La Bibbia tradotta nelle lingue inuit, parlate delle popolazioni eschimesi
Studiosi e biblisti dall'Alaska, dal Nunavut e dalla Groenlandia hanno partecipato a Toronto, in Canada al primo congresso sulla traduzione della Bibbia nelle lingue inuit, la lingua delle popolazioni artiche, o almeno la più diffusa tra i circa 30mila eschimesi che vivono principalmente tra Canada, Alaska e Groenlandia, una provincia autonoma della Danimarca.
Dal 30 gennaio al 3 febbraio scorso, nel corso dei lavori, si è discusso di questioni esegetiche, ma non solo; è stata anche un’occasione di incontro e di riconciliazione, ha sottolineato Myles Leitch, della Società biblica canadese.
La traduzione della Sacra Scrittura in una lingua autoctona è sempre una sfida impegnativa: la prima Bibbia in inuktitut, un dialetto inuit, è stata pubblicata per la prima volta nel 2012, dopo oltre trent’anni di lavoro. «Tra l’altro - spiega Réjean Lussier, uno degli studiosi coinvolti nel progetto - tradurre i testi sacri nei vari dialetti locali aiuta a conservarli e tramandarli alle generazioni future».
Gli eschimesi solo alla fine dell’Ottocento hanno conosciuto in maniera organica l’uso della lingua scritta, grazie soprattutto all'opera del missionario anglicano Edmund Peck. Con una tiratura in cinquemila esemplari nel 2012 è stata completata la traduzione del testo sacro. Quella fu definita un'impresa e non solo, per gli oltre trent’anni di lavoro, ma anche perché, forse per la prima volta, una traduzione della Bibbia è stata realizzata direttamente non da missionari stranieri - com’è tradizione - ma da persone la cui lingua madre è autoctona, in questo caso proprio l’inuktitut. In tal senso si può concludere che nessun libro più della Bibbia abbia contribuito all’alfabetizzazione e alla conservazione del linguaggio tradizionale delle popolazioni artiche.
La traduzione completa della Bibbia, il cui progetto è stato avviato nel 1978 e ha seguito quella del solo Nuovo Testamento avvenuta nel 1991.