Il Consiglio dei giovani del Mediterraneo davanti al Duomo di Firenze - Gambassi
A 27 anni Marina Nasrat Francis Nimro non era mai salita prima d’ora su un aereo che avesse come destinazione l’Europa. Una laurea in design, vive a Baghdad. «Non è facile avere il visto», racconta mentre sistema un ingombrante cappello azzurro portato dall’Iraq. Siede fra i banchi del Consiglio comunale di Firenze, nella sala dei Duecento, cuore politico di Palazzo Vecchio. Con lei i ragazzi arrivati da diciotto Paesi che legano i loro nomi al Mediterraneo. Ci voleva la profezia di pace del sindaco “santo” Giorgio La Pira, insieme all’impegno dei vescovi del bacino e alla lungimiranza della Cei che li ha radunati due volte, per portare Marina dall’altra parte del mare, sulla sponda occidentale. Protagonista del Consiglio dei giovani del Mediterraneo con altri 36 coetanei.
Marina Nasrat Francis Nimro, delegata dell'Iraq, al Consiglio dei giovani del Mediterraneo - Gambassi
Una sorta di Sinodo, tutto laico e under trenta, donato dalla Conferenza episcopale italiana al capoluogo toscano che nel febbraio 2022 aveva ospitato il secondo Incontro dei vescovi del Mediterraneo - dopo quello di Bari nel 2020 concluso dal Papa - e, in contemporanea, il summit dei sindaci dell’area. Un doppio “G20”, ecclesiale e civile, da cui è scaturita la Carta di Firenze firmata da presuli e primi cittadini. Quattro pagine nel segno della convivialità delle differenze, fra appelli alla pace, difesa dei diritti, richiami alla giustizia sociale, inviti all’accoglienza, impegno educativo, attenzione agli ultimi.
Il Consiglio dei giovani del Mediterraneo nel giorno del suo insediamento in Palazzo Vecchio a Firenze - Gambassi
Il segretario generale della Cei, l’arcivescovo Giuseppe Baturi, la consegna di persona ai “giovani consiglieri” nella seduta inaugurale della consulta. A fare da cornice, questa mattina 13 luglio, il municipio della città: lo stesso dove è stata sottoscritta la Carta; e lo stesso in cui La Pira, da sindaco, teneva i suoi Colloqui mediterranei e gli appuntamenti oltre le cortine alzate dalla storia. «Un Consiglio come questo - spiega Baturi - è un gesto di stima e di fiducia, una scommessa sui giovani. Quanti giovani in varie parti del pianeta sono convocati per imparare a odiare e mandati a combattere gli uni contro gli altri». Invece a Firenze si ritrovano i ragazzi indicati dalle Conferenze episcopali e dai Sinodi delle Chiese orientali che vogliono essere «testimoni di pace» per «abbattere muri e costruire ponti» partendo dalla «comune appartenenza alla Chiesa», annuncia Théa Ajami, 20 anni, una delle sette rappresentanti libanesi, nel saluto a nome di tutti i giovani che in Italia resteranno per una settimana. E tiene a far sapere: «Non abbiamo paura di sporcarci le mani e di accettare la sfida di tessere rapporti fraterni fra i nostri popoli».
Il segretario generale della Cei, l'arcivescovo Giuseppe Baturi, con i ragazzi del Consiglio dei giovani del Mediterraneo in Palazzo Vecchio - Andrea Ceredani
È il sindaco Dario Nardella a dare il benvenuto ai delegati. «Il Consiglio dei giovani - sottolinea - è un monito alla politica che cerca scorciatoie illusorie per rispondere a questioni cruciali come i flussi migratori, lo sviluppo, la giustizia sociale, l’inclusività, il cambiamento climatico. Se le istituzioni non riescono a trovare soluzioni, è anche perché non si conoscono e non si riconoscono». Propria la diplomazia dell’amicizia è al centro del “parlamentino mediterraneo” che nella sessione del pomeriggio, ospitata dal Centro internazionale studenti La Pira, discute di gemellaggi e scambi culturali. E venerdì 14 luglio nell’agenda dei lavori entreranno cinque temi: fede, comunità, dialogo, accoglienza, impegno civico. Da sabato il trasferimento lungo la costa tirrenica, nel Villaggio “La Vela” dell’Opera per la gioventù La Pira dove da trent’anni si incontrano giovani d’Oriente e d’Occidente.
Il Consiglio dei giovani del Mediterraneo in Palazzo Vecchio a Firenze con l'arcivescovo Baturi, il cardinale Betori e il sindaco Nardella - Gambassi
«Oggi sembra che il mondo stia recuperando nazionalismi obsoleti, pericolosi pensieri razzisti e veda la guerra come via per la possibile risoluzione dei conflitti», avverte l’arcivescovo di Firenze, il cardinale Giuseppe Betori. E sprona: «Di fronte alle migliaia di migranti in fuga dalla violenza e dalla povertà, molti dei quali perdono la vita in mare, occorre riscoprire il ruolo politico delle città. Perché unire le città significa unire il mondo». Chiede ai ragazzi il «coraggio di scelte impossibili» Patrizia Giunti, presidente della Fondazione La Pira, in rappresentanza delle quattro sigle fiorentine incaricate dalla Cei del coordinamento del progetto: oltre alla Fondazione che porta il nome dell’ex padre costituente, ci sono l’Opera per la gioventù, il Centro internazionale studenti e la Fondazione Giovanni Paolo II.
Il segretario generale della Cei, l'arcivescovo Giuseppe Baturi, con i ragazzi del Consiglio dei giovani del Mediterraneo in Palazzo Vecchio - Gambassi
«Guardare alle nuove generazioni per interpretare le criticità del Mediterraneo e avanzare proposte concrete dal basso è un bene per la Chiesa e per la società», afferma il presidente della Fondazione Giovanni Paolo II, Andrea Bottinelli. Il Consiglio si riunirà una volta all’anno a Firenze in presenza. Poi sono già in calendario alcune sessioni online. Per l’intera giornata, insieme con il sottosegretario della Cei, don Gianluca Marchetti, l’arcivescovo Baturi ascolta le confidenze dei ragazzi, risponde a chi gli chiede che cosa i vescovi si aspettino da loro, li esorta a camminare insieme. «Cari giovani - dice affidando le consegne per prendere il largo - sostenete la speranza. Partecipate con generosità e creatività alla costruzione di un mondo diverso dove gli uomini possano non morire di fame e di vendetta o essere privati della dignità per la mancanza di lavoro e di rispetto. Difendete la vita e contribuite a fare del nostro mare un crocevia di armonia».