AFRICA. Continente in forte espansioneLa crescita della popolazione cattolica in Africa ha un carattere esponenziale, dagli 1,9 milioni del 1900 ai 130 milioni del 2000: in termini quantitativi abbiamo la più rapida espansione in un singolo Continente in tutta la storia della Chiesa. Il 37% dei cattolici è rappresentato dagli adulti, cifra che misura il successo dell’evangelizzazione e allo stesso tempo indica che è avvenuto il passaggio da una fede a un’altra. Con oltre 600 vescovi, quasi 30mila sacerdoti ed altrettanti seminaristi, il Continente africano è in decisa espansione, soprattutto rispetto all’Europa. L’Africa è anche uno dei Continenti dove l’islam è prepotentemente diffuso, con 414 milioni di fedeli. Nella fascia nordafricana il mondo cattolico vive inserito in una realtà islamica, più o meno tollerante a seconda le situazioni: dalla versione egiziana più aperta, al Sudan dove vige la legge islamica, passando per gli altri Paesi dove la presenza cattolica è comunque tollerata. Molte le sfide sociali: grande povertà, diffusione di malattie endemiche come è oramai l’Aids, corruzione, sottosviluppo, peso del debito estero, problemi legati alla scarsità di strutture sanitarie ed educative. Laurenti Magesa, teologo tanzaniano, ha scritto che è necessario rispettare le culture dell’Africa, le sue tradizioni, la visione del mondo e della vita proprie di questa terra: è un grande monito che mette l’Occidente globalizzato e impregnato di cultura materialistica di fronte alla sfida della diversità come alternativa possibile, anche dal punto di vista spirituale, a un modello dominante. C’è in atto un lavoro comune tra vescovi africani, europei e nordamericani, per stringere rapporti di cooperazione e collaborazione, sui temi dello sviluppo, della riduzione del debito, dello scambio di missionari e di sacerdoti, visto che molti religiosi africani si formano nelle università cattoliche occidentali. I due Sinodi celebrati negli anni recenti e dedicati all’Africa hanno messo in evidenza le sfide: sul piano interno la Chiesa deve impostare una vita comunitaria coerente col mandato evangelico, affrontando con coraggio i problemi legati ai retaggi del tribalismo. Sul piano esterno la sfida è di chiedere la trasformazione delle strutture e politiche affinché abbiano di mira il «bene comune», sradicando povertà, corruzione, sfruttamento.
ASIA E OCEANIA. Dialettica tra modernità e tradizioneMedio Oriente, Asia del sud-est, universo cinese. Sono le tre grandi macro-aree in cui si può dividere il Continente asiatico, ognuna con sfide specifiche per la Chiesa. In Medio Oriente la complessa situazione geopolitica vede la Chiesa impegnata a mantenere la sua presenza nonostante i conflitti e la progressiva emigrazione ed emarginazione dei cattolici in Iraq, in Siria, in Palestina. Il flusso migratorio verso il Libano e verso l’Occidente sta avendo pesantissime ripercussioni sulle chiese locali, impoverite ed emarginate, sotto l’attacco del radicalismo islamico. Il dialogo interreligioso costituisce lo sfondo più impegnativo per comprendere il ruolo della Chiesa nella parte del continente dove vivono le antiche religioni mondiali, dove peraltro il cristianesimo è nato e oggi i cattolici costituiscono una piccola minoranza. Le statistiche dicono che in Asia vivono 4 miliardi di persone e tra questi i cattolici sono 100 milioni, cioè il 2,9% della popolazione, ma la maggior parte sono concentrati nelle Filippine. Dunque se scorporiamo questo dato, la percentuale cattolica in Asia arriva all’1%. In Asia, il problema del dialogo e del rapporto con le religioni è particolarmente sentito, anche a confronto con nuovi fenomeni, come la presenza di sette e di movimenti protestanti, con il passaggio o conversione di molti cattolici in questi gruppi. Secondo il teologo Efren Rivera, docente alla Università Pontificia di San Tommaso a Manila, il passaggio al pentecostalismo di matrice protestante nasce dal desiderio di «avere una veritiera esperienza di Dio» legata a quei riti parte della cultura popolare che la religione cattolica, e i missionari dei secoli scorsi, hanno svalutato e relegato nell’ambito della superstizione.Nell’universo cinese la Chiesa è sfidata dalla politica governativa che cerca, senza riuscirci, ma pervicacemente, di asservire il cattolicesimo al dominio statale. I cattolici si trovano così a vivere una situazione di «catacombe», mentre in altre realtà, come il Vietnam, si registrano progressi nei rapporti tra Stato e Chiesa, nonostante alti e bassi. L’eccezione è invece costituita dalle Filippine, Paese dove il cattolicesimo è maggioritario, dovendo affrontare però sfide sociali imponenti: corruzione, illegalità diffusa, povertà, per citarne solo alcune. Per l’Oceania, il continente «sull’acqua», come è stato definito dal documento del 2001 che racchiude i risultati del Sinodo dei vescovi, è costituito da un’insieme variegato di realtà. Da un lato Australia e Nuova Zelanda, due grandi Paesi moderni e in piena crescita, a confonto con i diversi piccoli stati della Micronesia. Inoltre un denominatore comune del Continente, pur nella estrema diversità delle situazioni sociali e politiche, è racchiuso nel rapporto tra lo sviluppo economico e le rivendicazioni dei gruppi indigeni, tra i temi dell’ecologia e la ricerca di una modalità di governo, per le strutture politiche, che sappia coniugare modernità e tradizione. Temi che il documento finale del Sinodo mette in evidenza quando rileva che la Chiesa considera lo sviluppo e promozione sociale come ad una parte integrante della missione evangelizzatrice, per dire al mondo una parola di speranza; il suo impegno in tal senso può essere visto nel contributo che offre allo sviluppo umano, nella promozione dei diritti umani, nella difesa della vita umana e della sua dignità, nella giustizia sociale e nella protezione dell’ambiente. La Chiesa è qui determinata ad agire contro le ingiustizie, la corruzione, le minacce alla vita e le nuove forme di povertà.AMERICA DEL NORD. La sfida della fede sulla scena pubblicaLa Chiesa cattolica negli Usa conta 67 milioni di battezzati e una tendenza alla crescita quantitativa che si va consolidando negli anni. Gli Usa hanno il 6% della popolazione cattolica globale di 1,1 miliardi, e si piazzano al quarto posto per presenze, dopo Brasile (160 milioni di cattolici), Messico (126 milioni) e Filippine (70 milioni). Con il 6% della popolazione cattolica del mondo, gli Stati Uniti hanno però il 12% dei vescovi e il 14% dei sacerdoti sul totale. Si deve aggiungere la presenza di un 30% e più di cattolici «latinos», cioè immigrati dal centro-sud del continente, che stanno modificando il volto della Chiesa in una direzione che solo il futuro potrà indicare in maniera più precisa. In primo piano negli ultimi dieci anni ci sono stati gli scandali legati agli abusi sui minori (casi commessi negli anni Settanta e Ottanta), però sarebbe sbagliato dare degli Usa l’immagine di una Chiesa in difficoltà. Anche se tardiva in diversi casi, una risposta decisa c’è stata e i vescovi hanno messo in atto misure stringenti di prevenzione e di sistematica verifica. I problemi ecclesiali più urgenti riguardano piuttosto la presenza pubblica della Chiesa, di fronte alla tendenza a zittire la voce della religione nel dibattito pubblico, per confinarlo in parrocchie, associazioni e famiglie. Il dibattito sulla libertà di coscienza, tornato in evidenza con l’aspro confronto tra Casa Bianca e vescovi sulla riforma sanitaria e ora sul tentativo di legalizzare le nozze gay, accomuna gli Usa al Canada, dove sono assai più vincolanti le norme sul «politicamente corretto» e sul rispetto delle culture che mettono in difficoltà il mondo cattolico nell’impartire, ad esempio, un’istruzione scolastica improntata ai valori cristiani. Un’altra delle sfide riguarda la ristrutturazione in corso nelle diocesi. Infatti se i cattolici aumentano, i sacerdoti non sono sufficienti a coprire i bisogni pastorali. E così nelle aree urbane si accorpano parrocchie e si ridisegna la geografia dei servizi pastorali, con tanti problemi da affrontare. Un caso-pilota in questo senso è la città di Boston. Per quanto riguarda le congregazioni religiose, le recenti vicende di alcune teologhe, le cui tesi eterodosse sono state criticate dai vescovi, e l’impegno sociale della Conferenza delle religiose (Lcwr), giudicato non in linea col magistero, ha messo in luce alcune difficoltà di dialogo che l’episcopato sta cercando di superare.AMERICA DEL SUD. L'insidia delle sette nella terra dei martiriLa metà dei cattolici del mondo si trovano nell’America centrale e meridionale. Brasile, Messico e Argentina vengono annoverati tra i Paesi con la più ampia presenza cattolica nel mondo: rispettivamente 160 milioni, 126 milioni e 37 milioni di fedeli. Allo stesso tempo l’America Latina si trova stretta dalla morsa delle sette religiose di derivazione protestante, che hanno una propaganda molto penetrante e attiva. Il subcontinente segnato da forti contrasti sociali sperimenta quindi anche forti contrasti religiosi. I temi della giustizia sociale, della solidarietà, dei diritti umani, hanno portato la Chiesa ad avere molti martiri della fede: dall’arcivescovo Oscar Romero in Salvador e i gesuiti dell’Università Centroamericana al vescovo Juan Gerardi di Città del Guatemala, dal vescovo Enrique Angelelli alle tre religiose statunitensi uccise in Salvador per il loro impegno, suor Dorothy Stang in Brasile nel 2005.A livello teologico, il continente latinoamericano si dimostra fecondo di nuovi fermenti, come la cosiddetta «teologia india» (o, meglio, le espressioni «indie» della teologia), che proietta il cristianesimo sulle realtà culturali delle popolazioni indigene. Nella composita galassia latinoamericana, la vera sfida è rappresentata dalle sette religiose con la loro tendenza al disimpegno, a una spiritualità molto lontana dalla storia e dall’incarnazione. Non a caso a partire dalla Conferenza generale dell’episcopato di Aparecida nel maggio 2007 la Chiesa ha varato la «missione continentale», per riportare la fede al centro della vita ecclesiale. I pentecostali protestanti delle chiese cosiddette «evangelical», cioè il filone nato negli Usa dal luteranesimo storico, erano nel 1940 appena un milione in tutta l’America Latina. Oggi sono 50 milioni, di cui la metà in Brasile (un quinto della popolazione del Paese). Le nuove forme di appartenenza religiosa interpellano da vicino sia le Chiese protestanti (in quanto «madri»), sia la Chiesa cattolica, interessata a proseguire sulla via del dialogo ecumenico. Tutto questo nell’incerto quadro di fondo di quale sarà lo sviluppo futuro dell’America Latina in senso politico, sociale ed economico.