Il vescovo Davide Carbonaro gioca con i ragazzi il giorno del suo ingresso in diocesi a Potenza - .
Vescovo da meno di un mese – è stato ordinato il 4 maggio a Roma nella Basilica di San Giovanni in Laterano – padre Davide Carbonaro, dei Chierici regolari della Madre di Dio, ha fatto il suo ingresso in diocesi la vigilia di Pentecoste. In precedenza parroco di Santa Maria in Portico in Campitelli, nel quartiere ebraico di Roma, ora è arcivescovo di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo e metropolita della Regione ecclesiastica della Basilicata, la più piccola della Chiesa italiana. Lo incontriamo in episcopio, nel suo studio ancora in fase di “sistemazione”, mentre è alle prese con un’agenda da tempo già fitta di impegni. Fin dall’inizio il nuovo arcivescovo è stato come travolto dall’affetto dei fedeli conquistati dal suo sorriso e dal suo porsi con semplicità ai tanti interlocutori istituzionali e casuali. Al punto che oggi, tra le tante foto di rito, quella che gira di più sui social e sui giornali lo ritrae, con fascia e zucchetto rosso, nella piazza principale di Potenza affollata di studenti, a giocare a biliardino con i ragazzi. «È stato un gesto estemporaneo – ride di gusto – dettato dallo sguardo dei giovani che mi invitavano a giocare con loro e io l’ho fatto».
L'ingresso del vescovo Davide Carbonaro a Potenza - .
Una partita al biliardino , in una piazza affollata nel centro storico di Potenza per la “Giornata dello studente”. Ha stretto centinaia di mani di persone che le venivano istintivamente incontro . Ha dato l’impressione di conoscere tutti da sempre...
Dal punto di vista della conoscenza vera e propria no. Ma dal punto di vista del cuore sì. Perché quando si accetta di diventare pastori di una Chiesa, si ha nel cuore la presenza dei propri fedeli, anche della gente che si incontra per strada. Io penso che un pastore, di questi tempi, debba andare alla ricerca del proprio gregge condividendo con loro.
Da precisare, però, che ha avuto la fortuna di un apprendistato non consueto. Ha partecipato, a fine aprile, prima della consacrazione, alla visita ad limina dei vescovi della Basilicata.
Di questo devo essere grato anche agli altri vescovi della Conferenza episcopale, per le loro narrazioni della Chiesa di Basilicata al Papa. Devo essere molto grato anche al mio predecessore, monsignor Salvatore Ligorio, per il racconto fatto della Chiesa diocesana e perché mi ha permesso di incontrare la mia sposa, come ho detto anche personalmente a papa Francesco.
Cosa l’ha sorpreso di più del “racconto” dei vescovi lucani?
È emersa una Chiesa ricca e povera insieme; tante ricchezze non solo materiali ma umane, legate alla tradizione, ad una devozione popolare. Ma i vescovi hanno raccontato anche tante povertà e tante ferite, dovute alla storia di questo popolo che vive tutte le situazioni di deficienza e di povertà del nostro Sud ma anche di tutti i desideri della nostra gente.
La conferma , relativa ad un territorio più vasto, probabilmente l’ha avuta alla recente assemblea generale della Cei, la prima alla quale ha partecipato. I vescovi hanno criticato il disegno di legge sull’autonomia differenziata.
Una posizione netta, che manifesta anche l’unità dei vescovi, che hanno espresso chiaramente questo desiderio di integrazione e di unità del Paese: che cioè l’Italia deve garantire, in concreto, la sua unità nazionale anche per quanto riguarda la circolarità delle risorse e le stesse opportunità sul piano civile e sociale.
Parliamo di rischi di divisioni Nord-Sud, ma intanto Potenza festeggia proprio in questi giorni il suo patrono, san Gerardo La Porta, che veniva da Piacenza ed è stato vescovo di Potenza dal 1111 al 1119. Dal Nord veniva un altro vescovo famoso di Potenza, il servo di Dio monsignor Bertazzoni, che ha retto la diocesi dal 1930 al 1966.
Nord e Sud sono solo elementi geografici. Ciò che ci unisce veramente è l’unico annuncio del Vangelo. E penso che uno che è scelto come pastore di una Chiesa si mette a disposizione di quella Chiesa così come hanno fatto san Gerardo e monsignor Bertazzoni.
Eccellenza, tra i mali della Basilicata forse il più grave è la fuga dei giovani – ventitremila negli ultimi dieci anni, dice l’Istat –. Lei ha detto ai ragazzi: “dovete realizzarvi qui dove la Provvidenza vi ha fatto nascere”. Una bella sfida !
È una sfida grande! Ma bisogna mettere insieme tutte le agenzie educative e istituzionali che possono aiutare i giovani nella loro creatività. Se ci mettiamo in dialogo, anche con le istituzioni, è possibile individuare orizzonti per il futuro dei nostri ragazzi.
Potenza è stata scelta come “città italiana dei giovani 2024”. Sono in cantiere una quantità di iniziative . Come può contribuire la comunità cristiana?
Lo dicevo l’altro giorno ai ragazzi riuniti in piazza: desidero che sia portata la presenza di Gesù, che rende più umana la nostra umanità. Quando si annuncia il Vangelo, l’uomo trova la sua ricchezza, la sua pienezza, la sua bellezza. E penso che i giovani possano attraverso la testimonianza della Chiesa veder riaccendere la loro domanda su Dio.
Cito dalla sua prima omelia di inizio episcopato: “se il vescovo si china sulle sofferenze umane non fa politica, ma serve la fede e la polis”. Teme di essere frainteso?
No! Penso che il vescovo abbia anche questo compito: con una parola, una presenza, una compagnia, una mediazione anche all’interno della società.
Ha annunciato anche la volontà di prendersi cura di coloro che “hanno sete” di giustizia: ha citato la precarietà lavorativa, il lavoro povero, la denatalità, lo spopolamento.
La Chiesa locale può essere una presenza intelligente all’interno del territorio non chiudendosi in modo autoreferenziale. È la risposta ad una sete che già abbiamo individuato e che conosciamo. Il problema è individuare la sorgente. Certo, per la comunità cristiana la sorgente è Gesù, il suo Vangelo.
Giovanni Paolo II in visita in Basilicata nel 1991, nel suo primo discorso a Matera, disse: “questa non è la terra della magia ma della pietà popolare”. Non teme che prevalga il “si è fatto sempre cosi”?
Le tradizioni sono comunicative della ricchezza che ogni realtà e ogni popolo porta. Quindi sono mediatrici anche di cultura e la fede deve sposare anche la cultura, la cultura semplice del popolo di Dio.
© riproduzione riservata