La 60ª Assemblea dell’Usmi, aperta il 3 aprile a Roma, si chiuderà sabato prossimo. E potrebbe prevedere anche un incontro con papa Francesco. Una richiesta in tal senso è stata già inoltrata al Pontefice, dato che sabato mattina le superiore maggiori d’Italia parteciperanno alla Messa presieduta dal Prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, cardinale Joao Braz de Aviz, all’Altare della Cattedra, nella Basilica di San Pietro. Oggi i lavori prevedono due relazioni. Al mattino sarà la volta del pastoralista fratel Enzo Biemmi («dalla conversione alla testimonianza»), mentre al pomeriggio interverrà madre Teresa Simionato («il servizio dell’autorità nella dinamica della vita cristiana»). A mezzogiorno la Messa presieduta da padre Luigi Gaetani, presidente della Cism (la Conferenza dei superiori maggiori d’Italia). Domani é prevista l’elezione della nuova presidente dell’Usmi e nel pomeriggio una tavola rotonda su «Vita religiosa tra memoria e profezia». Sabato pomeriggio alle 14 all’Auditorium Conciliazione lo spettacolo sui 50 anni dell’Usmi.
Il primo pensiero è per papa Francesco: «Oggi, nella sua persona, il cielo ci ha fatto un regalo così bello, così semplice e così essenziale che stupisce, che ci riempie di meraviglia ed è per questo che lo accogliamo così, nella semplicità vigorosa delle sue parole, perché la vita religiosa in Italia vuole fare spazio al suo magistero». Ma senza dimenticare Benedetto XVI. «I suoi insegnamenti ed i suoi gesti risuonano nel nostro cuore non come un ricordo, ma come una carezza che continua ad illuminare, a guarire, a generare pace e speranza». Sommati insieme, però, il benvenuto al nuovo vescovo di Roma e il saluto riconoscente al Pontefice ora emerito, non sono solo una duplice manifestazione di affetto, ma segnano anche la direzione del nuovo tratto di strada che le religiose italiane intendono compiere nel prossimo futuro. A farsene interprete è stata ieri, aprendo la 60ª Assemblea generale dell’Usmi, madre Viviana Ballarin, presidente dell’Unione superiore maggiori d’Italia. Il cui compito era, in realtà, quello di tracciare un bilancio del quinquennio della sua presidenza. Ma a leggere bene la sua relazione, c’è anche una precisa indicazione di prospettiva che va proprio nella direzione indicata da papa Bergoglio. Anche le consacrate d’Italia, infatti, non vogliono farsi rubare la speranza, a dispetto «di un tempo straordinario e complesso», in cui «vi sono nodi e criticità nell’ambito della fede, ma anche dell’etica, della giustizia, dei valori fondamentali e fondanti il vivere umano». Perciò l’analisi di madre Ballarin ha messo in evidenza non solo le difficoltà, ma anche i punti di forza della vita religiosa femminile nel nostro Paese.«L’Usmi – ha fatto notare la presidente – è una grande famiglia ancora molto presente sul territorio della nazione». Una «presenza capillare non solo geograficamente, ma anche per la tipologia di servizi tradizionali e nuovi che continua a svolgere». «La vita religiosa – ha sottolineato dunque Ballarin – esprime visibilmente la misericordia di Dio ed è attiva nei luoghi più impensati».Tuttavia non si può non tener conto di un dato oggettivo. «Nei nostri Istituti non c’è il ricambio. La mancanza di nuove vocazioni ha portato all’invecchiamento e l’invecchiamento dei membri spesso è accompagnato dalla diminuzione della vitalità e della creatività. La stagnazione si infiltra e vi è grande incertezza circa la rilevanza della nostra vita e missione, mentre si continua ad affermare che la nostra è una vocazione profetica e che anche se siamo più povere di potere, non siamo decadenti». Sembra soprattutto, ha aggiunto la presidente dell’Usmi, «che i giovani non vedano la vita religiosa come una scelta importante o come un ideale di vita in cui possano realizzare le loro aspirazioni».Serve perciò «una conversione continua e la disponibilità a testimoniare l’amore di Dio che perdona e salva». L’accento deve andare, ha detto madre Ballarin, sulla parola <+corsivo>vita<+tondo>. «Spesso, infatti, le nostre comunità sono erogatrici di servizi, ma emorroisse che "perdono la vita", perciò la gente viene da noi a prendere servizi e prestazioni, e le ragioni per vivere le va a cercare altrove». Occorre, invece, ha concluso la presidente dell’Usmi, «tenere le porte aperte alle direttive imprevedibili verso le quali Dio potrebbe guidarci». Una prospettiva questa sulla quale si è trovato in piena sintonia il gesuita Marko Ivan Rupnik. «Se le nostre opere non suscitano nella gente la lode di Dio Padre – ha affermato il famoso mosaicista – servono a poco. La vita consacrata deve sorprendere il mondo, proponendo uno stile di vita spirituale che vinca l’individualismo, il vero male della nostra società». E in definitiva, si potrebbe dire, il ladro principale della speranza.