«Madrid, metropolitana, notte». È il titolo di una poesia del basco Karmelo Iribarren, che si legge in un soffio come un haiku: «Gente esausta con gli occhi fissi al suolo / che si interroga sulla vita, quella vera… / perché non può essere che sia solo questo». Don Javier Prades, rettore dell’Università Ecclesiastica “San Dámaso” di Madrid e docente di teologia dogmatica, citando questi versi martedì sera al Teatro Dal Verme di Milano si è detto colpito da un aspetto: «Come fanno quelle persone a sapere che la vita non può essere soltanto questo? Chi glielo ha detto? Nessuno.
E non è che lo sanno perché hanno avuto prima una vita da ricchi e poi hanno perso tutto… probabilmente non l’hanno mai avuta, non ne hanno visto un’altra… eppure sanno che la vita non può essere solo questo. Da dove questa certezza? Quale voce grida in me questa esigenza di vita vera?». Don Prades ha posto queste domande al pubblico che lo ascoltava in platea e a quello collegato online da numerose città italiane ed estere, riflettendo su Il senso religioso, il libro più famoso di don Luigi Giussani (1922-2005), fondatore di Comunione e Liberazione e oggi servo di Dio. Libro che esce ora in una nuova edizione Bur che si distingue per la prefazione: il testo dell’intervento che tenne nel 1998 l’allora arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio proprio su Il senso religioso, in occasione di un’altra presentazione nella capitale argentina.
L’appuntamento di martedì sera, moderato dalla giornalista Irene Elisei, introdotto e concluso da Davide Prosperi, presidente della Fraternità di Cl, era anche la presentazione della Scuola di comunità di Cl – l’appuntamento formativo settimanale per i membri del movimento – che per un anno si terrà con Il senso religioso come testo di riferimento. Un chiaro segnale di ritorno alle origini, ai fondamenti della propria storia, per una realtà ecclesiale che si trova alla prese con un rinnovamento molto impegnativo, non privo di forti resistenze interne, passato per l’intervento diretto della Santa Sede e il ricambio dei vertici. «Occorre avere questa coscienza e questo sentimento – diceva don Giussani, citato alla fine della serata da Prosperi – che sono dati dalla cosa più sconcertantemente evidente: noi potevamo non esserci; non ci siamo perché ne abbiamo avuto diritto, perché abbiamo avuto la forza o la capacità di darci la vita.
Deve perciò dominare il sentimento della propria creaturalità, dell’essere stati scelti a vivere, scelti a essere: non c’era alcuna ragione perché io esistessi e non altri, infinitamente altri. […] La Bibbia parte dalla coscienza e dal sentimento primordiale, profondo e ultimo di questa dipendenza totale». L’attuale presidente di Cl ha commentato così le parole del “Gius”, spiegando il senso della Scuola di comunità ciellina: «Oggi i ritmi della vita, nel susseguirsi frenetico delle giornate, ci spingono spesso ad agire reattivamente, in una rincorsa di risultati che rispondano tempestivamente a stimoli esterni alla nostra persona.
Ma proprio per questo sentiamo sempre di più il bisogno di avere dei momenti per noi, per sostare a guardare appassionatamente la consistenza del nostro “io”, senza la quale tutta questa frenesia ci porterebbe verso una progressiva assenza di un senso del vivere. Io credo che iniziare un lavoro come questo sia un’opportunità per rimettere al centro del nostro interesse il nostro vero io e la possibilità di recuperare continuamente un rapporto con la realtà davvero libero: lavoro, famiglia, figli, amori, passioni, malattia e solitudine, gioie e dolori. Tutto può avere un significato per chi non si rassegna a vivere rinunciando a cercare un senso all’esistenza stessa».