fa fatica a capire è che in Friuli, terra di confini e casa per una varietà di lingue e dialetti, la percezione della diversità come ricchezza è assolutamente normale. È una cosa che ho capito anch’io arrivando dal Veneto 14 anni fa: in questo tempo potremmo dire che mi sono “incarnato” anch’io in questa terra con tutte le sue sfaccettature e ho imparato a cogliere le risonanze particolari che porta con sé il friulano, in particolare nella preghiera, nel canto e nella liturgia. Per i friulani poter usare il Messale nella loro lingua significa dare piena cittadinanza nella celebrazione alle tante sfumature della loro lingua madre, pur rimanendo in piena fedeltà ai testi ufficiali della Chiesa. D’altra parte, anche nel resto d’Europa alcune lingue di minoranza hanno pieno riconoscimento nella liturgia.

Ci può dire cosa è successo durante l’Assemblea Cei e come mai il testo non è stato approvato?

Per prima cosa va detto che il Messale in friulano è il frutto di un lavoro serio e approfondito, portato avanti da un’équipe competente e sostenuto anche dal vescovo di Concordia-Pordenone, Giuseppe Pellegrini, e dall’arcivescovo di Gorizia, Carlo Roberto Maria Redaelli, assieme alle loro comunità. Quello che è successo durante l’Assemblea della Cei, chiamata ad approvare il testo presentato, a mio parere è più una questione numerica che di merito. Il regolamento, infatti, prevede per l’approvazione i due terzi dei voti a favore, prendendo come base tutti gli aventi diritto, cioè tutti i vescovi della Cei, non solo i votanti presenti. L’assenza alla votazione del 15 novembre per diversi motivi di una cinquantina di vescovi ha giocato un ruolo determinante: alla fine, infatti, i voti favorevoli sono stati 114 sui 226 aventi diritto (i votanti sono stati 173). Si tratta comunque della maggioranza assoluta ma sono mancati 37 voti per arrivare alla maggioranza qualificata richiesta.

Ma ci può essere stato anche qualche altro fattore a influire sui voti contrari?

Secondo me la questione principale è stata solo quella dei numeri, anche se, provo a ipotizzare, forse qualcuno aveva capito che si votasse sul friulano come lingua liturgica. In realtà la votazione riguardava solo l’approvazione della traduzione: si trattava di confermare la fedeltà della traduzione friulana all’Editio typica (quella universale in latino del rito romano) e al Messale italiano. Come ho detto, infatti, il friulano è già lingua liturgica, avendo i propri Lezionari da anni.

La votazione in Assemblea segna la fine di un percorso?

In realtà dalla votazione usciamo con l’appoggio della maggioranza dei vescovi italiani, anche se per il regolamento non è sufficiente per una piena approvazione. Inoltre, anche la presidenza Cei, il Consiglio permanente, la Commissione episcopale per la liturgia e l’intera Conferenza episcopale del Triveneto si sono espressi in modo del tutto favorevole al Messale in friulano.

Quindi che succede ora?

Partendo dalla constatazione che l’ultima parola spetta al Dicastero per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, stiamo valutando tutte le possibilità che abbiamo nella prosecuzione dell’iter per arrivare a un risultato positivo. E lo stesso presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi, ha dichiarato la sua disponibilità ad aiutarci nel considerare tutte le strade possibili. Insomma, anche se speravamo di essere arrivati, non vogliamo rinunciare ad avere un testo approvato che arricchisca le Messe nelle comunità di lingua friulana.

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