«Aumentano le violenze, si moltiplicano gli attentati contro le chiese e i cristiani. La paura è più che giustificata. Eppure, anche se le sembrerà paradossale, aumentano le vocazioni. Sono sempre di più i giovani che vengono a bussare alla nostra porta perché vogliono percorrere la via del sacerdozio». Don Peter Kamai, sacerdote dal 1993, un omone di 45 anni che sfodera un sorriso da cui traspare una grande serenità, è il rettore del Seminario di Jos, una delle città nigeriane che periodicamente salgono agli onori delle cronache per gli attentati organizzati dal gruppo di Boko Haram e da altre organizzazioni della galassia fondamentalista islamica che vuole trasformare il più popoloso Paese africano in uno Stato dove la sharia diventi legge per tutti. La Nigeria ospita 15 Seminari, il più grande è a Enugu, nel sud, con 700 iscritti (dicono che vanti il maggior numero di seminaristi al mondo), a Jos ce ne sono 300, altri vorrebbero entrare e hanno presentato la loro candidatura ma non c’è più posto, ci sono liste di attesa da uno o due anni. Don Peter, che quest’anno ha partecipato all’incontro mondiale di papa Francesco con i seminaristi, spiega con semplicità disarmante l’apparente paradosso tra l’aumento delle violenze anticristiane e quello delle vocazioni al sacerdozio: «È il fascino di Gesù. Quando vengono per iscriversi gli chiedo: "Ma non avete paura, vedendo quello che succede qui intorno?" Loro rispondono che no, non hanno paura. Vedono come vivono i sacerdoti, vedono la felicità stampata sui loro volti, e desiderano anche loro essere lieti, percorrere lo stesso cammino per diventare anche loro così. È quell’attrattiva di Gesù di cui va dicendo papa Francesco: chi Lo incontra trova un tesoro, la sete di felicità è contagiosa e prevale su ogni altra pur legittima preoccupazione. E anche in Nigeria rimane vero quello che scriveva Tertulliano: il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani».Anche per Peter è stato un incontro: terzo di undici figli («da noi la famiglia numerosa è la regola»), una vocazione sbocciata facendo il chierichetto e sentendo crescere dentro di sé il desiderio di diventare come il sacerdote che accompagnava nei villaggi a celebrare la Messa, un agostiniano, uno dei tanti missionari irlandesi che hanno segnato con la loro presenza l’evangelizzazione della Nigeria. Il Seminario di Jos è circondato da quattro moschee. Che effetto fa? «La convivenza tra persone di fede religiosa diversa è una condizione con cui in Nigeria ci misuriamo quotidianamente. Negli ultimi tempi la polizia raccomanda prudenza perché in alcuni quartieri vicini al Seminario sono presenti persone sospettate di essere vicine ai terroristi, ma nella maggior parte della popolazione prevalgono rapporti di buon vicinato e spesso di vera amicizia. È molto importante quello che il Papa ha ripetuto più volte: la convivenza deve essere fondata sull’educazione, il rispetto reciproco e il valore sommo della persona e della sua dignità sono la base di qualsiasi dialogo. È quello che insegniamo nelle nostre scuole, che sono sempre più frequentate anche da non cristiani, soprattutto persone di tradizione animista».Nonostante la carneficina a cui nei mesi scorsi abbiamo assistito in Nigeria, don Peter guarda al futuro con fiducia: «Quella che stiamo attraversando è una crisi di natura politica, non religiosa, anche se i gruppi radicali e in particolare Boko Haram soffiano sul fuoco e aizzano i musulmani a combattere contro chiunque non appartenga alla comunità islamica, in particolare quelli che sono identificati come complici dell’Occidente come noi cristiani. C’è un uso politico del terrorismo, che è uno strumento di morte usato per destabilizzare il Paese. Sono convinto che i giovani non si faranno inghiottire nella spirale della violenza e questo tempo finirà. Mi preoccupa di più la fuga di tanti cervelli all’estero, dove si guadagna di più e si vive meglio. Lo Stato dovrebbe incentivare il ritorno di migliaia di laureati che sono emigrati negli Stati Uniti, e che rientrando potrebbero rafforzare le nostre classi dirigenti. Molti cristiani sono rimasti vittime della violenza e hanno vissuto sulla loro pelle il peso della croce. La fede in Cristo non può essere separata dalla croce, e noi sappiamo che la croce ha vinto il mondo». Il cristianesimo sta crescendo in maniera impressionante in Nigeria, la visita di Giovanni Paolo II nel 1998 ha lasciato un segno profondo nel Paese, le conversioni si sono moltiplicate, sono aumentate le vocazioni religiose. «Quando ho raccontato i numeri dei nostri Seminari a papa Francesco in occasione dell’incontro mondiale con i seminaristi, mi ha sorriso: "Portane qualcuno qui a Roma, ne abbiamo bisogno"».