Anche a Roma, dove Chiara Lubich nel 2000 aveva ricevuto la cittadinanza onoraria, sono state promosse varie iniziative nel terzo anniversario della sua morte (14 marzo): domenica alle 18,30 nella Basilica dei Santi Dodici Apostoli il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia, ha celebrato l’Eucaristia mentre oggi, lunedì, si tiene alle 18,30 presso il Palazzo della Cancelleria un incontro dal titolo «Chiara Lubich, una donna in dialogo», con il patrocinio del Pontificio Consiglio della cultura. Spunti di dialogo interreligioso e con il mondo della cultura contemporanea saranno offerti da Roberto Catalano, del Movimento dei Focolari, Lisa Palmieri Billig, vicepresidente di Religioni per la pace e Shahrzad Houshmand, docente di studi islamici. Coordina la storica Tiziana M. Di Blasio con interventi del maestro Luis Bacalov e dei registi Rachid Benhadj, Matteo Garrone e Carlo Lizzani.Per spiegare come i cristiani di confessioni diverse potessero essere innervati dalla stessa radice, un giorno Chiara Lubich ricorse all’immagine dell’innesto delle piante, dove due rami scorzati diventano una cosa sola col contatto delle parti vive. «Scorzate dall’umano, mediante la Parola di vita incarnata – aggiungeva – anche le Chiese possono consumarsi in uno. Ma se una non è viva, l’altra non può unirsi».A tre anni dalla sua morte (14 marzo 2008), la lezione di Chiara è stata ripresa e sviluppata ieri da testimoni provenienti da oltre 25 Paesi in rappresentanza di 20 diverse Chiese nella sua città natale, Trento, da dove quando «erano anni di guerra» ella indicò l’ideale «di raggiungere l’unità in Cristo – come ha ricordato l’arcivescovo Luigi Bressan – in tempi in cui si parlava ben poco di ecumenismo, ma l’Amore di Cristo apriva nuove vie». Alla giornata internazionale, ravvivata dai suoni di orchestre etniche e dalle voci di cori orientali, la traccia segnata dal movimento dei Focolari è stata rimarcata dal cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani: «Il cammino ecumenico – dice il suo messaggio – potrà progredire, solo se ritorniamo alle sue radici spirituali». I credenti come cellule vive di un corpo rinnovato, così da superare la contrapposizione tra ecumenismo «dal basso» e di «vertice» che affiora spesso ancora oggi: «Devono progredire i rapporti al vertice – ha risposto a proposito in conferenza stampa la presidente del Movimento, Maria Voce – ma se questi non sono sostenuti e accompagnati da relazioni profonde e reciproche tra cristiani di diverse Chiese, non avranno grande efficacia. Se invece c’è questo dialogo della vita, allora anche questi passi trovano un terreno preparato, danno frutti duraturi». Li hanno raccontati in molti sul palco del Teatro Sociale: giovani romeni di diverse etnie, adulti cattolici e ortodossi nella Russia postcomunista che partecipano gli uni alle liturgie degli altri, coppie miste che vivono dentro casa la riconciliazione, come ad Hong Kong la cattolica Cindy e il marito battista Eric, ma anche in Siria l’ortodosso Issa e la moglie cattolica Juliette. Ma la tensione focolarina all’ecumenismo di popolo che porta «ad amare la Chiesa degli altri come la propria», come arriva a dire il riformato svizzero Peter Dettwiler, ha raccolto negli anni oltre mille vescovi di 300 diverse Chiese, rappresentati ieri a Trento dal cardinale Miloslav Vkl e dal vescovo anglicano Robin Smith: «Dialogando insieme – hanno raccontato ieri quasi ad una voce sola – siamo diventati fratelli, talvolta più che con altri vescovi delle nostre Chiese. Ci siamo resi conto quante cose abbiamo già in comune: il Battesimo, la Sacra Scrittura, il Credo, la preghiera del Padre Nostro, lo Spirito Santo... C’è Gesù risorto in mezzo a noi nell’amore vicendevole». Al tempo il dolore per la mancanza della piene e visibile comunione, richiama la presenza di Gesù abbandonato. «Accogliere questo dolore è pure un passo nell’unità fra le Chiese» ha aggiunto Vkl, arcivescovo emerito di Praga, precisando che anche «la possibilità di celebrare insieme l’Eucaristia sarà espressione dell’unità già raggiunta, ma oggi non possiamo strumentalizzare l’Eucaristia per raggiungere l’unità». Dalla cittadella tedesca di Ottmaring dove cattolici ed evangelici si formano e pregano insieme da 43 anni, ai focolai d’unità accesi in fondo all’Africa: «Usiamo il termine ubuntu – ha detto Kobus Gerber della Chiesa riformata olandese in Sud Africa – per dire che sono un essere umano solo insieme e a motivo degli altri: dobbiamo sviluppare una teologia dell’ospitalità attraverso azioni concrete».Un altro capitolo della lezione di Chiara, valido anche per i non credenti e per chi ha un ruolo pubblico, è stato indicato dal sindaco di Trento Alessandro Andreatta nella condanna del proselitismo. «Il proselitismo è amore di sé, del proprio gruppo, della propria Chiesa – ebbe a dire Lubich – mentre noi dobbiamo avere amore per l’altro».Da Costantinopoli, che nel quarto secolo donò al Trentino missionari partiti dalla Cappadocia in aiuto al vescovo Vigilio, è arrivata il messaggio riconoscente del patriarca ecumenico: «Continuate ad alimentare ovunque il dialogo della vita nel popolo cristiano», ha scritto Bartolomeo I che aveva conosciuto a Roma il Centro "Uno", fondato 50 anni fa, con l’«indimenticabile Iginio Giordani». «Assieme al patriarca ero presente anch’io al Policlinico Gemelli pochi giorni prima della partenza di Chiara per il cielo – ha testimoniato ieri a Trento il metropolita ottodosso d’Italia e Malta Gennadios Zervos – e la ricordo piena di gioia, sorridente come sempre, dolce, serena ed il suo carisma era ben vivo. Infatti le sue ultime parole prima di congedarci furono: "Sempre uniti"!» Il desiderio della Lubich espresso anche a Berlino nel 1998 nella Chiesa della Memoria lo ha richiamato Maria Voce prima del canto finale degli studenti trentini: «Che la Trinità possa veder realizzato fra Chiese diverse il suo stesso modo di vivere: una Chiesa per l’altra, una Chiesa in dono all’altra».