Parla il presidente dei mariologi italiani, padre Salvatore M. Perrella: la storia ci insegna che nei momenti più bui ci si rivolge alla Madre Pietà popolare vuol dire del popolo cristiano, non popolana e avulsa dal contesto della fede «L’icona di Maria Salus populi romani e il crocifisso di san Marcello, esposti dal Papa non sono totem ma segni che aiutano l’uomo. Maria è il più bel Rosario vivente, in lei veniamo sempre riannodati a Dio» - Frame di video su Youtube
Il giorno del silenzio. Del nascondimento di Dio, della sua apparente assenza. Il giorno del vuoto, della fede schiacciata sotto la pietra della tomba di Cristo, in cui anche i discepoli sentono allungarsi il buio nel cuore. Sabato Santo è un tempo sospeso di dolore, di oscurità, di solitudine, di morte e insieme di preghiera, di speranza pronta a tramutarsi in storia, con le porte aperte ai primi raggi luminosi di Pasqua. Sentimenti che sono della Vergine, che raccoglie in sé la Chiesa intera. Donna e madre in cui l’angoscia non piega la certezza che la vita non muore e, anzi, già prepara l’incontro con il Risorto. «La Maria del Sabato Santo – spiega padre Salvatore M. Perrella docente di dogmatica e di mariologia al Marianum, e di teologia alla Facoltà di medicina del Gemelli di Roma – è attestata dalla Scrittura. Il testo celebre è Giovanni 19, 25–27 che la ritrae ai piedi della Croce. Poi non abbiamo altre notizie nel Nuovo Testamento che ne documentino la presenza se non dopo nel tempo di Pentecoste, quando la troviamo nella comunità dei discepoli.
Ma la narrazione del Venerdì Santo possiamo benissimo traslarla anche nei giorni di “riposo” di Cristo nel sepolcro. Questo ha permesso alla Chiesa orientale e occidentale di celebrare, come diceva Paolo VI, Santa Maria in Sabato come «memoria antica e discreta» facendo risaltare, con il Signore nella tomba, il silenzio della Chiesa, e soprattutto il silenzio orante e meditante della Madre di Gesù. La Chiesa fissa lo sguardo su Maria che prega e rammenta ciò che è il mistero di Cristo, dalla concezione alla nascita, all’infanzia, al ministero messianico avendo soprattutto come riverbero finale la sua presenza nella comunità degli apostoli, come testimone e madre del Signore Risorto. La liturgia cattolica – prosegue il presidente dei mariologi italiani – ha recuperato la presenza di Maria nel Sabato Santo e soprattutto nel Triduo Sacro. In particolare il Venerdì Santo quando, grazie al Messale riformato e ripristinato da Giovanni Paolo II, dopo l’adorazione della Croce è possibile e vivamente consigliato il ricordo di Maria ai piedi della Croce. E allora si dà possibilità alla pietà popolare, che vuol dire del popolo cristiano, non popolana e avulsa dal contesto della fede, di intonare lo Stabat Mater.
Mai come oggi si è guardato a Maria con tanta apprensione e insieme speranza. Nei momenti di difficoltà ci si rivolge alla mamma.
È un dato storico, inappellabile che nei momenti più tenebrosi per l’umanità, i credenti si rivolgono alla Vergine. Pensiamo al bellissimo inno di san Bernardo di Chiaravalle: «se sei nell’oscurità, guarda alla stella, invoca Maria». La Chiesa non fa altro che rinnovare nei fedeli una particolare attenzione verso la concreta maternità della Madre. Non è un caso che papa Francesco nella sua grande preghiera al Signore perché ci liberi, con la medicina, la prudenza e la scienza, dal coronavirus ha voluto l’immagine della Vergine Salus populi romani e il crocifisso di san Marcello. Che non sono totem ma segni, in questo caso rassicuranti, di cui l’uomo ha bisogno per impetrare dal cielo la grazia: Signore liberaci dal Maligno.
C’è chi in questo periodo accusa la Chiesa di essersi chiusa..
Come presidente dei mariologi ho ricevuto tante telefonate, di persone, di sacerdoti che mi chiedono perché il Papa non permetta le processioni, le rogazioni eccetera, perché la Chiesa si sia messa in esilio. Io rispondo che la Chiesa non si è esiliata ma sta recuperando il tempo della preghiera, perché pregare significa recuperare il tempo, che non è solo per Dio ma anche per noi, per una nostra sanità mentale. Oggi a noi oggi manca l’igiene del pensiero e della preghiera, manca l’igiene della speranza.
Un suo libro è dedicato al rapporto tra la “Benedetta” e il “Maledetto”, alla lotta tra la Vergine e il Maligno.
Non è Maria a sconfiggere il male che viene vinto solo dal Signore ma lei, come dicevo in un altro volume, è la combattente del cristianesimo, in Cristo è l’esorcista nella Chiesa. Mi ha incuriosito che papa Francesco recuperando il coraggio, che fu di Paolo VI, di Giovanni Paolo II e di papa Benedetto abbia parlato spesse volte del tentatore come presenza reale, che affascina, che ci rende plastici a se stesso e, questa la sua forza, ci fa dimenticare di Dio, ci fa quasi invaghire di un tempo, di una realtà senza il Signore. Il messaggio mariano, che è ecclesiale, escatologico, ci dice invece che se vuoi essere cristiano devi vivere come lei, lontano dal male. Maria ci ricorda che il Signore non ci abbandona. In questo momento così difficile per tutti, in cui buoni e cattivi sono sottoposti all’imperialismo tragico di un virus che uccide, mortifica e costringe alla solitudine, il suo silenzio operoso e orante ci sostiene perché non rimaniamo oziosi nell’ottusa paura ma sappiamo recuperare il tempo. Noi dobbiamo essere i signori del tempo, non il tempo il nostro signore, come ci dice il Vangelo.
Come dobbiamo vivere questo Sabato Santo?
Viviamolo come Maria, meditando sul Vangelo, ripercorrendo i tanti misteri, i fatti della vita di Cristo, e saremo edificati, consolati, spronati alla speranza. In un certo qual modo è una lectio divina intensa, reale che ci porta alla gioia della Pasqua, gioia che è frutto del dolore, della speranza e anche della morte. Se Cristo non muore, non avremo noi la vita. In questa crisi dell’umano, anche escatologica perché la gente oggi non crede nella vita eterna, Maria è un modello. Non di speranza nel tragico nulla, ma nelle promesse di Dio. Soprattutto in questo momento di dolore, di angoscia, di solitudine, diciamo pure di paura, Gesù ci dice: perché temevate? Io sono con voi, non abbiate timore.
Ma uno studioso come lei, quale preghiera rivolge spontaneamente alla Madre?
Personalmente l’Ave Maria perché compendia tutta le realtà della Vergine, il pensiero del cielo, il pensiero della terra, il pensiero della Chiesa, il pensiero del credente. In questa preghiera ritrovo la Maria del cielo che è stata la Maria delle terra e che ci porta a vedere in lei il frutto più bello del perdono, della redenzione di Cristo. E quindi il Rosario che Bartolo Longo definiva catena dolce che ci riannoda a Dio. E Maria è il più bel rosario vivente perché nella sua persona, nel suo esempio, nella sua preghiera, veniamo continuamente riannodati dalla sua intercessione a Dio, in Gesù Cristo.