Delpini fra il nuovo presidente dell’Ac ambrosiana Gianni Borsa e il presidente uscente Silvia Landra - Itl-Mariga
Gianni Borsa, 56 anni, sposato con Monica, quattro figli. Giornalista. La famiglia a Legnano, dove vive. Il lavoro (principalmente) a Bruxelles, dove dal 2003 è corrispondente del Sir, l’agenzia della Cei. Laico cristiano. Radici e stile ambrosiani. E l’Europa come passione e vocazione. È lui il nuovo presidente dell’Azione Cattolica ambrosiana per il prossimo triennio.
Subentra al presidente uscente, Silvia Landra. Lo ha nominato l’arcivescovo Mario Delpini, scegliendolo fra la terna di candidati proposti dal Consiglio diocesano. È stato lo stesso presule a comunicarlo, domenica scorsa in Duomo, dove ha presieduto la Messa delle 17,30 che ha fatto da atto conclusivo della XVII assemblea diocesana. Ai soci di Ac Delpini ha chiesto di «promuovere e custodire la normalità», testimoniando dentro ogni esperienza e ambiente di vita che «è normale pregare, è normale essere santi nella vita quotidiana, è normale essere uomini e donne di speranza».
Il discorso di Silvia Landra. Alla Messa hanno partecipato, con una rappresentanza dei soci ragazzi, giovani e adulti, i membri del nuovo Consiglio diocesano, eletto domenica 13 settembre, e i responsabili eletti nei mesi scorsi per i livelli parrocchiale, d’unità pastorale e decanale. A questi ultimi Delpini ha consegnato il mandato per il loro incarico triennale. Prima della celebrazione ha preso la parola Silvia Landra, presidente diocesana uscente. «Essere presenti in tanti e stretti attorno all’arcivescovo è segno tangibile di un popolo vivo che si dispone ogni giorno ad amare e servire questa Chiesa diocesana – ha sottolineato Landra –. Vite quotidiane affidabili, gioia e speranza anche nei momenti difficili, scommesse formative alte e plurali, pensiero unito all’azione, parole e silenzio, stabilità e slancio: ecco i doni che vogliamo scambiare con tutti percorrendo la strada dell’appartenenza all’Azione cattolica».
L’omelia di Delpini. Come «amare e servire» la Chiesa diocesana, ma anche gli uomini, le donne, la società d’oggi, lo ha suggerito l’arcivescovo con la sua omelia. «Promuovere e custodire la normalità», è l’incarico che Delpini ha affidato ai soci di Ac «in questi tempi strani e complicati». Innanzitutto: «nella desolazione, la normalità è la docilità all’opera di Dio», ha ricordato il presule. Perciò gli uomini e le donne di Ac, di tutte le età, «siano uomini e donne di preghiera. Chiedo una regola di vita vissuta con un tempo adeguato di ascolto della parola del Signore, di adorazione silenziosa, di pratica fedele dei ritmi di preghiera. Un messaggio deve venire dall’Azione Cattolica: è normale pregare!». Ecco dunque, «il segno» chiesto da Delpini: «fissare un tempo di preghiera e viverlo se possibile in chiesa».
Santità, speranza e gioia.In secondo luogo: «nella frantumazione della vita, è normale l’unità spirituale che Gesù rende possibile», ha ripreso Delpini. I laici di Ac «sono mandati perché entrino in ogni ambiente, nella vita di famiglia e nei consigli comunali, nelle scuole e negli uffici, negli ospedali e nelle case di riposo, nella giovinezza e negli anni della responsabilità, in ogni ambiente, non per mimetizzarsi nell’omologazione ma per essere segno della vicinanza del Regno di Dio». Ebbene; si tratta di farsi «messaggio» per gli altri «proponendo la visione cristiana della vita» e testimoniando che «è normale essere santi nella vita quotidiana. Il segno che chiedo è di essere presenza propositiva nei luoghi della responsabilità. Avere qualche cosa da dire che sia qualche cosa di cristianamente ispirato e di ragionevolmente argomentato». Infine: «nella fame sbagliata», e quanta ce n’è oggi, «è normale proporre il pane della vita». I laici di Ac «sono incaricati di quella libertà spirituale che offre una promessa più alta, la speranza della vita eterna». Un appello a testimoniare che «è normale essere uomini e donne di speranza. Il segno che chiedo – ha concluso l’arcivescovo – è la gioia, la gioia che non si lascia spegnere dalle tribolazioni e dalle difficoltà, la gioia che nasce dalla speranza e semina speranza, la gioia che aborrisce la lamentela e costruisce con parole buone e con il sorriso abituale».
Parla il neo presidente Borsa
«Abbiamo bisogno di fraternità. Di solidarietà. Di passare dall’io al noi - dice ad Avvenire Gianni Borsa, nuovo presidente diocesano dell’Ac ambrosiana, riprendendo e rilanciando quello che ha detto domenica, emozionatissimo, dopo la Messa in Duomo, quando l’arcivescovo Delpini ha comunicato la sua nomina -. La pandemia, con la solitudine, le fatiche, le paure del lockdown, ce l’ha fatto sperimentare una volta di più. Uno dei grandi mali di questo tempo è l’individualismo. Che prende nomi differenti: come il nazionalismo, che porta a imporre i "nostri" interessi anche a scapito degli altri. L’individualismo è la prova provata che il peccato originale esiste. Ci chiude al povero, all’infelice, al fragile. Noi crediamo al Vangelo del farsi prossimo. Su questa strada vogliamo continuare a camminare».
«In Ac si cresce col marchio del servizio ecclesiale – sottolinea Borsa –. Se gli impegni della nostra vita di laici ce lo permettono, è bello dire di sì. E poi non sei mai solo: l’Ac cammina con te. Si fa accanto con l’impegno e le idee degli amici. Sono consapevole dei miei limiti e so di non essere all’altezza di chi mi ha preceduto in questo ruolo – penso a Giuseppe Lazzati, la mia guida, quand’ero ragazzo. Ma so di non essere solo». Ora si tratta di conciliare questo nuovo impegno con quelli di prima. «Mia moglie e i miei figli, ormai grandi, sono sempre pronti a sostenermi. E riguardo al lavoro, che amo molto e mi porta a viaggiare, oggi ci sono mezzi e tecnologie che permettono di fare quello che una volta era impossibile». Inoltre: «Finora sono sempre riuscito a trovare tempo per il silenzio, il pensiero, la preghiera. Dovrò trovarlo anche ora: ne avrò ancor più bisogno».
E viene in mente quello che Delpini ha chiesto domenica ai soci di Ac: testimoniare che «è normale pregare, essere santi nella vita quotidiana, essere uomini e donne della speranza e della gioia – riprende Borsa –. Se crediamo che è il Risorto a guidare la storia, possiamo portare speranza e gioia anche nelle situazioni più difficili».
L’Ac «conferma il suo impegno al fianco del vescovo al servizio della Chiesa diocesana. Ci sentiamo "autorizzati a pensare", citando il nostro arcivescovo. Ma anche a quel "fare" concreto, mite, prospettico, così ambrosiano. Sintesi di tutto questo è ciò che l’Ac sa fare meglio: la formazione. Per la vita ecclesiale ma anche per la vita familiare, sociale, professionale, civile». L’ultima parola è per dire un «grazie» sincero: a Delpini, all’Ac e al suo predecessore, Silvia Landra, «perché ci ha guidati per sei anni con una passione, una simpatia e una capacità di fare rete che per noi è un insegnamento».